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Guerra Civile

L'adesione alla R.S.I.   

Un volontario della Repubblica Sociale

Modena: Marzo 1944

Modena: da 1 al 19 Aprile 1945    

La Storia della Guerra civile completa nel sito: http://xoomer.virgilio.it/fratricidio

Capitolo dal libro "Guerra civile nel modenese"

L'adesione alla R.S.I.  

      Il primo periodo dei seicento giorni della Repubblica Sociale Italiana, si presenta, per Modena e la sua Provincia, abbastanza tranquillo; moltissimi giovani, volontari e di leva si schierano con la nuova formula del fascismo Repubblicano, sia nel modenese sia in tutto il resto del territorio italiano non occupato dagli angloamericani e contrariamente a quanto, sino ad oggi, ha fatto credere la pubblicistica antifascista.

  Moltissimi nomi diventati noti nel dopoguerra, quali l'ex Sindaco di Modena poi deputato comunista, Rubens Triva,(1) l'ex Sindaco di Bologna ed ex Presidente della Regione Emilia Romagna, Guido Fanti,(2) oltre a uomini divenuti famosi nel mondo dello spettacolo quali, Dario Fò,(3) Ugo Tognazzi,(4) Raimondo Vianello(5), Giorgio Albertazzi,(6) Enrico Maria Salerno,(7) e tantissimi altri, entrano nelle file dell'esercito repubblicano.

  Altri personaggi famosi del mondo dello spettacolo, quali gli attori cinematografici, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida faranno parte della RSI, sino alla tragica conclusione della loro vita; nonostante la loro comprovata innocenza saranno barbaramente trucidati a Milano nei giorni della "liberazione"(10).

  Nelle file partigiane, al contrario, rilevando i dati ufficiali del CLN. saranno ben pochi i giovani che, sino all’avanzata primavera del 1944, entreranno a far parte di quello schieramento.(11)

  A Roma, agli inizi di Ottobre del 1943, il Maresciallo Rodolfo Graziani, tenne un memorabile discorso, ad un grande raduno di Ufficiali al Teatro Adriano, che mobilitò moltissimi giovani ufficiali e militari del disciolto esercito. Soldati, graduati, sbandati in quel tragico periodo dopo l'8 settembre e in seguito alla presa di posizione del nuovo fascismo repubblicano, che cercava di salvare l'Italia dalle prepotenze dell'ex alleato tedesco, dopo il tradimento badogliano di Cassibile, affluirono via via, nelle caserme del ricostituito esercito repubblicano.(12)

  Nel mese di Ottobre del 1943, assente quasi completamente la componente antifascista, la RSI poté operare in modo graduale la sua autonomia dalla pressante tutela germanica, operando in tutti i settori della vita pubblica cercando di ricucire e di rinnovare i rapporti tra le varie classi sociali in tutti i settori della società italiana.(13)

  In quei giorni vi fù il richiamo delle classi 1923-24-25 e non tutti, negli ambienti fascisti, videro bene questa mossa di Mussolini. I più intransigenti volevano un esercito di partito composto solamente da volontari; anzi il loro motto era questo: "Chi non sente la necessità morale e spirituale di impugnare le armi in difesa della Patria tradita deve restarsene a casa".

  Mussolini fu però irremovibile; egli sapeva molto bene che la relativa autonomia che godeva in quel periodo iniziale il governo della RSI, non derivava dalla forza specifica che era nelle sue mani, ma dalla stima che il Capo tedesco aveva nei suoi confronti. Per fare della RSI un soggetto attivo di storia in quel quadro di immensa tragedia che stava sconvolgendo l'Europa, era necessario costruire un esercito efficiente e perfettamente disciplinato, anche per fronteggiare gli interessi egoistici dei tedeschi ai quali, in quel frangente, interessava più avere un’Italia occupata in condizioni di assoluta dipendenza.(14)

  All'appello, fatto dal Governo Repubblicano ai giovani di leva, risposero pertanto in numero altissimo i giovani e la risposta andò, in quel momento, oltre le più rosee previsioni.

  Alla data del 30 Novembre 1943, ultimo giorno per presentarsi nelle caserme, l'83% dei richiamati aveva risposto all'appello.(15)

  Questa vasta partecipazione delle nuove reclute ai richiami della Repubblica Sociale Italiana, non è mai stata digerita dalla storiografia antifascista; difatti troviamo notevoli contraddizioni in molte pubblicazioni agiografiche resistenziali. Nelle storie locali riguardanti espressamente il nostro territorio viene, ad esempio, riportata come fonte attendibile(16) il dato sulla situazione regionale al 13 Dicembre 1943 che dava per l'Emilia e Romagna un totale di 17.248 giovani tra volontari e reclute presentatisi ai Comandi del nuovo esercito repubblicano. Contemporaneamente nello stesso testo è tacciato di falso l'autore della grandiosa opera pubblicata su quel periodo: "Storia della guerra civile", Giorgio Pisanò il quale sottolinea l'alta percentuale di iscritti al PFR in tutte le Provincie emiliane.(17)

    "In mezzo alle menzogne ed ai falsi...il neo fascista Pisanò avanza per Modena una notizia esatta, in altre parole la partecipazione del fascismo giovanile alla Rsi e l'assenteismo di molti vecchi fascisti."(17bis)

    Lo stesso autore resistenziale cita inoltre molti altri storici partigiani locali, i quali affermano che quella chiamata non aveva dato risultati disastrosi per la RSI.

  Si cerca poi, di fare un distinguo tra coloro che si presentarono nelle file della Milizia e dell'esercito repubblicano e quelli reclutati dai tedeschi "per amore o per forza", precisando che certamente 70-80 mila uomini furono quelli che si presentarono spontaneamente, mentre altri 40-50 mila erano appunto stati reclutati forzatamente.

  Su 180.000 chiamati nel Nord Italia, se ne presentarono 120-130 mila, ma non può essere presa completamente, per buona, la percentuale riportata dall'autore resistenziale, in quanto, a quel 13 Dicembre 1943, mancavano i dati di molte provincie quali: Como, Mantova, Arezzo, Pisa e Livorno. Sempre nel testo dal quale sono stati desunti i dati che andiamo citando, per quanto riguarda la Provincia di Modena si confessa di non aver nessun dato organico per il territorio modenese; in compenso si dà per scontata la completa risposta delle reclute in quel di Mirandola e San Felice mentre si precisa che nel carpigiano ci sarebbero stati 130 renitenti e 65 tra Monfestino e Serramazzoni.(18)

  Si può dunque dire, in tutta certezza, ed è un dato ormai storicamente provato, che fu la maggioranza dei giovani a aderire al nuovo esercito repubblicano, mentre è altrettanto storicamente provato che furono ben pochi quelli che si diedero alla macchia per iniziare la carriera di partigiani. Moltissimi tra coloro che in quel periodo si nascosero e non si presentarono alle varie chiamate non risposero, né alle sirene fasciste né a quelle antifasciste, cercando semplicemente di far trascorrere il tempo nella speranza che gli avvenimenti precipitassero rapidamente, per poi uscire allo scoperto al momento in cui si poteva giocare la carta vincente.

  Resta inoltre sempre da stabilire, con obbiettività, il numero di coloro che in quel periodo iniziale si diedero all'attività partigiana: come è sottolineato nel testo resistenziale dal quale abbiamo avuto questi dati, la legge partigiana prevedeva, per il riconoscimento di quella qualifica, la partecipazione ad almeno tre azioni armate.

  Nella Provincia di Modena al 31 Dicembre 1943 i partigiani sarebbero stati 1299 (precisamente 1169 partigiani più 130 patrioti).(19)

  E' abbastanza semplice rilevare che se queste milletrecento persone avessero tutte partecipato ad almeno tre azioni armate, la lotta partigiana in provincia di Modena, avrebbe assunto, in quel primo periodo, ben altra dimensione. Tutto questo in netto contrasto rispetto a quello che è possibile rilevare dalle fonti antifasciste che, tutte, concordano nel limitare l'attività clandestina a pochissime azioni.

  Sempre a questo proposito e tenendo conto che il PC era pur sempre il Partito meglio organizzato e più impegnato di tutto il CLN, lo stesso autore del testo sopracitato, non si può nascondere, in contraddizione con certe valutazioni apologetiche che si trovano nella maggioranza dei testi che trattano della resistenza, la difficoltà di penetrazione di tale attività nei vari strati della popolazione sia in città sia nelle campagne. Non può inoltre trascurare, quanto gran parte della pubblicistica e della saggistica, specialmente quella relativa alle nostre zone, abbondi di iperboliche narrazioni, di retorica e di autoesaltazione.

    "E' anzi necessario sottolineare immediatamente che il processo di militarizzazione del partito comunista fù estremamente rapido, quello di utilizzazione delle strutture armate in azioni contro uomini fù lento, controverso e diede adito ad uno scontro generazionale, in un primo tempo a successivi cambiamenti dei quadri dirigenti, militari e politici, poi fino a giungere, negli ultimi giorni del Dicembre '43 alla sostituzione dello stesso segretario di federazione."(20)

    Viene inoltre così commentato questo passo, in una nota in proposito:

    "La leggenda di grosse azioni a Modena sin dall'autunno 1943 che trovò largo spazio nelle prime pubblicazioni della resistenza, continuano purtroppo ad inficiare anche recenti (e del resto ottime) pubblicazioni come: "La lotta armata" di L. Bergonzini."

    Ancora: in un rapporto al "centro del partito" (comunista) un capo partigiano, citato dallo stesso autore, rilevava che al 16 Dicembre 1943, la situazione era la seguente:

    "pur essendo nelle quattro Provincie ( Modena, Parma, Reggio, Piacenza ) l'organizzazione ancora in via di sviluppo ne risultava comunque un "partito poco legato alle masse" nei confronti delle quali a volte vie era "debole fiducia".

  Questo era certamente uno degli elementi che causava "una notevole pesantezza nel prendere tempestivamente certe iniziative" altro elemento di freno era l'attesismo che annebbia ancora il cervello di molti" forse anche per la paura di lasciarci la pelle".(21)

    LE FORZE ARMATE DELLA RSI NEL MODENESE

    Come abbiamo potuto vedere, subito dopo l'8 Settembre, i fascisti modenesi riprendono velocemente i loro posti; si organizzano in modo da tamponare la tracotanza tedesca e, man mano che l'apparato governativo della nuova repubblica comincia a funzionare, un sempre maggior numero di uomini si arruola nel nuovo esercito e nelle strutture parallele.

  Il fascismo repubblicano modenese è uno dei primi del Nord Italia a rinascere dalle ceneri dell'incredibile periodo badogliano e, a farne parte saranno, nella maggioranza, giovani ed idealisti che vedevano nel nuovo Mussolini riscoprirsi quegli ideali che durante il ventennio si erano in parte affievoliti o che, per cause contingenti e per il bene supremo della Nazione, si erano dovuti momentaneamente accantonare.

  I corpi militari a Modena, durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana, erano organizzati nelle varie strutture che, sinteticamente, andremo ad esaminare una per una:

    COMANDO MILITARE PROVINCIALE.

    Il 3 Novembre 1943 si costituisce a Modena il 42° Comando Militare Provinciale; era alle dirette dipendenze del 202° Comando Militare Regionale e portava il n. 797 di posta da campo. Il Comando fu tenuto, inizialmente, dal Colonnello Costantino Rossi, sostituito in seguito dal Colonnello Antonio Petti.

  Il 47° Distretto Militare, che aveva sede nella Caserma "Fanti" in Via Saragozza, sopravvisse, senza soluzione di continuità ai fatti dell'8 Settembre.(22)

    SCUOLA ALLIEVI UFFICIALI DELLA GNR

    Nel mese di Febbraio del 1944 è costituita la Scuola Allievi Ufficiali, presso la Caserma: "Ciro Menotti". I giovani allievi ufficiali, che provenivano dai Comandi Provinciali delle GNR della Lombardia, della Toscana e del Veneto, raggiunsero il numero di 550 effettivi: al comando di questa Scuola venne posto inizialmente il Colonnello, Ignazio Battaglia sino al 25 Agosto 1944 e, successivamente il Tenente Colonnello, Chiavellato.(23

  Ebbe varie dislocazioni: iniziale a Modena, poi a Mirandola, Velo d'Astico (Vi) e Bellano.(Como) Il 4 Novembre 1944 venne sciolta.

  Oltre ai Comandanti citati, la Scuola Allievi Ufficiali di Modena aveva la seguente struttura:

  Vice Comandante: Ten. Col. Sbrozzi Dino;

  Aiutante maggiore: Maggiore Alberto Perfetti, 

nato a Rovito (Cs) il 20.8.1901,
decorato sul campo di 2 medaglie al Valor Militare e della Croce di
Guerra nella Campagna di Spagna, e dalle Autorità Spagnole insignito
della Medalla de la Campaña, della Cruz de Guerra e della Cruz de
Segunda Clase del Mérito Militar con Distintivo Blanco.
Tenente Colonnello nel 604 Comando Provinciale della G.N.R. di
Vercelli, caduto nella strage dell'Ospedale Psichiatrico nella
notte fra il 12 ed il 13 maggio 1945.


  Ufficiale di Amministrazione: Maggiore Moccia.

  Ufficiale Cappellano: Don Gino Marchesini.

  Ufficiale dei materiali: Capitano Conti;

  Ufficiale medico: Ten. Capizzi;

  Ufficiale pagatore: S. Ten. Carra Francesco;

  Ufficiale al vettovagliamento: Capitano Carta e Capitano Borelli Tommaso;

  L'Ufficio Studi della Scuola era così composto:

  Maggiore Cova Orazio, Capo Ufficio;

  addetto ai regolamenti, Capitano Anglana;

  Logistica: Cap. Conti:

  addetto ai collegamenti: Capitano, Orsolini;

  Ufficio Topografia: S. Tenente Garibotti;

  Ufficio Educazione Fisica: Ten. Laschi Dario;

  plotone esploratori: Ten. Licita Bruno;

  il battaglione allievi ha avuto come comandanti il Maggiore, Cova Orazio ed il Maggiore Ciaramidaro.

  Alle quattro compagnie allievi erano addetti i seguenti Ufficiali:

  1° Compagnia: Maggiore Ciaramidaro poi Capitano Lauro Anglana;

  2° Compagnia: Capitano Langella Alfio; Ufficiali, Ten. Della Longa, Scacchiotti Giuseppe e Di Nunno Vincenzo;

  3° Compagnia: Ufficiali: Langella Alfio, poi Romiti Romeo, S. Ten: Cianetti e Lorenzi;

  4° Compagnia: Ufficiali: Orsolini Carlo e S. Ten. Romiti Romeo.(24)

  Gli allievi della Scuola di Modena, presero parte a parecchi scontri con i partigiani, dalla Primavera 1944, sia sul nostro Appennino sia nella zona del Comasco, dove, a Bellano, era stata trasferita.

  Subirono parecchie perdite nel 2° bombardamento aereo sulla città di Modena, in quanto alcune bombe colpirono la caserma Ciro Menotti. Molti Allievi ufficiali vennero uccisi in molte imboscate ed agguati tesi loro dai partigiani.

    GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA

  A Modena ebbe sede il 633° Comando Provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana, già 72° Legione "Farini". Comandante fu il Colonnello Antonio Petti, che venne fucilato al termine della guerra.(25)

  L'organico del 633° Comando della Gnr era così composto:

  Vice Comandante: Ten. Col. Sartorelli Arturo;

  aiutante maggiore: Niccolai;

  Dirigente del Servizio sanitario: Ten. Col. medico: Giunta Dott. G;

  Il battaglione territoriale era al Comando del Maggiore Arturo Mori.

  I distaccamenti della GNR nella Provincia di Modena erano dislocati nelle seguenti località:

  Carpi, Castelfranco Emilia, Cavezzo, Lama Mocogno, Maranello, Mirandola, Pavullo, Sassuolo, Spilamberto e Vignola.

  Al Comando della 633° compagnia OP,(26) era il Capitano Piva Bruno che aveva come sottufficiali il S. Ten. Legitimo Marcello e il S. Ten. Virgili.

  Moltissimi furono i militi e gli Ufficiali della GNR che vennero uccisi dai partigiani in agguati ed imboscate, oltre a tantissimi trucidati al termine della guerra.

    BRIGATE NERE

    Nel Giugno 1944, in seguito alla deteriorata situazione sul fronte interno e in seguito all'entrata in Roma delle truppe angloamericane, oltre all'intensificarsi dell'attività partigiana, con i continui agguati ed uccisioni di tedeschi e fascisti, Mussolini, con decreto legislativo, promulgò la trasformazione politico-militare del Partito Fascista Repubblicano, in organismo di tipo militare, costituendo il Corpo Ausiliario delle Squadre d'Azione delle Camicie Nere, chiamate in un secondo tempo, "Brigate Nere".

  A Modena si costituì il XXVI° Reparto della Brigata Nera al quale venne imposto il nome di uno squadrista modenese ucciso a Zocca pochi giorni prima dai partigiani: "M. Pistoni".(27)

  Alla Brigata Nera modenese è stata addossata, dalla propaganda antifascista, ogni tipo d'infamia. Con il gioco delle parole e della deformazione dei fatti, oltre al martellante ed asfissiante lavaggio del cervello, nell'opinione pubblica è stata creata l'equazione: Brigata Nera = criminali.

  E' ora di sfatare anche questa leggenda e per far questo sarebbe sufficiente ricordare le innumerevoli vittime che, sia durante i 600 giorni, sia al termine della guerra, sono state immolate dal moloc comunista nella ricerca, assurda, di eliminare ogni traccia di fascismo con i metodi più abbietti e crudeli.

  I militi della Brigata Nera, sorta con il compito di proteggere le popolazioni civili dalle "bande" partigiane, si trovarono continuamente esposte a innumerevoli attentati tesi loro con la ben nota tecnica comunista del "colpire e fuggire", che tanti lutti ha provocato tra le truppe tedesche e fasciste oltre che sulla popolazione civile, coinvolta in molti casi nelle rappresaglie e in molti casi innocente.   

  Militi delle "brigate nere" erano tutti coloro che, dai 18 ai 60 anni, alla data del 1° Luglio 1944, erano iscritti al Partito Fascista Repubblicano. Tra loro vi erano vecchi squadristi e giovanissimi idealisti, entrambi ebbero il coraggio di arrivare sino all'olocausto, indossando quella camicia nera nella quale avevano fortemente creduto, come tanti altri prima, ma che però furbescamente, al momento del crollo ebbero la faccia tosta di "saltare il fosso" con estrema disinvoltura, salvando la pelle o evitando tutte le conseguenze, quali campi di concentramento, epurazioni e vessazioni di ogni genere alle quali furono sottoposti i sopravvissuti.

  Ma questi combattenti, che erano regolarmente inquadrati e che si sono sempre esposti ad ogni sorta di pericolo, erano i primi ad accorrere in soccorso delle popolazioni quando queste ne avevano necessità, vessate come erano dai continui bombardamenti e dai micidiali mitragliamenti degli anglo-americani, oltre che dalle scorribande ed ai "prelevamenti" dei partigiani. La brigata nera non ha più colpe, se di colpe in alcuni casi si può parlare, di quante ne abbiano potute avere le altre formazioni dell'esercito repubblicano.

  I militi della brigata nera erano i più esposti alla rappresaglia dei partigiani, e da questi i più odiati, in quanto rappresentavano la parte più intransigente, ma anche più schiettamente popolare, del nuovo fascismo repubblicano. In tutta la Provincia di Modena furono continuamente bersagliati dagli attentati dei "ribelli" ed ebbero il maggior numero di trucidati nel periodo successivo al 25 Aprile.

  La Brigata Nera "M. Pistoni", era costituita dal 1° e dal 2° Battaglione; ogni battaglione era a sua volta suddiviso in tre compagnie. Ne furono comandanti: sino all'Ottobre 1944, Solmi Gian Paolo, poi, sino alla fine, Tarabini Giovanni.(28)

    COMANDO RECLUTAMENTO "SS ITALIANE"

    Il Comando dell'Ufficio reclutamento delle SS italiane era situato a Modena, in un primo tempo presso la Caserma Garibaldi, poi venne trasferito in Via Gaetano Tavoni 40.

  Comandante era il Capitano Giacomo Sacchi, coadiutori il caporal maggiore Aldo Vandelli ed il soldato Gualtiero Demenego.(29)

    LE FORZE ARMATE DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA RIFERITE A TUTTO IL TERRITORIO   

  Il totale delle forze che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana, su tutto il territorio Nazionale fu di oltre 800.000 unità. Erano così suddivisi:

    ESERCITO

  - Stato Maggiore dell'Esercito.

  - 1° Divisione: Bersaglieri, "Italia".

  - 2° Divisione: Fanteria, "Littorio".

  - 3° Divisione: Fanteria di Marina: "San Marco"

  - 4° Divisione: Alpina: "Monterosa".

  Unità’NON INDIVISIONATE:

  - Raggruppamento, "Cacciatori degli Appennini".

  - Raggruppamento, "Reparti antipartigiani"

  - Reparti autonomi bersaglieri : - 3° Regg. Bersaglieri Volontari.

                                  - Regg. to Bersag. Volontari, "L. Manara"

                          TOTALE 405.000 uomini

    GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA

  - Comando

  - Ispettorati Regionali e Provinciali

  - Reparti Operativi:

         - Guardia del Duce.

         - Granatieri.

         - Reparti d'assalto, reparti carro, reparti paracadutisti

           reparti controcarro, reparti autonomi.

  - G.N.R. : Confinaria, Costiera, Ferroviaria, Postelegrafonica, Forestale, Portuale, Stradale.

     - Scuole Allievi Ufficiali.

                                               TOTALE 150.000 uomini

    DECIMA MAS

  - Comando

  - Attività navali, terrestri, servizio ausiliario.

  - Reparti operativi:

          - Fanteria di marina, reparti speciali, reparti artiglieria,

            genio, guastatori, bersaglieri.

                                              TOTALE 25.000 uomini

    MARINA REPUBBLICANA

  - Stato Maggiore

  - Fanteria di Marina

  - Flotta da guerra: tonnellate complessive. 469.082.

  Hanno effettuato azioni di guerra:

  - 2 Incrociatori - 8 Cacciatorpediniere - 28 Torpediniere - 31 Sommergibili - 26 Corvette - 7 Mas - 4 Vedette antisommergibili - 2 Motosiluranti - 3 Posamine - 12 Dragamine - 11 navi ausiliarie - 9 Trasporti - 46 Rimorchiatori - 12 Cisterne

                                           TOTALE 26.000 uomini

    AEREONAUTICA REPUBBLICANA

  - Stato Maggiore

  - Officine, magazzini.

    Reparti operativi:

  - Caccia - Bombardamento (non operanti) - Aerosiluranti - Trasporti - Artiglieria contraerea - reparti arditi paracadutisti, battaglioni anti paracadutisti.

                                           TOTALE 79.000 uomini

    BRIGATE NERE

  - Comando

  - BB.NN. mobili

  - 39 Raggruppamenti di Brigate Nere territoriali.

                                             TOTALE 110.000 uomini

    LEGIONE AUTONOMA "E. MUTI"

  - Comando

  - Reparti vari

                                             TOTALE 3.500 uomini

    SERVIZIO AUSILIARIO FEMMINILE

  - Comando

  - Comandi Provinciali

  - Scuole e corsi speciali in numero di 6.

                                             TOTALE 5.500 donne   

    FIAMME BIANCHE

  - Reparti giovanissimi per l'assistenza alla popolazione

                                             TOTALE  5.000  ragazzi

         Totale generale, tra Ufficiali e soldati :  809.000(30)

    NOTE

  1    cfr. G. Pisanò: "Gli Ultimi in grigioverde"

  2 a 9 ibidem pagg. 1821, 1815, 1748, Vol. 3°; pag. 1189 Vol. 2°.

  10    cfr. Aldo Lualdi: "Morire a Salò" . La storia della uccisione dei due attori: cosi riferisce questo autore in merito alla responsabilità di Sandro Pertini, ex Presidente della Repubblica, e capo partigiano, in merito alla fucilazione dei due famosi attori:

  "...Nò niente indagini: Valenti è un Ufficiale della Decima Mas, la famigerata formazione messa in piedi dal principe "nero" Junio Valerio Borghese. Ne sono stati massacrati dei partigiani dai marò della Decima. La popolarità dei due attori è stata messa al servizio degli aguzzini: tutto il resto è dettaglio che perde d'importanza; in definitiva: fucilazione. Sandro Pertini non vuole neanche più discutere il caso.."

  11   cfr. svariate pubblicazione della storiografia antifascista nel modenese, in particolare: L. Casali: "La resistenza a Modena".

  12   cfr. i dati riportati in questo stesso capitolo.

  13   Il 25 Ottobre 1943, il Governo del Reich ordinò il ritiro dei marchi di occupazione che erano stati messi in circolazione in Italia dopo l'8 Settembre, prima che venisse liberato Mussolini e prima della costituzione della RSI.

  14   cfr. Numerose pubblicazioni, con riferimento alla bibliografia al termine del volume.

  15   cfr. W. Deakin: "I seicento giorni di Salò". L'autore, nel sottolineare la vasta partecipazione dei giovani alla chiamata del nuovo esercito repubblicano dice testualmente che: "i giovani risposero quasi al completo in Emilia".

  16   cfr. L. Casali, op. cit. pag. 188

  17   cfr. G. Pisanò: "Storia della guerra civile"

  17bis cfr. L. Casali, op. cit. pag. 182

  18   ibidem

  19   ibidem pag. 330

  20   ibidem pag. 294

  21   ibidem pag. 308

  22   cfr. G. Pisanò op. cit.

  23   ibidem

  24   ibidem

  25   ibidem

  26   ibidem

  27 Il milite Mirko Pistoni venne ucciso dai partigiani a Zocca, il 21 Giugno 1944, (vedi nella cronaca) assieme ad altri cinque fascisti.

  28   cfr. vari numeri della Gazzetta dell'Emilia di quel periodo.

  29   cfr. R. Lazzero: "Le SS Italiane" pag. 60

  30   cfr. G. Pisanò: "Gli ultimi in grigioverde".  

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Dal sito:  www.italia-rsi.org

"ANZIO COME BAGDAD, ECCO PERCHE’ DECISI DI COMBATTERE" Un volontario della Repubblica Sociale ricorda la sua scelta: "Sapevo che la guerra era persa, ma non sopportavo l’idea del tradimento"
Barbara Palombelli
 
  
    ROMA - «Sapevo che la guerra era persa, dopo il 25 luglio e l'8 settembre... Ma non sopportavo l'idea del tradimento. Mi dava fastidio questa storia italiana per cui, ogni volta che le cose si mettono male, noi passiamo dall'altra parte, ci mettiamo sempre con i più forti. Avevo diciassette anni, dovevo completare l'ultimo anno di ragioneria a Udine, dove vivevo con la mia famiglia. Noi - allora - non sapevamo nulla dei campi di sterminio, dell'Olocausto, eravamo veramente alla periferia del Paese. Era l'inverno del '43: scappai di casa di notte, volevo andare a fare la mia parte, mi arruolai volontario con i paracadutisti della Folgore.
    Mio padre disse che non mi avrebbe mai perdonato ... ».
    Le immagini delle guerre e delle liberazioni sono sempre uguali. C'è un Paese che entra nel caos, ci sono monumenti e statue da abbattere, c'è chi sale sul carro armato dei vincitori, c'è chi arraffa quello che può, chi scappa alla ricerca di una nuova identità. E c'è chi ritiene di dover restare fedele a dei valori, proprio nel momento in cui vengono dichiarati fuorilegge e sconfitti... Il soldato semplice Luciano Orsettigh, classe 1926, è oggi un signore in pensione che ama leggere libri, passeggiare con la sua cucciola terrier, comunicare con il mondo dalla sua stanza con una radiotrasmittente potentissima. Di politica non si è mai occupato, «e non sono mai stato neanche un fazioso, mai portato la camicia nera... ero un giovane innamorato della mia patria e volevo difenderla fino all'ultimo. Per questo ideale, ho pagato un prezzo alto: sono stato per due anni prigioniero degli americani, insieme a migliaia di italiani che forse oggi, vedendo le immagini in televisione ... stanno ricordando, come me, tempi lontani».
    Orsettigh fu fatto prigioniero dalla Quinta divisione americana proprio all'alba del 4 giugno 1944, il giorno della liberazione di Roma: «Dopo qualche mese di addestramento in Umbria, alle Fonti del Clitunno, fui destinato alla settima compagnia della Folgore, nella primavera del '44, fummo spediti al fronte, ad Anzio. Eravamo 110-120, tutti volontari, tutti giovanissimi. I nomi di tutti, oggi, è impossibile ricordarli... C'era un Fiocchi, figlio della dinastia di imprenditori delle munizioni. C'erano i fratelli Civita, romani, rossi di capelli come me, c'era Camuncoli, figlio di un giornalista del Corriere della Sera. Tre mesi di trincea di campagna fra Roma e Anzio, senza caserme né tende. Per dormire, c'era una grotta, andavamo lì a turno. Gli americani avanzavano dal mare verso Roma e noi dovevamo rallentare il loro cammino, a costo di essere distrutti. Di quei 120, restammo vivi in sei. Sapevamo che era una missione disperata: saremmo finiti o morti o prigionieri. L'ultimo ordine che ricevemmo, il 2 giugno, era quello di coprire la ritirata delle altre truppe e delle prime linee tedesche che arretravano: dovevamo tenere il fronte per 24 ore e poi ritirarci anche noi. Noi rimasti vivi, al calar della notte, scadute le 24 ore, cominciammo a tornare indietro per ricongiungerci ai soldati già andati via. Eravamo stanchissimi, ci fermammo in una cascina abbandonata, lasciata dall'antiaerea tedesca. Al risveglio, una cannonata sul tetto ci avvertì che era arrivato il momento di uscire a mani alzate: lungo la strada, scendendo dalla collina, ricordodo come fosse ieri le decine di carri armati che, infila, stavano per arrivare nella capitale».
    Sessant’anni fa, quando eravamo noi un popolo da liberare, con un regime a pezzi e un esercito allo sbando, gli americani fecero prigionieri circa 55 mila italiani, di cui 6 mila scelsero di non collaborare. Orsettigh mi mostra il libro scritto da Gaetano Tumiati nel 1985 (Prigionieri in Texas, Mursia, ndr), dove è raccontatacontata l'esperienza della detenzione: «Ci ritrovammo improvvisamente a migliaia in un campo di concentramento a Hereford, su un altopiano ai confini con il New Mexico. Arrivai là dopo mesi di prigionia in Africa e dopo un lunghissimo viaggio nella stiva di una nave, sbarcammo in Virginia e poi attraversammo in treno quasi tutti gli stati del Sud... Ad Hereford c'erano anche il pittore Alberto Burri, lo scrittore Giuseppe Berto, c'erano persone diverse, dai monarchici ai liberali 'non c'erano solo i nostalgici... eppure, gli americani lo chiamavano il "Criminal Fascist Camp". Indossavamo divise con scritto ovunque PW, prigioniero di guerra. Quelli che collaboravano, invece, avevano la divisa militare americana e una bandierina italiana cucita sul braccio, potevano uscire, frequentare donne, alcuni poi si sposarono le fidanzate di allora. Noi no, noi eravamo sempre chiusi, nel cuore della notte capitava anche qualche legnata, facevamo la fame, al mattino una tazza di caffelatte in polvere e due fettine di pane di riso... Per guadagnare 80 centesimi al giorno e mangiare due panini bisognava lavorare: ho raccolto patate fino a spezzarmi la schiena, in una farm a un'ora di camion dal campo, era l'unico modo per comprarsi le sigarette e le lamette per radersi».
    Quando la guerra finisce, i collaborazionisti vengono liberati subito. Gli irriducibili ci impiegano quasi un anno per tornare a casa: 
    «Mancavo da tre anni, arrivai nel 1946 - racconta Orsettigh - e mi avevano dato per morto... Mio padre riuscì a perdonarmi. Ritrovai, per una notte, i miei amici. Non avevo ancora disfatto il mio sacco, che vennero a prendermi i carabinieri. Mi aspettavano altri due mesi di galera, per ragioni ancora oggi misteriose: un altro campo di concentramento, italiano, con tende canadesi piantate nel fango, dalle parti di Arezzo». Grazie a quella difficile esperienza, Luciano Orsettigh conquistò un inglese perfetto. «Mi servì per trovare un lavoro. Da uomo libero, finalmente, scelsi di lavorare per qualche anno proprio alla base americana di Cormons. Indossavo la loro divisa e organizzai l'arrivo di 5 mila americani a Trieste. Dalla tuta grigioverde della Folgore, però, tagliai una striscia di stoffa. Per me, che non sono un uomo di destra, ha sempre avuto una grande importanza, c'è dentro ancora oggi il senso del dovere che mi ha portato a quelle scelte. C'è scritto: "Per l'onore d'Italia". Mi sembra un buon motto, anche sessant'anni dopo».
 
 
IL CORRIERE DELLA SERA Quotidiano del 14 Aprile 2003

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 MESE DI MARZO 1944  

Il Mese di Marzo del 1944 in Provincia di Modena 

La Storia della Guerra civile completa nel sito: http://xoomer.virgilio.it/fratricidio

 MERCOLEDI 1 MARZO 1944

 Alla riunione del Direttorio del Partito Fascista Repubblicano, il Segretario Alessandro Pavolini, illustra la relazione sull'attività svolta dal Partito dalla sua costituzione sino a questo giorno; sono iscritti al PFR, 487.000 persone.

 GIOVEDI 2 MARZO 1944

 Si fanno sempre più numerose le azioni delle formazioni partigiane nei riguardi dei civili nelle zone dell’Appennino modenese; a Rocchetta Sandri, frazione di Sestola, una banda armata composta da parecchie persone, fa irruzione nell'abitazione di certa Mariangela Capra che è obbligata a versare oggetti preziosi, indumenti, generi alimentari e utensili da cucina per un valore complessivo di circa centomila lire; si fecero consegnare anche tremila lire in contanti. Imponevano poi alla derubata il silenzio sull'avvenuto furto.(1)

A Montese, rimaneva vittima della violenza il ventunenne:

CASOLARI BRUNO.(2)

 VENERDI 3 MARZO 1944

 A Carpi, in un agguato tesogli da un ciclista, era ucciso a colpi di rivoltella, mentre rientrava alla sua abitazione, il brigadiere della GNR di trentasette anni:

TERNELLI ALDO.(3)

Così il quotidiano locale dava la notizia di questa imboscata partigiana:

 "Venerdì sera, circa le 21,30 a Carpi, il brigadiere dei Carabinieri di quella sezione della GNR, Aldo Ternelli di Clelio di anni 37 nel recarsi in bicicletta dal suo domicilio in caserma veniva ucciso con tre colpi di pistola sparatigli da uno sconosciuto.

Nei pressi del cadavere si rinveniva un ordigno inesploso. Si ritiene, con ragione che il sottufficiale incontrato l'individuo avente seco l'ordigno abbia a lui intimato il fermo, ma mentre frenava la bicicletta veniva ucciso nel momento in cui stava per estrarre la rivoltella. Il sottufficiale lascia la moglie ed un figlio di 4 anni."(4)

 Con decreto del Capo della Provincia, si pongono le premesse per l'attuazione della socializzazione anche nel mondo dell'agricoltura; viene pertanto posto fine alla terzeria, che rimaneva una forma antiquata nella conduzione del lavoro agricolo.

In montagna le formazioni partigiane comandate da G. Barbolini, attaccano la Casa del Fascio di Piandelagotti,(5) ma ne vengono respinti dai pochi uomini in borghese che vi si erano asserragliati.

 SABATO 4 MARZO 1944

 All'Ospedale Militare di Modena muore, in seguito alle ferite riportate in un attentato partigiano dei giorni scorsi, l'allievo ufficiale della GNR:

BUREI RICCARDO(6)

A Fiumalbo viene nominato il nuovo Commissario Prefettizio nella persona di Valentino Giambi che sostituiva il Podestà Mario Morelli.

 DOMENICA 5 MARZO 1944

 Un ordigno esplosivo viene fatto esplodere alla base dell’arcata destra della porta d'ingresso della cabina elettrica delle Aziende Municipalizzate in Via Cesare Costa. Non si dovettero lamentare nè vittime nè feriti, tantomeno interruzioni di energia elettrica.(7)

 LUNEDI 6 MARZO 1944

 Elementi partigiani effettuano un attentato contro il Colonnello Raffaele Gasperi nella sua abitazione di San Donnino della Nizzola; un potente ordigno esplosivo venne posto sul davanzale della finestra della camera da letto, il Colonnello e la moglie rimasero seriamente feriti.(8)

 MARTEDI 7 MARZO 1944

 Gli interventi innovativi della RSI cominciano a diventare operativi nei vari settori del mondo del lavoro. In questa data, con un comunicato dell'Ufficio stampa della Prefettura Repubblicana, veniva comunicata la notizia del passaggio all’organizzazione dei lavoratori dell'Industria, delle aziende industriali dello Stato. Questo il comunicato:

 "Il Capo della Provincia, in attesa dell'entrata in vigore del nuovo ordinamento sindacale ha disposto che la rappresentanza delle maestranze dipendenti dalle aziende industriali di stato sia senz'altro assunta dall' Unione Provinciale dei lavoratori dell'industria."(9)

 MERCOLEDI 8 MARZO I944

 La situazione nella Valle del Secchia, che da ormai troppo tempo era diventata insostenibile a causa delle continue aggressioni a militari e civili, i continui furti ad abitazioni private ed ammassi del grano, gli innumerevoli attacchi ai piccoli presidi fascisti e della GNR, da parte dei partigiani che si erano raggruppati in queste zone (causa principale le armi abbandonate dai cadetti dell'Accademia Militare allo sbando dell'8 Settembre), destava serie preoccupazioni nei Comandi fascisti locali e in quello Provinciale.

La prima mossa, per cercare di attenuare e di rintuzzare questa continua pressione partigiana fu quella di rinforzare i presidi locali, per poi indirizzare, le forze colà dislocate, in una vasta azione di rastrellamento per cercare di eliminare il fenomeno del ribellismo concentratosi in quella vallata.

Vennero inoltre istituiti nuovi presidi a Gombola e a Palagano.

In quest'ultima località, arrivò un reparto della GNR di circa un centinaio di uomini al Comando del Capitano Mori e del S. Ten. Antonio Izzo. In un primo rastrellamento di quel centro vi fu uno scambio di fucileria con i partigiani nascosti nelle montagne circostanti e due di questi, scoperti mentre tentavano di fuggire, vennero immediatamente passati per le armi.(10)

 "I due risultavano renitenti e per di più furono trovati in possesso di alcune bombe a mano. Vennero perciò immediatamente condannati alla fucilazione, sulla base dell' art. 1 del decreto mussoliniano del 18 Febbraio."(11)

 GIOVEDI 9 MARZO 1944

 Un piccolo reparto di militi della GNR, comandato dal S. Ten. Izzo, mentre si stava spostando da Lama a Palagano, viene attaccato da reparti partigiani che, bloccato l'autocarro ed incendiatolo, eliminarono i militi fascisti dandosi immediatamente alla macchia.

Vennero uccisi: il sergente della GNR di ventuno anni:

ABBORRETTI MASSIMILIANO;(12) i militi della GNR:

GAIBA MARIO,(13)

 PONZONI PAOLO,(14) 

BARBIERI FEDERICO,(15)

TOSATTI FEDERICO(16),

CORONA EMANUELE(17, e l'allievo Ufficiale dei Bersaglieri:

GERLI GIAN BATTISTA(18).

In un successivo attacco portato dai partigiani ad un autocarro dove assieme ai militi fascisti erano dei civili e dei prigionieri partigiani, tra i quali Don Sante Bartolai, venne ucciso l'ufficiale postale di Palagano, padre di quattro figli:

RIOLI GIUSEPPE.(18bis)

Sempre nella zona, a Polinago resta ucciso il soldato del 47° DMP:

 SECCHI CORRADO(18tris)

Molte pubblicazioni della storiografia resistenziale descrivono questo fatto e portano parecchie testimonianze(19); da parte fascista resta questo documento, che riportiamo integralmente, a firma del S. Tenente, Izzo:

 "Relazione sul fatto d'arme in cui trovarono la morte il Serg. Abborretti e i suoi compagni.

Il mattino del 9 Marzo 1944, verso le ore 8, giungeva a Palagano il Centurione Penso con una sessantina di legionari, montati su due corriere, per proseguire poi, alle 8,30 per Boccasuolo, dove dovevano compiere un azione contro un forte nucleo di sbandati.

Alle ore 14, provenienti da Boccasuolo, arrivarono le due corriere suddette che, con la scorta di un solo legionario armato di moschetto e montato sulla prima corriera, recavano a Montefiorino gli zaini dei legionari impegnati nell'azione.

Verso le 14,45 una telefonata dal Comando del Presidio di Montefiorino, mi avvertiva che, a 4Km circa da Palagano, sulla strada che porta a Savoniero, si vedevano due macchine in fiamme.

Dato che il telefonare al mio Comandante diretto, Ten. Soriani, distaccato a Lama Mocogno, avrebbe richiesto troppo tempo e non ero sicuro che il fonogramma arrivasse a destinazione, chiesi ordini in proposito a Montefiorino.

Alle ore 15, Montefiorino mi ripetè che sulla strada di Savoniero si vedevano due automezzi bruciare e mi disse di inviare, al più presto, qualcuno sul posto per constatare l'accaduto.

Non avevo alcun mezzo a disposizione per arrivare al più presto possibile sul luogo indicato.

Per cui, quando alle 15,08, giunse da Lama Mocogno l'autocarro della GNR che recava gli zaini dei mitraglieri aggregati al mio plotone, autocarro scortato dal serg. Abborretti con 9 suoi mitraglieri. armati di una mitragliatrice Breda 37, un mitra, moschetti e bombe a mano, ordinai di scaricare in fretta gli zaini e di proseguire sulla strada per Savoniero, per accertarsi dei motivi che potevano aver provocato l'incendio dei due automezzi. Raccomandai inoltre al Serg. Abborretti di usare molta attenzione perché a mio giudizio, si trattava certamente delle due corriere incendiate da qualche gruppo di ribelli che probabilmente si trovavano ancora sul posto. Il Serg. Abborretti ed i suoi uomini dimostrarono di aver compreso il compito loro assegnato.

Dopo dieci minuti circa dalla partenza dell'autocarro da Palagano, echeggiarono delle raffiche di mitragliatrice provenienti da Savoniero.

Ero all'oscuro di quello che effettivamente poteva essere accaduto, quando alle ore 15,35, mi telefonarono che si vedeva in fiamme un terzo automezzo. Pensai subito che fosse quello che trasportava Abborretti ed i suoi uomini. Provvidi ad inviare altri 7 uomini, con un fucile mitragliatore servendomi di un camioncino, requisito nel frattempo in paese, ma detto camioncino, a due chilometri circa da Palagano, si fermò per mancanza di benzina. Gli uomini, al comando del Sergente Silingardi, rientrarono a piedi. Decisi di partire io personalmente con detti uomini, ma a due chilometri circa da Palagano, incontrai il granatiere Longari, che ritornava da Montefiorino dove si era recato al mattino, autorizzato da mè per prendere i suoi indumenti civili. Costui mi disse che le forze dei ribelli erano preponderanti, per cui ritenni opportuno ritornare indietro e chiedere rinforzi. Intanto mi accorsi che il bersagliere Gerli e gli alpini Grosoli e Ferrari, a mia insaputa, avevano raggiunto il luogo dell'imboscata sull'autocarro del Sergente Abborretti.

I rinforzi arrivarono alle ore 20,30, cinque minuti dopo che i ribelli avevano iniziato il loro attacco contro il Presidio di Palagano, attacco che fu in breve respinto.

I rinforzi costituiti da una parte del Plotone Armi di accompagnamento con due mortai e da quindici agenti della questura col Cap. Mori e il S.Ten. Corradini, non poterono recarsi sul posto, sia per l'attacco in corso sia per le tenebre sopraggiunte da un pezzo e per l'ignoranza circa la conformazione del terreno. Al mattino seguente 10 Marzo, il mio plotone rinforzato dal plotone del S.Ten. Finucci, arrivato alle ore 10 e dai quindici agenti della questura con il Cap. Mori, si recò sul posto. Rinvenimmo colà le salme del Serg. Abboretti, del Bersagliere Gerli, del granatiere Gaiba e del legionario Ponzoni Paolo autista dell'autocarro. I particolari sullo svolgimento dell'imboscata possono fornirli il granatiere Murino, il granatiere Raimondi, o il cap. magg. Simonini, scampati all'eccidio o qualcuno dei feriti degenti all'ospedale.

                     F.to s.Ten. Antonio Izzo(20)

 VENERDI 10 MARZO 1944

 Per un incidente stradale, non meglio precisato, muore il milite della GNR di San Prospero:

 MONTANARI MANFREDO.(21)

Sulla mancata manifestazione di forza e di preparazione all'insurrezione antifascista, organizzata dal CLN clandestino attraverso una serie di scioperi nell'Italia del Nord, così scrisse Mussolini nella "Corrispondenza Repubblicana " n.41, pubblicata in questo giorno sul quotidiano locale, dal titolo: "Un metodo uno stile":

 “I Biografi attribuiscono al Principe  Ottone di Bismark una frase di questo genere: -" Non si dicono mai tante bugie come prima di un elezione, come durante la guerra, come dopo la caccia." - Non vi è uomo che, nel cerchio stesso delle sue personali esperienze, non possa confermare l'opinione del grande prussiano il quale dimostrava di possedere, fra le molte altre virtù anche una precisa conoscenza dei suoi contemporanei. Il candidato che nell'epoca malfamata dei ludi cartacei si presentava al "colto e all'inclita" era costretto a mentire poichè doveva promettere mari e monti onde carpire i suffragi dell'ingenuo armento elettorale. Dopo una caccia, il fedele di S. Uberto, racconta strabilianti avventure, specie se torna col carniere vuoto.

Durante una guerra poi, le bugie anche sotto la forma attenuata della reticenza sono un fatto che accompagna le operazioni belliche, come le "impedimenta". Deve essere stato sempre così. Un proverbio milanese dice infatti: - Tempo di guerra più balle che terra. - Nella conflagrazione attuale, l'esercizio della bugia ha raggiunto vette sino ad oggi impensabili, giovandosi per la propagazione, degli strumenti che la scienza moderna ha messo a disposizione dei mentitori, i quali per coprire il loro inverecondo rossore, chiamano tutto ciò propaganda e guerra dei nervi. Nessun uomo raziocinante può sollevare dubbi quando si afferma che in fatto di bugia gli anglosassoni hanno perduto anche quell'ultimo residuo di pudore che autentici criminali di razza conservano ancora.

Londra ha battuto qualsiasi primato passato e, forse futuro. Parafrasando Giordano Bruno con una leggera modificazione si può dire che quello di Londra è "lo spaccio della menzogna trionfante". Cioè è la menzogna che trionfa, apertamente, su tutte le altre considerazioni, ma non sulla verità perchè, la verità è invincibile e finisce, alla lunga, per illuminare gli uomini e il mondo.

Qualcuno potrebbe a questo punto domandarsi senza ironia: che gli angloamericani siano dei mentitori ammettiamo; ma - posti in riga gli uni e gli altri - chi è in grado di scagliare la prima pietra?

Rispondono i fatti. E' cronaca di ieri. I gruppi e gruppetti clandestini italiani al soldo delle centrali nemiche e manovrati dai bolscevichi hanno nei giorni scorsi cercato di provocare uno sciopero generale, che da "bianco" doveva diventare "rosso", da "pacifico" "insurrezzionale" e doveva impegnare tutto il cosidetto proletariato italiano.

Le cose sono andate in modo completamente diverso. Le radio nemiche hanno diffuso bugie su bugie, invenzioni su invenzioni, ma stà di fatto che lo sciopero stesso è stato un fiasco solennissimo e, potrebbe dirsi decisivo. Un comunicato del Ministero dell'Interno ha ristabilito la realtà della situazione, con una precisione di dati che non può non avere favorevolmente impressionato il pubblico italiano, mentre ha sgonfiato le vesciche della propaganda nemica. Si poteva tacere. No. Si doveva edulcorare la verità? Nemmeno. Questo è il nostro stile. Ne consegue che non sei milioni di operai hanno scioperato, ma appena 208.000 il chè prova che le masse se ne sono infischiate degli ordini ricevuti, ed hanno dimostrato di possedere la coscienza dei doveri dell'ora: che lo sciopero, soltanto a Milano, è durato quattro giorni e solo in alcuni stabilimenti mentre in altre località è durato poche ore o addirittura pochi minuti: che dove i cosidetti scioperanti furono 500, tale cifra fù data, e del pari non fù nascosto dove furono 100mila.

Le radio nemiche hanno parlato di battaglie, di scontri con carri armati, di sabotaggio, mentre il comunicato ha detto la verità affermando che nulla di tutto ciò è avvenuto.

Milioni di cittadini delle diverse città italiane, gli stessi scioperanti ed i loro capi nel loro intimo, hanno dovuto riconoscere che il comunicato ministeriale non inventava, ma fotografava gli eventi. No. L'esercizio della bugia sembra, ma non è redditizio anche se si vuole - e ci ripugna - spostare un problema nel terreno puramente morale a quello della semplice utilità. Se gli uomini della Repubblica Sociale Italiana vogliono realizzare una profonda e duratura riforma del costume e del carattere, devono dire la verità; farne la formula orientatrice a tutta la vita sindacale e collettiva.

Se voi dite la verità quando è penosa voi sarete creduti quando la verità sarà lieta. Se voi avete il coraggio di annunciare una disfatta, nessuno solleverà dubbi quando annunciate una vittoria. La menzogna è uno strumento di corruzione, la verità un arma per l'educazione dei popoli alla virilità dei pensieri e delle opere.

Qualcuno potrà infine obbiettare che la "verità" detta in ogni caso può fornire argomenti alla speculazione nemica. Non lo si esclude. Ma di gran lunga superiore sarà la speculazione del nemico sulla menzogna. Da qualunque lato si esamini la questione, anche in rapporto alla contingenza, la nostra tesi è inevitabile. E' in conseguenza di queste premesse che il Ministero dell' Interno ha diramato il suo comunicato contenente notizie esatte sul recente tentativo, con cui i bolscevichi si ripromettevano di porgere un aiuto sostanziale al nemico. Il quale, ora, sà attraverso inconfutabili dati che tale aiuto è completamente mancato.

Si può aggiungere che un eventuale ripetizione condurrebbe immancabilmente allo stesso risultato."(22)

 SABATO 11 MARZO 1944

 A Gaiato di Pavullo, i partigiani, pare componenti delle "bande" di Armando(23), uccidono il bracciante di ventiquattro anni:

LUCCHI FRANCESCO(24),

 la sua salma venne ritrovata sulla strada comunale, in località Borra Niviano. Con molte probabilità, questo fatto, potrebbe essere collocato al 26 Marzo, relativamente all'imboscata dove vennero uccisi sei militi fascisti ed un civile.(vedi)

Presso l'Istituto di Cultura fascista di Modena, viene ricordata, nell'anniversario della morte del grande pensatore del Risorgimento, la figura di Giuseppe Mazzini.

 DOMENICA 12 MARZO 1944

 Nella zona di Guiglia e precisamente in località Pieve di Trebbio, reparti tedeschi e fascisti si scontrano con formazioni partigiane guidate da Leonida Patrignani(25) il quale aveva l'incarico di organizzare i gruppi ribelli in quelle contrade.

Al termine della messa domenicale, il gruppo di partigiani bloccò il paese impedendo alla gente di rientrare alle proprie case.(26) Dopo poco, pattuglie di militi della GNR e di tedeschi provenienti da Guiglia, vennero a contatto con i "ribelli" nei pressi di Casa Fontanazzi, all'inizio del paese ed ebbe inizio una fitta sparatoria. Due militi: IGNOTI (27),  della GNR di Bologna, rimasero sul terreno, altri due vennero feriti gravemente e cinque lievemente. I partigiani, in quello scontro, dovettero lamentare otto caduti.(28) 

Sull'altro versante dell’Appennino modenese altre bande di "ribelli" commettono una serie di "prelievi" ( o furti ? ): a Gubellino di Polinago venivano asportati generi alimentari dall'abitazione di tale Egidio Turrini, mentre a Ranocchio di Montese veniva svuotata la privativa di Ada Andreoli.(29)

Nella vicina frazione reggiana di Villa Minozzo, Morsiano, un gruppo di circa trenta partigiani asporta, dall'ammasso granario di quel piccolo centro, 11 q.li di grano e 80 Kg. di scandella, caricando il tutto su 7 muli.(30)

Nel centro Italia, la battaglia tra gli schieramenti anglo-americani e italo-tedeschi infuria sulla testa di ponte di Anzio, mentre perdura una relativa calma sul fronte di Cassino.

 LUNEDI 13 MARZO 1944

 In seguito a ferite riportate in un incidente mentre era in servizio di perlustrazione, colpo partito accidentalmente dal fucile del capo pattuglia, muore l'agente di PS, dipendente della Scuola di Polizia di Sassuolo:

GIULIANI RODOLFO(31).

Sempre all'Ospedale di Sassuolo, muore il milite della GNR di Correggio, che era rimasto gravemente ferito la notte dell'11 Marzo in uno scontro con i partigiani all'altezza di Ponte Dolo:

VEZZALINI ALBERTO.(32)

Nel capoluogo si sono svolte, in questa giornata, all'interno della Cattedrale e con grande partecipazione di folla, con la presenza di tutte le autorità cittadine, le esequie solenni delle vittime fasciste cadute nell'imboscata di Palagano; ha celebrato la funzione l'Arcivescovo di Modena, Mons. Cesare Boccoleri.

 MARTEDI 14 MARZO 1944

 I gruppi partigiani delle formazioni "Barbolini", sono in movimento nella zona della valle del Secchiello e mentre reparti tedeschi e fascisti sono in perlustrazione sulla strada che porta da Villa Minozzo in Val d'Asta, una pattuglia si scontra con i primi; non si dovettero lamentare grosse perdite da entrambe le parti.(33)

Nella zona di Palagano, nel frattempo, formazioni partigiane attaccano una corriera che si recava a Savoniero, con a bordo alcuni operai, per tentare di recuperare gli automezzi incendiati il giorno 9 e dove rimasero uccisi i militi della GNR del Sergente Abborretti, nell'imboscata partigiana. Mentre gli operai stavano lavorando per il recupero dei mezzi, furono investiti da un lancio di bombe a mano, che li costrinse a fuggire e a mettersi in salvo, mentre anche il loro mezzo di trasporto, una corriera, veniva incendiata.(34)

 MERCOLEDI 15 MARZO 1944

 I partigiani delle formazioni comandate da Barbolini, dopo le scorribande nelle valli del Dragone e del Secchiello, si trasferiscono nella zona di Ligonchio, nel vicino reggiano. In seguito alla serie di attacchi e di imboscate a pattuglie repubblicane, intervengono anche reparti tedeschi per cercare di porre un freno alle continue incursioni partigiane.

In una piccola frazione, Cerrè Sologno, a metà strada tra Ligonchio e la Valle del Secchiello, si scontrano, all'improvviso, i ribelli di Barbolini, con un reparto misto italo-tedesco, composto da militi della 79° Legione della GNR di Reggio Emilia e soldati tedeschi del Comando militare di Rubiera. Otto soldati tedeschi e due militi fascisti di Reggio Emilia, caddero in quello scontro. Anche i partigiani ebbero a subire sette morti.(35)

 GIOVEDI 16 MARZO 1944

Sul fronte di Nettuno, dove si coprono di gloria i battaglioni della RSI, Nembo e Barbarigo, muore l'Allievo Ufficiale della GNR, volontario del Battaglione Barbarigo della X° Flottiglia MAS, nativo di Pievepelego, di ventitré anni:

CORTESI ENZO(36).

I suoi conterranei, negli stessi giorni, si combattevano tra fratelli sul fronte interno. I partigiani della formazione di Nello, che tanti lutti ha provocato nella zona di Montefiorino, attaccano una corriera che trasportava una decina di militi che dalla Santona andavano in soccorso del presidio repubblicano di Palagano, all'altezza di Molino del Grillo.

Di fronte all'improvvisa imboscata partigiana, i militi, anche in rapporto alle preponderanti forze avversarie, dovettero arrendersi. Vennero immediatamente uccisi, con un colpo alla nuca(37), il Tenente:

FINUCCI GIUSEPPE(38),

 e il caporal maggiore:

MASI GIUSEPPE(39).

Uguale sorte toccò al soldato:

MUZZARELLI GEREMIA(40),

la corriera, e fu la terza nel giro di pochi giorni, venne data alle fiamme.

Tutta la zona è sotto pressione per le continue imboscate partigiane. Un ulteriore attacco contro un reparto di soldati tedeschi e di militi della GNR venne portato sulla strada di Monchio alle 11.

 "Verso le ore 11 del 16 Marzo si spinsero sulla strada di Monchio alcuni autocarri militari, che giunti a circa un chilometro dall'abitato di Lama di Monchio, in località chiamata Croce di Cappello, dovettero fermarsi.......Dagli automezzi furono scaricate armi e munizioni e una lunga fila di soldati germanici e italiani, preceduti da un sidecar che avanzava a fatica, si avviò in direzione di Monchio. A Lama gli ufficiali che comandavano i soldati dell'esercito repubblicano, giunti forse da Palagano, ebbero brevi colloqui con gli abitanti. Davano l'impressione di affrontare molto a malincuore i rischi e le fatiche di quel rastrellamento e sui loro volti erano evidenti i segni di una grande inquietudine. Dissero di dover salire al Santuario di S. Giulia per recuperare armi e munizioni e che speravano, per il bene di tutti ( e calcarono su queste ultime parole ), che i partigiani che sapevano presenti nella zona, non li avrebbero disturbati.(41)"

Ma dopo poco tempo i partigiani delle formazioni di "Minghin", cominciarono a sparare sui tedeschi con un fuoco rabbioso di mitragliatrice ; questi risposero con una mitragliatrice da 20mm., mentre reparti fascisti sparavano con un mortaio da Lama. Altre formazioni partigiane, guidate da Leo Dignatici, intervennero in aiuto dei primi; vennero uccisi in quello scontro, un Ufficiale e quattro militari tedeschi.(42)

 VENERDI 17 MARZO 1944

 La situazione nella zona di Montefiorino si fa sempre più drammatica. I tedeschi, in seguito alle imboscate ed agli agguati dove persero una ventina di uomini(43), richiamano in quella zona dell’Appennino modenese, altre forze per cercare di contrastare la pressante guerriglia delle bande partigiane che di giorno in giorno assumevano sempre più virulenza. Anche esponenti del Partito Comunista arrivano nella zona, da Modena, per cercare di fomentare ancor più la guerriglia.(44)

Intanto nella zona di Savoniero i tedeschi iniziano un rastrellamento, arrestando tre uomini; ma improvvisamente i partigiani aprono il fuoco da una posizione situata attorno alle case della borgata Fontana, uccidendo un Ufficiale tedesco e ferendo altri tre soldati,(45)

Dopo un ripiegamento i tedeschi passano al controattacco, ma verso sera, i "ribelli",

  "riuscirono a sganciarsi, riguadagnando le alture che sovrastano la borgata di Susano.(46)"

 Iniziano così le drammatiche ore dei martoriati paesi, Monchio, Susano e Costrignano, che verranno brutalmente rasi al suolo dalle formazioni della Divisione SS, Herman Goering, reduci dal fronte di Cassino, e che si trovavano in quel periodo, nei dintorni di Bologna, per un periodo di riposo.

 SABATO 18 MARZO 1944

 Ulteriori truppe tedesche affluiscono nella zona della Valle del Dragone. Si ha subito la sensazione che vogliano fare un’operazione a vasto raggio e che siano pronti ad usare la mano pesante.

Subito all'alba, da tre cannoni posti nel Piazzale della Rocca di Montefiorino, inizia il cannoneggiamento sulle frazioni di Monchio, Susano e Costrignano.(47)

 "Nessuna reazione da parte dei partigiani, allontanatisi nella notte o nascosti lontano nei boschi. Del resto, anche se fossero rimasti in zona, sarebbe stata impossibile qualsiasi resistenza."(48)

La popolazione era estremamente preoccupata per quello che era successo nei giorni precedenti e per il grosso movimento di truppe tedesche che si andava verificando in quelle ore:

"In fondo, si pensava, i tedeschi si sarebbero comportati più o meno come i fascisti che, nelle numerose e già ricordate puntate nelle borgate della valle, si erano limitati a ricercare i veri ribelli o, tutt'al più, a far man bassa delle provviste alimentari e a rastrellare degli uomini che poi venivano messi regolarmente in libertà."(49)

 Molte case furono colpite dal bombardamento e parecchie furono le vittime civili che rimasero sotto le macerie. Ma la parte più tragica ed il più alto numero di morti lo si ebbe dopo che le truppe tedesche, comandate dal Capitano Hartwig della Terza Divisione paracadutisti, iniziarono il rastrellamento, uccidendo e saccheggiando con estrema ferocia. Le varie frazioni della zona vennero messe sistematicamente a ferro e fuoco e numerosi episodi di un’efferatezza incredibile si verificarono nel giro di poche ore.(50)

La furia tedesca si abbatté su tutto e tutti compresi fascisti del luogo(51); uomini, donne e bambini vennero falciati in modo disumano. Le vittime di quella tremenda rappresaglia ammontarono a 130.(52) Fu quello il più feroce massacro effettuato dai tedeschi in Italia, sino a quel giorno, e che anticipava di pochi giorni quello delle Fosse Ardeatine a Roma.

 DOMENICA 19 MARZO 1944

 In tutta la Valle, dopo lo spaventoso eccidio, regna lo sbigottimento e il terrore. I superstiti, inebetiti dal dolore e sconvolti per quanto era loro accaduto si aggiravano tra le macerie delle case alla ricerca dei parenti e delle povere cose distrutte. Il recupero delle vittime fu particolarmente penoso e difficile e le salme dopo due giorni vennero inumate in fosse comuni.(53)

 LUNEDI 20 MARZO 1944

 Anche le autorità fasciste , che si sono recate sul posto, rimangono sconvolte per l'inutile massacro compiuto dalle truppe tedesche; in una sua relazione, al Capo della Provincia, Pier Luigi Pansera, così scriveva il Segretario fascista di Montefiorino, Francesco Bocchi:

 "Nella visita effettuata il 20 corrente ho potuto personalmente accertare che le popolazioni colpite si presentano in un quadro della più completa impressionante desolazione. Le case distrutte sono ridotte nella più grande maggioranza in un cumulo di macerie sotto le quali è rimasto bruciato tutto il mobilio, scorte di viveri, masserizie, risparmi in contanti, attrezzi agricoli, bestiame bovino ecc. Molte altre famiglie, poi, pur non avendo avuta la casa distrutta, hanno avuto invece asportati tutti i viveri dai reparti operanti o transitanti. L'accertamento di queste ultime è ancora in corso. (Molto probabilmente questa frase è riferita alle vittime N.d.R.) Alcune persone sono impazzite e molte altre fuggite da casa senza più dar notizie. Un numero imprecisato di persone è stato condotto via dai tedeschi con autocarri. Quasi tutte le mamme, per lo spavento provato, sono rimaste senza latte per i loro bimbi poppanti.

Tutti i cadaveri fino ad ora accertati ed identificati risultano del posto ad eccezione di due maestri elementari di Modena che insegnavano a Costrignano, e sono stati trasportati nei cimiteri delle singole frazioni in attesa degli adempimenti di competenza dell'autorità giudiziaria. Essi verranno sepolti in fosse comuni per insufficienza di area disponibile nei cimiteri. La popolazione è rimasta inebetita dalla terrificante distruzione. I danni ammontano a parecchie decine di milioni. L'ordine pubblico è completo e  nessuna traccia si è avuta di residui di ribelli. Il grosso di essi risulta fuggito dal Monte S. Giulia la sera precedente le operazioni."(54)"

 MARTEDI 21 MARZO 1944

 Nei giorni successivi all'orrendo massacro, le parti in lotta si scagliano invettive reciproche; mentre da parte fascista si sosteneva che l'azione era stata portata contro i ribelli e si addossava loro la responsabilità della spietata ritorsione tedesca, il CLN diffondeva un volantino, che era stato stilato dal Presidente Alessandro Coppi, del seguente tenore:

 "Operai, contadini, intellettuali di Modena e Provincia! I fascisti cercano di far credere che la montagna modenese è infestata da banditi prezzolati. Menzogna! In montagna agiscono i Patrioti che si comportano da Patrioti. Gente valorosa che si batte con indomito coraggio per liberare la Patria dalla schiavitù del fascismo che si illude di rivivere grazie alle baionette tedesche. Gente che dimostra coi fatti che il popolo italiano non vuole saperne nè di fascisti nè di tedeschi. Gente disciplinata che, pur professando diverse idee politiche, si trova unita e concorde per combattere per la libertà. Gente che chiede e paga ciò che occorre per vivere, comportandosi correttamente con la popolazione con la quale vive ed opera. Le ricevute che essi rilasciano, quando non è loro possibile pagare in contanti, sono pienamente garantite dal Comitato di Liberazione Nazionale. I patrioti dunque nulla hanno a che vedere con gli atti di banditismo compiuti da malviventi durante questi ultimi mesi; anzi il noto bandito Fini è stato da essi passato per le armi. Nessuno quindi si lasci impressionare dalla mendace propaganda fascista che svisa i fatti e si guarda bene dal rendere note le sconfitte che i Patrioti hanno fin qui inflitto alle cosiddette forze repubblicane. Popolo modenese! i Patrioti che si battono con ammirevole valore, hanno diritto di contare sull'appoggio affettivo, positivo, concreto di tutti gli italiani amanti della libertà. Non sono essi, non siamo noi i responsabili della guerra civile. Sono i fascisti che l'hanno voluta scatenare nel tentativo pazzo, criminale e disperato di evitare la fine che meritano. Ed essi sono tanto vili da mandare spesso a combattere contro i patrioti dei giovani che sono anima della nostra anima, sangue del nostro sangue. Sono tanto impotenti da sollecitare l'aiuto dei tedeschi, i quali, non essendo riusciti ad aver ragione dei patrioti, col cannone e col fuoco hanno distrutto alcuni villaggi nella zona di Montefiorino, seminando freddamente la strage fra quelle inermi popolazioni che contano decine e decine gli assassinati, compresi fra questi donne e bambini trucidati con spietata ferocia. Ecco chi sono i "300 ribelli caduti in combattimento" secondo l'impudente propaganda fascista! chi sono dunque i banditi? Chi i terroristi? Chi i senza legge? Chi i nemici della Patria? Modenesi! Stringiamo le file, aiutiamo chi combatte, chi sanguina, chi soffre.

Questo è il dovere di tutti gli italiani. I patrioti combattono oggi per abbreviare la durata della guerra, che ormai i tedeschi hanno perduta; e saranno coloro che libereranno la popolazione dalle angherie e dalle violenze tedesche. Il Comitato di Liberazione Nazionale."(55)

 La Federazione Fascista modenese, rispondeva con un altro manifesto intitolato "Risposta ai Patrioti", dove, tra l'altro, si diceva:

 "I villaggi della zona di Montefiorino che i "patrioti" nel loro manifestino affermano siano stati distrutti a cannonate e con i lanciafiamme, si limitano invece a quei gruppi di case nelle quali i ribelli si erano asserragliati e fortificati. Precisiamo che le donne e i bambini che dicono "trucidati con spietata ferocia" ammontano a 4 donne e a due bimbi trovati sotto le macerie di una casa diroccata dal bombardamento nella quale un gruppo di ribelli si era fortificato sparando con le mitragliatrici dalle finestre. Gli altri morti sono realmente i ribelli caduti in combattimento o passati per le armi perché sorpresi in possesso di fucili o mitragliatrici, e questi elementi maschili delle popolazioni  locali che con essi avevano fatto causa comune. Questi, nella pur dolorosa verità i fatti; al di fuori di essi non vi è speculazione faziosa e menzogna senza nome."(56)

 MERCOLEDI 22 MARZO 1944

 Continuano, intanto, nella zona della valle del Panaro, gli "approvvigionamenti" delle formazioni partigiane ai danni delle popolazioni di quelle contrade. A Castagneto di Pavullo viene "visitato" tale Alfredo Casini; a Selva di Serramazzoni è la volta di Umberto Zanoli; a Roncoscaglia di Sestola provvede agli "aiuti", l'agricoltore Pietro Bernardini; a Monzone di Pavullo venne prelevata merce di proprietà del Dott. Luigi Emiliani; a Olina di Pavullo le bande partigiane andarono a cercare "collaborazione", presso l'agricoltore Carlo Grandi, nella rivendita di tabacchi di Bruno Barattini e dal Parroco, Don Agostino Giannelli.(57)

 GIOVEDI 23 MARZO 1944

 Sulla Via Giardini, all'altezza del Mulino della Rosta, ove attualmente sorge il complesso Direzionale Zeta, una pattuglia partigiana compie un attentato contro il Colonnello Costantino Rossi, Comandante Militare  Provinciale della GNR, che transitava in auto diretto verso la sua abitazione. L'attentato fallisce e nello scontro che seguì rimase ucciso il partigiano Walter Tabacchi al quale venne poi intitolata una brigata dei Gap.(58)

In questa storia della guerra civile in Provincia di Modena potrebbe sembrare fuori posto parlare di un avvenimento accaduto a Roma: Ma il fatto ha assunto tale forza emblematica, per tutta la storia della resistenza in Italia, che un riferimento seppur breve e limitato è doveroso, se non essenziale, e per il collegamento con i fatti del modenese di Monchio, Susano e Costrignano e anche perché, di tale episodio si conosce solamente la parte conclusiva e più tragica, cioè la fucilazione, da parte dei tedeschi, di 335 ostaggi italiani, alle Fosse Ardeatine.(59) Di rado si parla dell'antefatto e di quello che attorno ad esso si è verificato.

Nella zona di Roma, già dai primi di Gennaio, si erano verificati parecchi attentati gappisti a truppe tedesche e ad isolati militari fascisti, molti furono gli uccisi. Da parte della polizia tedesca e fascista vi fu un’immediata risposta con l'arresto di esponenti antifascisti, in maggioranza del partito d'azione, Da queste retate riuscirono a sfuggire molti marxisti ed altri antifascisti di varia estrazione politica che, subito dopo l'8 Settembre, riuscirono a rifugiarsi nella città del Vaticano. Lo stillicidio di attentati continuò, per culminare in quello di Via Rasella. Questo era stato particolarmente studiato e venne eseguito, se così si può dire, alla perfezione, da dieci partigiani tra i quali, Carlo Salinari, Alfio Marchini, Franco Calamandrei e dai due decorati, in seguito, al valor militare, Carla Capponi e Rosario Bentivegna. L'ordine venne dato da Giorgio Amendola, eletto, per varie legislature al Parlamento, per il Partito Comunista Italiano.(60)

Obbiettivo dell'attentato fu una colonna di anziani soldati altoatesini (già appartenenti all'esercito italiano e incorporati nell'esercito tedesco all'8 Settembre ) che facevano parte della "Sudtiroler polizei" ed erano normalmente disposti alla guardia dei Comandi germanici e in altri uffici pubblici. Non avevano mai svolto azioni di guerra e tantomeno di controguerriglia e passavano abitudinariamente per quella strada, nel centro di Roma, tutti i giorni.

I gappisti, appostati in attesa del loro transito, spinsero un carretto della spazzatura, carico di esplosivo, giù per la discesa di Via Rasella, indirizzandolo contro la colonna che risaliva la strada; vi fu un tremendo boato e trentatre di quei militi altoatesini vi lasciarono la vita assieme a due civili italiani, uno era un bambino, che transitavano per la via.

I tedeschi, inferociti, pretendevano che si presentassero gli autori di quel massacro; ma nessuno cercò di evitare la terribile rappresaglia che i nazisti promettevano e che, in breve tempo attuarono, svuotando le carceri di Regina Coeli, in una località vicina a Roma chiamata Fosse Ardeatine. Trecento trentacinque furono gli italiani massacrati dalla rabbiosa reazione tedesca(61). Molto è stato scritto su questa spietata rappresaglia, ma di questa immensa tragedia, come per altre analoghe, si dovrebbero delimitare meglio i contorni (e non per cercare di dare una giustificazione a quelle che sono state certamente rappresaglie feroci e addirittura controproducenti per i fascisti e per l'Italia tutta e di cui i tedeschi ne porteranno la tragica responsabilità per sempre) cercando di evidenziare le gravissime responsabilità dei comunisti, autori dell'attentato, che ben sapevano di scatenare una tremenda rappresaglia, anzi, ricercavano in realtà proprio questa, onde scavare il fossato di odio tra italiani e tedeschi.

Nel 1981, per iniziativa della Sudtirolen Wolkspartei, in una commemorazione delle vittime dell'attentato partigiano, l'ex senatore di quel partito, Fried Volger, così si espresse:

  "Per i folli fanatici che nella città eterna, senza alcuna necessità, hanno provocato un bagno di sangue in una compagnia di innocui poliziotti ci sono state medaglie d'oro e posti in parlamento";

 il senatore così proseguiva in un’intervista apparsa su di un quotidiano italiano:

 "Dopo via Rasella i partigiani, almeno uno degli autori dell'attentato, dovevano consegnarsi per evitare una strage certa.....In altre analoghe circostanze, anche in Italia, è quanto hanno fatto carabinieri e sacerdoti per evitare stragi... l'attentato di Via Rasella è stato fatto senza necessità strategica perchè non cambiava nulla in quella situazione. E' stato un attentato folle."

 Ma la strategia comunista era appunto quella di scatenare la rappresaglia, ben sapendo che questa, oltre a sollevare l'indignazione degli italiani e ad aumentare di conseguenza l'odio nei confronti del tedesco e del suo alleato fascista, avrebbe anche colpito molti antifascisti detenuti che erano in netto contrasto con le formazioni comuniste sul modo di condurre la lotta, sulla collocazione ideologica e sulle alleanze da privilegiare.(62) Questa tattica, attuata durante tutto il periodo della guerra civile, ma che era già stata sperimentata e collaudata durante la rivoluzione bolscevica in Russia, nella guerra civile spagnola e in tante altre parti del mondo dove la penetrazione dell'internazionale rossa ha creato sanguinose guerriglie, in conclusione non ha portato a quei risultati programmati di conquista del potere, ma è servita solamente a creare una sequela interminabile di lutti e di rovine morali e materiali ed una spirale di odio dalla quale, anche a distanza di quarantacinque anni, non ne siamo ancora usciti.

Va inoltre sottolineata, in questa circostanza, l'ipocrisia di chi condanna la ferocia e la violenza quando vengono usate dagli altri, mentre la predicava o la predica ancor oggi, la esalta, la esercita e la giustifica quando la usa per se.

Altro elemento da non tralasciare, nell'analisi di quella tremenda rappresaglia, è la valutazione data dagli ambienti Vaticani(63): l'iniziativa dei gap romani è sempre stata criticata e quell'attentato venne definito un "colpo serio" alla strategia di Pio XII° per tenere Roma lontana dalle atrocità del conflitto, avendo dichiarato la capitale "città aperta".(64) L'attentato, tra l'altro, venne effettuato all'insaputa del comando del Comitato di Liberazione Nazionale, il quale conveniva, come Pio XII°, che non serviva a nulla gettare Roma nella mischia.

A Modena, in questa giornata, a Palazzo Littorio in Corso E. Muti, in occasione della cerimonia per il XXVle della fondazione dei Fasci di combattimento, vi fu una grande manifestazione a cui presero parte tutte le autorità fasciste modenesi; l'ex Direttore della Gazzetta dell'Emilia, Cacciari, tenne un applaudito discorso.

 VENERDI 24 MARZO 1944

 Siamo ancora nei primi mesi della guerra civile, ma i partigiani comunisti delle formazioni Garibaldi sono ben determinati nel condurre una lotta spietata, inesorabile e senza esclusione di colpi contro l'odiato nemico fascista, tanto da formulare un progetto di decreto che sarebbe dovuto essere presentato al "Governo di Liberazione Nazionale" e che venne stampato in un manifesto, di cui riportiamo per intero il testo:

 "Contro i traditori fascisti, contro chi collabora con i tedeschi e con i fascisti.

I Distaccamenti e le brigate d'assalto Garibaldi, che conducono una lotta a morte contro gli occupanti tedeschi e i suoi alleati fascisti, per assicurare all'Italia la libertà e l'indipendenza nazionale, che si costituirà tra breve, come segno della volontà del popolo di scacciare dall'Italia ogni residuo nazista e fascista, il seguente progetto di

DECRETO

Articolo 1 - tutti gli appartenenti al Partito Fascista Repubblicano, alla Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale del cosidetto Governo fascista repubblicano o a qualsiasi altra organizzazione fascista, per il semplice fatto di questa appartenenza, come anche tutti quelli che, dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Germania, abbiano collaborato nel campo militare, economico, amministrativo col nemico nazista e fascista, SONO DICHIARATI TRADITORI E NEMICI DELLA PATRIA. Essi sono perciò privi di diritti civili, dichiarati decaduti da ogni diritto a pensioni e sussidi licenziati da ogni impiego nelle amministrazioni pubbliche e statali ed esclusi per sempre dalla possibilità di concorrere a detti impieghi.

Articolo 2 - tutti gli indicati nell'art. precedente che nelle organizzazioni del Partito Fascista Repubblicano o nell'opera di collaborazione con i tedeschi abbiano dimostrato particolare iniziativa, o comunque abbiano svolto opera di direzione, sono condannati a morte e tutti i loro beni mobili ed immobili sono confiscati a favore dei caduti e dei combattenti per la liberazione e l'indipendenza nazionale.

Articolo 3 - Una deroga all'applicazione degli articoli precedenti è ammessa solo a favore di chi, trovandosi per cause di forza maggiore in enti costretti alla collaborazione col nemico (forze armate, polizia, amministrazioni pubbliche e private, imprese ecc.) possa provare, con dati concreti, non solo di non essersi macchiato mai di atti di tradimento a danno di patrioti e della causa di liberazione nazionale, ma di aver condotto dal posto occupato, un attiva opera di sabotaggio dei piani e delle forze del nemico nazista e fascista e aiutato, secondo le possibilità, la lotta partigiana in seno allo stesso esercito fascista e, in particolare, provvedendo alla soppressione di dirigenti e di ufficiali fascisti; avvertendo, se poliziotto, i patrioti minacciati d'arresto, aiutando a fuggire gli arrestati e sopprimendo commissari e agenti fascisti; sabotando la produzione bellica tedesca, le requisizioni, la riscossione delle tasse, delle imposte ecc.

Articolo 4 - Tutti i criminali contemplati in questo decreto sono di competenza dei tribunali del popolo da nominarsi nei territori liberati dall'occupazione tedesca. Nei territori ancora sotto il tallone nazista e fascista, le forze armate patriottiche e i partigiani, in primo luogo, sono incaricati dell'applicazione, senza nessuna formalità, dell'art.2 del seguente decreto, provvedendo alla soppressione del nemico della patria, alla distruzione dei loro beni che non si possono sequestrare e mettere a disposizione della lotta partigiana.

E' evidente che fin d'oggi i distaccamenti e le brigate d'assalto Garibaldi prendono a base della lotta contro i tedeschi e contro i fascisti le disposizioni contenute nel proposto decreto."(65)

A prescindere dalla forma e dal contenuto di questo scomposto invito alla delazione, all'omicidio, al sequestro indiscriminato di beni, resta da sottolineare come le formazioni comuniste abbiano eseguito perfettamente gli ordini, sia durante  la fase della guerra, sia al termine della stessa, andando anche oltre, attraverso le esecuzioni sommarie, con le farse dei processi dei cosiddetti tribunali del popolo, con le epurazioni indiscriminate, in conclusione con una persecuzione programmata sino alla eliminazione completa dell'avversario e delle sue famiglie.

A Albareto vicino a Modena veniva ucciso l'agricoltore

MALAGOLI UMBERTO (65bis)

 SABATO 25 MARZO 1944

 L'avvio della guerra civile nella bassa modenese, malgrado buona parte della storiografia partigiana cerchi di datarlo in periodi antecedenti, viene collocato realisticamente con l'assassinio del vice reggente del Fascio Repubblicano di Carpi, al giorno 26 Marzo. Difatti:

 "E' da escludere, che nell'inverno 1943-44 si siano verificati degli atti di sabotaggio nella "Bassa" modenese: prima di tutto perché nessuna notizia di essi troviamo nella stampa fascista, che pure, proprio in quel periodo, si diffondeva ampiamente nel riferire le più semplici operazioni di approvvigionamento compiute dai partigiani in montagna; in secondo luogo, perché i tedeschi, che sarebbero stati gravemente danneggiati dagli atti di sabotaggio, avrebbero certamente reagito con rappresaglie."(66)

 DOMENICA 26 MARZO 1944

 Le nuove formule del Fascismo Repubblicano stanno facendo presa su larghi strati della popolazione anche nel modenese; i comunisti malsopportano che la RSI abbia una impostazione così avanzata verso la classe lavoratrice, pertanto si scagliano con rabbia contro gli uomini che si sono messi in evidenza, incrementando gli attentati terroristici contro fascisti isolati e facili bersaglio per gli agguati, spostando così la lotta su di un piano fatto di assassinii e di rappresaglie che, in breve tempo, porterà il confronto tra le due fazioni, anche nella pianura modenese a limiti incredibili di uccisioni, da entrambe le parti.

A Carpi, dopo l'assassinio del brigadiere della GNR, Ternelli, avvenuto il 3 Marzo, viene messo a segno dai partigiani un altro attentato. Mentre stava vendendo dei biglietti all'ingresso del Cinema Lux, viene ucciso, da una serie di centrati colpi di pistola, il vice reggente del Fascio carpigiano, padre di tre figli:

LEONARDI VINCENZO.(67)

In questo modo la storiografia partigiana inquadra l' omicidio:

 "Questo nuovo fascismo ha qualche pretesa demagogica "sociale" e, quà e là i nuovi dirigenti vorrebbero distinguersi (più che altro per non condividere con loro il potere) dai vecchi gerarchi, ma la sostanziale continuità (se e quando un cambiamento c'è, è in peggio) è data dagli interessi che servono, dalle caste di cui sono esponenti.... A Carpi quelle caste hanno affidato la reggenza del fascio al vice direttore della Marelli, Carlo Alberto Ferraris, vice reggente l'ex carabiniere (augusto) Leonardi....Diventa perciò uno dei doveri del movimento di liberazione, quello di giustiziare questi oppressori e persecutori in quanto tali e in quanto sono i più fanatici collaboratori dell'occupazione, colonne del sistema terroristico e depredatorio di occupazione. La serie sarà lunga. A Carpi comincia nel Marzo 1944."(68)

 Se nella pianura modenese la guerra civile sta avviandosi con attentati del tipo che abbiamo preso in esame, in montagna ha già raggiunto l'apice con la lunga serie di attentati a tedeschi, fascisti e civili. Le formazioni partigiane riprendono i loro agguati in altre zone, spostandosi dalle valli del Secchia a quelle del Panaro. In questa prima Domenica di primavera, una pattuglia di militi fascisti viene attirata in una imboscata, da una formazione di "ribelli" guidata dal capo partigiano "Armando". Vengono uccisi: il Tenente della GNR nativo di Sestola:

BOLDRINI OTELLO,(70)

il medico di Pavullo di trentadue anni:

ROMANI ANTONIO,(71)

e CINQUE IGNOTI MILITI(72),

giovanissimi volontari dai sedici ai diciotto anni, nativi di Tripoli. Rimase seriamente ferito anche il maresciallo della GNR, Bonanno, ed un altro milite perdette un occhio.

Sulla stampa dell'epoca venne data questa versione dei fatti:

 "La mattina del 26 corrente numerosi delinquenti si portavano in vicinanza di Sassoguidano, frazione del Comune di Pavullo e armati di fucili, moschetti, mitragliatrici e bombe a mano, aggredivano un autocarro militare nel quale si trovavano un sottotenente e cinque militi, tutti distaccati per servizio a Pavullo. Erano pure con essi un maresciallo maggiore dei carabinieri e un carabiniere, appartenenti al distaccamento della GNR di Pavullo e il Dott. Antonio Romani fu Sante di anni 32 da Pavullo. L'autocarro era diretto in località Gaianello per accertamenti giudiziari inerenti ad un cadavere rinvenuto nel mattino sulla strada comunale identificato poi per un milite appartenente al Centro di addestramento distaccato a Montecenere di Lama Mocogno. Fatti segno ad improvviso tiro di mitraglia e lancio di bombe a mano rimanevano uccisi il sottotenente e quattro militi. Il maresciallo, il carabiniere e il Dott. Romani venivano trasportati all'Ospedale Civile di Pavullo. Un altro milite rimaneva leggermente ferito."(73)

 L'imboscata era stata ben preordinata da "Armando", il quale, la notte precedente, aveva inviato un gruppo di suoi partigiani in una cascina dove abitavano due belle ragazze, amiche di due ragazzi fascisti che di solito si recavano a trovarle. Il gruppo di partigiani catturò i due, uno venne ucciso, l'altro lasciato libero dopo una notte d'interrogatorio. Il suo cadavere venne poi abbandonato sul ciglio della strada, per preparare l'imboscata a chi doveva andare a fare il sopralluogo.(74)

 "Era giorno di fiera a Pavullo ed eravamo certi che di lì a poco qualcuno avrebbe dato l'allarme e i brigatisti neri sarebbero venuti sul posto. Avvenne appunto così ; ci appostammo nelle vicinanze del bosco, nascosti dietro un cumulo di pietre e quando scorgemmo il polverone sollevato dal camion che soppragiungeva, ci preparammo ad accoglierlo."(75)

 Seguirono il lancio di bombe a mano che bloccarono l'autocarro ed un nutrito fuoco di mitragliatori che fecero scempio dei militi a bordo del mezzo.

In un altra testimonianza partigiana si racconta che i fascisti, per vendicarsi, arrestarono i genitori di Armando:

 "Ma anche in questa circostanza i rapporti stabiliti precedentemente tra i partigiani e i carabinieri si rivelarono assai proficui e, dopo un pò di tempo la cosa si risolse nel migliore dei modi."(76)

 LUNEDI 27 MARZO 1944

 Gli Ufficiali ed i graduati dei reparti dell'Esercito Repubblicano di stanza nel modenese avevano grosse responsabilità in momenti così delicati; difficile era il compito di trattenere la rabbia dei militari in divisa che erano sempre più, facile bersaglio degli agguati partigiani. Spesso si verificarono ribellioni non facili da domarsi, anche perché, molti giovani vedevano massacrare amici e parenti nelle imboscate tese dai ribelli e non negli scontri diretti o in aperte battaglie campali che raramente si verificarono nel nostro territorio.

 MARTEDI 28 MARZO 1944

 Si svolgono a Carpi i funerali del vice reggente del PFR, Leonardi, ucciso il giorno 26; vennero tenuti chiusi tutti i locali pubblici e venne promessa una grossa somma a chi avesse fornito indicazioni sugli autori dell'omicidio.(71)

 MERCOLEDI 29 MARZO 1944

 L'Arcivescovo di Modena si reca in Prefettura per una visita ufficiale al Capo della Provincia; il giorno successivo verrà diramato un comunicato che così si esprimeva:

 "S.E. l'Arcivescovo di Modena e Abate di Nonantola si è recato ieri mattina al Palazzo del Governo accompagnato dal Vicario generale della Curia in visita ufficiale al Capo della Provincia. Mons. Boccoleri si è a lungo e molto cordialmente intrattenuto con il Console Pier Luigi Pansera, al quale ha portato l'espressione dei nobili sentimenti di italianità che animano il clero della nostra Diocesi. Durante il corso del colloquio il Capo della Provincia e l'alto Prelato hanno serenamente esaminato con largo spirito di mutua comprensione i vari problemi che interessano le gerarchie politiche e religiose della provincia, auspicando infine quella vittoria delle nostre armi che è la sola garanzia di salvezza anche per la religione, insostituibile nutrimento spirituale del nostro popolo profondamente patriottico e cattolico."(78)

 GIOVEDI 30 MARZO 1944

 A Castelfranco Emilia, per rappresaglia agli agguati ed alle imboscate contro le truppe tedesche e fasciste, vengono fucilati dieci giovanissimi partigiani di Renno di Pavullo che erano trattenuti in quelle carceri.(79)

 VENERDI 31 MARZO 1944

 Nelle zone dell’Appennino modenese della Valle del Secchia, si concludono le operazioni di rastrellamento contro le formazioni ribelli ed il grosso delle forze che vi avevano partecipato rientra alle proprie basi, lasciando nei piccoli paesi solamente piccoli nuclei a presidiare quelle zone che, di lì a breve tempo si torneranno a popolare dei vecchi e nuovi partigiani che verso la fine della primavera aumenteranno di numero sull'onda dei successi ottenuti dalle truppe anglo-americane sul territorio italiano.

 NOTE

 

1    cfr. Gazzetta dell'Emilia del 4.3.44

2    cfr. ESGC.Mo

3    cfr. E. Gorrieri: "La Repubblica di Montefiorino" pag. 139;

4    cfr. Gazzetta dell'Emilia del 5 Marzo 44

5    cfr. P. Alberghi: "Attila sull'appennino" pag. 96

6    cfr. G. Pisanò: "Gli ultimi in grigioverde" Vol. 3° pag. 1815, elenco caduti della GNR.

7    cfr. Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44.

8    cfr. F. Borghi: "L'an n'era menga giosta" pag. 263 e Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44

9    ibidem

10   si trattava dei due partigiani, Amelio Aravecchia e Dante Schiavoni; cfr. anche testimonianza di Don Sante Bartolai in ISR n. 5 pag. 79.

11   cfr. P. Alberghi op. cit. pag. 101.

12   cfr. Lettera del Comune di Medolla del 16.1.1956, alla Ass. Cad.Rsi.

13   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944

14   ibidem e in elenco caduti RSI, inumati nell'ossario di San Cataldo.

15   ibidem

16   ibidem

17   ibidem

18   ibidem.

18bis Questo nominativo trovasi inserito in un elenco dei caduti della resistenza modenese in rassegna ISR n. 3 pag. 7.

18tris cfr. "Martirologio" pag. 89

19   cfr. E. Gorrieri, P. Alberghi, op.cit

20   dattiloscritto in Archivio Caduti RSI.

21   cfr. Elenco caduti RSI n. 507.

22   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 11 Marzo 1944.

23   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 151.

24   cfr. lettera del Comune di Pavullo in data 16.2.1956 prot. 1261; elenco caduti RSI n. 431.

25   Comandante partigiano, azionista.

26   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 153.

27   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944.

28   I caduti partigiani in quel combattimento furono: Bruno Belloi, Alcide Borsari, Enrico Brandoli, Ottavio Ferrari, Carlo Fiandri, Dino Lugli, Bruno Parmeggiani e Sovente Sabbatini. In E. Gorrieri, op. cit. pag. 153.

29   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo

30   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98.

31   cfr. lettera del Dott. Comini, accertante le cause della morte, in Arch. Ass. Cad. RSI.

32   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98.

33   ibidem

34   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944.

35   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 111.

36   cfr. elenco caduti RSI n. 243.

37   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 112.

38   ibidem

39   ibidem

40   ibidem; per questi caduti anche in elenco caduti RSI.

41   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 113.

42   ibidem

43   ibidem pag.120

44   ibidem pag. 118; dichiarazione di Leo Dignatici.

45   ibidem pag. 119

46   ibidem

47   cfr. G. Silingardi: "I giorni del fascismo e dell'antifascismo" pag. 168.

48   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 170

49   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 129.

50   ibidem

51   ibidem pag. 184.

52   I caduti nelle frazioni colpite dalla furia tedesca:

Frazione di Susano:

Gualmini Celso, Aschieri Clerice, Aschieri Massimiliano, Gualmini Raffaele, Baschieri Maria, Gualmini Lavinia, Gualmini Celso di Raffaele, Gualmini Viterbo, Gualmini Aurelio, Albicini Delia, Marastoni Ursilia, Marastoni Orfeo, Carlo di NN, Gherardo Filippo, Garzoni Francesca, Baldelli Camillo, Casacci Dovindo, Casini Battista, Casolari Florigi, Pagliai Domenico, Pagliai Tonino, Peli Giuseppe, Peli Andrea, Zenchi Dante.

Frazione di Costrignano:

Barbati Ersidio, Barbati Ignazio, Barbati Luigi, Barbati Pasquino, Baschieri Mario, Beneventi Pellegrino, Beneventi Giacomo, Beneventi Giuseppe, Caminati Adelmo, Casinieri Luigi, Ceccherelli GianBattista, Chiesi Sante, Compagni Tolmino, Ferrari Secondo, Ferrari Nino, Ghiddi Lorenzo, Lami Alcide, Lami Silvio, Lami Ennio, Lami Mario, Lorenzini Marcellina, Maestri Massimo, Pancani Giuseppe, Pigoni Luigi, Pigoni Lino, Rioli Ernesto, Rioli Claudio, Rioli Pellegrino, Rosi Dante, Sassatelli Lodovico, Severi Enrico.

Frazione di Monchio:

Abbati Callisto, Abbati Cristoforo, Abbati Giuseppe, Abbati Milziade, Abbati Raffaele, Abbati Remo, Abbati Tommaso, Albicini Ermenegildo, Barozzi Augusto, Barozzi Adelmo, Barozzi Mario, Bedostri Giuseppe, Bedostri Luigi, Bucciarelli Livio, Braglia Ambrogio, Cornetti Adele, Corenetti Luigi, Caminati Giovanni, Caselli Alberto, Carani Ernesto, Carani Geminiano, Compagni Ernesto, Debbia Enrico, Debbia Franco, Debbia Valerio, Debbia Roberto, Facchini Sisto, Ferrari Egidio, Ferrari Remo, Ferrari Teobaldo, Fiorentini Giuseppe, Fontanini Teodoro, Giberti Attilio, Giberti Eleuterio, Giusti Giuseppe, Guglielmi Aurelio, Guglielmi Emilio, Guglielmini Luigi, Guglielmini Renato, Guglielmini Giuseppe, Sajelli Pia, Magnani Amilcare, Marchi Ivo, Martelli Giuseppe, Martelli Alvino, Massari Gino, Mesini Celso, Mesini Alessandro, Mussi Remo, Ori Attilio, Ori Ernesto, Pancani Claudio, Pancani Ernesto, Pancani Marco, Pancani Tonino, Pistoni Leonildo, Pistoni Michele, Pistoni Luigi, Ricchi Ernesto, Ricchi Viterbo, Rioli Antonio, Rioli Pellegrino, Rioli Mauro, Silvestri Agostino, Tincani Ennio, Tincani Geminiano, Venturelli Dante, Silvestri Ines, Venturelli Gioacchino, Venturelli Florindo e Sassatelli Adelmo.

53   cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 169.

53bis Francesco Bocchi, Segretario del PFR di Montefiorino, che venne ucciso il 16 marzo 1945 a Modena dai partigiani, venne accusato dal CLN, come uno dei responsabili dell'eccidio per aver messo sull'avviso i comandi fascisti e germanici ad intervenire nella zona. In una testimonianza, l'Arciprete di Serra, Don Marino Donini a quei tempi capellano a Vitriola, sul Resto del Carlino del 14 marzo 1984, così parlò del Dott. Bocchi:

 

"Trovai il Dott. Bocchi, seduto in poltrona, in uno stato di profondo sconforto. Mi disse testualmente: " E' un disastro! Si dice che di là dal fiume ci siano un centinaio di morti. Le SS avevano in programma di distruggere anche Savoniero e Vitriola ma io ho supplicato i comandanti di cessare il rastrellamento e la rappresaglia."

54   cfr. P. Alberghi , op. cit. pag. 214.

55   cfr. E Gorrieri, op. cit. pag. 174.

56   ibidem pag. 175

57   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 17 e 22 Marzo 1944.

58   cfr. ISR Rassegna

59   Esiste un ampia letteratura sull'episodio di Via Rasella e del successivo eccidio delle Fosse Ardeatine, che riteniamo non elencare.

60   cfr. G. Pisanò op. cit.

61   ibidem

62   tra i fucilati alle Fosse Ardeatine vi fù anche un modenese: certo Luigi Gavioli ( da ISR rassegna n. 7 pag. 28)

63   cfr. Atti e documenti della Santa Sede, Vol. X°

64   ibidem

65   cfr. ISR Rassegna n. 8 pag. 67.

65bis cfr. "Martirologio" pag. 138

66   cfr. F. Gorrieri : "La resistenza nella bassa modenese", pag. 93.

67   cfr. lettera del Comune di Carpi in data 30.5.1956 prot. 7033.

68   cfr. Pacor-Casali: "Lotte sociali e guerriglia in pianura" pag. 89.

69   Al secolo, Armando Ricci, che fu successivamente, al termine della guerra, Sindaco di Pavullo.

70   In una agenda, dove il Ten. Boldrini, teneva notati pensieri ed appunti venne trovata questa sua affermazione: " Questo mio vivere è proprio un vivere pericolosamente. La morte mi circonda da ogni parte; eppure non mi fa paura. Morire per la Patria! Morire per l'idea in fondo è una fortuna! Speriamo bene! Morire amando è vivere. W il Duce"

72   cfr. E. Gorrieri, op. cit.

73   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 29 Marzo 1944

74   ibidem

75   cfr. Ada Tommasi De Micheli: "Armando racconta" pag. 122 e segg.; per il Dott. Romani cfr. anche A. Galli in "Pievepelago durante la seconda guerra mondiale" pag. 29 e in E. Gorrieri, op. cit. ; in questa versione si precisa che il fatto non avvenne a Gaianello, bensì in località Fontanella di Sassoguidano.

76   cfr. S. Prati - G. Rinaldi in: "Quando eravamo i ribelli", pag. 64-65.

77   cfr. F. Gorrieri.: op. cit. pag. 92.

78   cfr. Gazzetta dell' Emilia del 30 Marzo 1944.

79   I giovani partigiani fucilati nelle carceri di Castelfranco Emilia furono: Badiali Bruno, Adani Faustino, Pattarozzi Massimo, Gherardini Ubaldo, Vandelli Romano, Maletti Gervasio, Manfredini Teodorico, Montecchi Egidio, Camatti Renato e Walter Martelli.

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Guerra Civile nel modenese - i giorni di Aprile 1945 dal 1 al 19

  DOMENICA 1 APRILE 1945

    E’ il giorno di Pasqua: ma la resurrezione di Cristo non porta pace agli uomini che, in questa giornata, continuano a scannarsi con inaudita ferocia.

  A Vignola i partigiani prelevano dalla sua abitazione, il nativo di Guiglia:  BRAGLIA GIACOMO(1),  per poi ucciderlo in località imprecisata. A Castelnuovo Rangone, i partigiani prelevano il giovane milite della Brigata Nera:  LEVONI ORLANDO(2), della sua sorte, nulla si è più saputo per lungo tempo poi, dopo molti mesi, attraverso indicazioni, la sua salma fu ritrovata.

  A Farneta di Montefiorino, in località Giunzione, sono uccisi dai partigiani tre persone, mentre erano accompagnate a Civago per passare le linee.(3) Si trattava di  RIVASI UMBERTO,  EGIDIO REA, e TAZZIOLI ETTORE,  Quest'ultimo, prelevato dalla sua abitazione in Barigazzo aveva ventisette anni.(4)

  Un partigiano democristiano svolse un’inchiesta ed appurò che i tre uccisi non avevano per niente cercato di fuggire, contrariamente a quanto disse l'esecutore materiale, ma furono "eliminati" per ordine di un certo "Patrizio", comunista, dopo essere stati bastonati a sangue. La dichiarazione del responsabile materiale non lascia alcun dubbio:

    "Son partito da Farneta con l'ordine verbale, datomi da Patrizio di fucilare i tre prigionieri lungo la via, adducendo a motivo di giustificazione che si trattava di spie pericolose. Dissi che i tre prigionieri erano da riportare al Comando per non impressionare i civili e gli altri prigionieri. Feci legare le mani ai prigionieri appunto perché rimanevo solo a giustiziarli. Io non percossi i prigionieri. Furono invece percossi a sangue dal gruppo di partigiani, forse reggiani, nel quale ci imbattemmo. Non ho altro da aggiungere sul Comando centrale di Polizia. L'ordine mi fù dato da Patrizio non presente Rino. Ho seppellito i cadaveri dei fucilati unitamente ad un contadino del posto al quale avevo richiesto aiuto per la bisogna. A detta del contadino la buca era fonda a sufficienza: io stimo sia stata fonda un metro e cinquanta cm. Ho seppellito i morti uno sopra l'altro.

  Ritornai a Farneta il mattino dopo, dopo aver dormito a Giunzione.

  F.to William a.d.r. "I prigionieri non avevano tentato di fuggire, fui io a fermarli in seguito all'ordine ricevuto da Patrizio" F.to William".(5)

    Intanto, nella zona di Prignano, a Santa Giulia, reparti tedeschi conducono uno degli ultimi rastrellamenti della zona, di una certa consistenza: dopo breve scaramuccia con i partigiani, si ritirano senza aver avuto un contatto violento.(6)

    LUNEDI 2 APRILE 1945

    Bombardamento aereo su Faidello e nei pressi di Fiumalbo ad opera di quattro cacciabombardieri angloamericani, che provoca parecchi danni e due morti tra la popolazione civile.

  A Modena "scompare" il milite della GNR, di ventidue anni: CAMPARI CARLO(8):

  di lui nulla più si seppe.

  Ad Albareto, in Comune di Modena, i partigiani assalgono nella loro casa e li crivellano di colpi di mitragliatore, zio e nipote: il primo, squadrista della Brigata Nera, impiegato alla Federazione Provinciale dei Fasci Repubblicani aveva quarantasei anni, il nipote ne aveva ventidue: CARBONI FAUSTO(9), e CARBONI IVO.(10)

  A San Prospero è barbaramente ucciso il super-invalido di guerra di ventiquattro anni:  MARCHI WAINER.(11)  Così viene ricordato in una testimonianza dell'immediato dopoguerra:

    "Il giovane Wainer Marchi, super invalido di guerra (era un povero tronco senza gambe) è scomparso. Il suo accompagnatore, pagato dallo stato, fu quello che lo tradì portandolo al macello, comunica alla madre che il figlio era stato fatto prigioniero e che stava benissimo.....Crivellato di colpi era già stato sotterrato in poca terra. Venne rovesciato dalla sua carrozzella dentro ad un porcile di una casa colonica e lì lasciato dalle 12 alle 22, venne poi portato in campagna e trucidato. Venne sepolto con i moncherini affioranti. Tempo dopo, la madre, visto l'assassino, da lei ben conosciuto, ma naturalmente a piede libero, gli gettava addosso l'acqua del secchio che stava portando; il vigliacco, fermatosi, la schiaffeggiò."(12)

    MARTEDI 3 APRILE 1945

    A Querciagrossa di Pavullo viene ucciso, dopo essere stato prelevato dai partigiani dalla sua abitazione di Maranello, l'iscritto al PFR:  VANDELLI MARIO.(13)

  Un attacco tedesco a formazioni partigiane nella zona di Torre Maina, riesce a scompaginarle al punto tale che si sbandarono sino a perdere per strada o a seppellire le armi, tanto da far dire, in una relazione di un partigiano, che:

    "sarebbe necessario eliminare tutti coloro che sono indegni di appartenere alle organizzazioni patriottiche, cioè tutti coloro che al momento decisivo sotterrano le armi e fuggono vigliaccamente abbandonando i loro compagni.”(14)

    Ma parte della storiografia partigiana, contrariamente a quanto di reale è stato appurato e senza preoccuparsi della verità storica, insiste a rappresentare ogni piccolo fatto d'armi, come un grande successo della partigianeria. Difatti anche in questa occasione possiamo leggere:

    "Altro grande combattimento al quale parteciparono questi (si riferisce ai partigiani prima citati.n.d.r.), fù quello di Torre  Maina, ove fu respinto il più pesante attacco nazifascista alla riconquistata zona libera di Montefiorino"(15)

    A Concordia, in vari punti del paese vengono fucilati nove partigiani.(16)

    MERCOLEDI 4 APRILE 1945

    A Soliera viene ucciso dai partigiani il fascista:  RAPPA GIROLAMO(17).

  A Campogalliano viene ucciso tale:  ROSSI RIZIERO.(18)

  Continuano ancora gli attacchi tedeschi ai partigiani, che cercano di proteggersi per la prossima ritirata verso il nord: nella zona di Boccasuolo, prende parte al rastrellamento, la 5° compagnia Alpenjager di stanza a S. Anna Pelago che, secondo i bollettini della Divisione partigiana "Modena", perse parecchi uomini ma, in realtà, visto e considerato i tremendi abbagli presi da questi bollettini, non possono essere presi in considerazione con assoluta certezza.

    "Particolare degno di rilievo: mentre si svolgeva l'attacco si celebrava nella Chiesa di Boccasuolo, il matrimonio di una signorina di Pievepelago, Gianna Biondi, con un militare tedesco, il dentista Pietro Kahlhammer, fuggito fra i partigiani nel gennaio scorso. La sposa dopo il rito si rifuggiva a Frassinoro in mezzo a un fitto grandinare di proiettili."(19)

    Nella storiografia partigiana si accenna, per questo giorno, ad un attacco ad un presidio fascista della Brigata Nera nella zona di Spilamberto, con l'uccisione di "sei criminali".(20) Non ci sono notizie più particolareggiate di questo episodio, né da parte fascista e tanto meno nelle altre storie della resistenza, pertanto anche questa appartiene a quei fatti o inventati od esageratamente ampliati della storiografia resistenziale.

    DOMENICA 5 APRILE 1945

    Si stanno avvicinando i giorni conclusivi della spietata lotta civile nel nostro territorio e i partigiani si dimostrano sempre più attivi nelle loro imboscate e nei loro prelevamenti dei "feroci" fascisti. A Modena viene ucciso il Brigadiere della GNR, di trentasette anni:  NASUTO RENATO.(21)  A Marzaglia viene brutalmente assassinato il giovane di diciannove anni: OTTANI FILIPPO.(22) A Dogana di Fiumalbo rimane vittima della violenza il milite della Divisione San Marco: WALLINI BRUNO.(23) A Ravarino viene uccisa tale:  MONTANARI ADA.(24) A Villa Freto, un altra donna, presunta fascista, viene fatta scomparire: CATELLANI GINA(25)

  Le cronache dell'immediato dopoguerra così descrivevano il rinvenimento del cadavere di questa poveretta:

    "In un fondo denominato San Carlo. sito nella zona di San Geminiano durante lavori di sterro sono venuti alla luce resti di un cadavere, successivamente identificato per quello della quarantasettenne Gina Catellani già residente a Modena in Via Emilia Ovest 529. La Catellani nella prima decade dell'aprile del 1945 era stata prelevata nottetempo da alcuni partigiani e trasportata con un automezzo nel podere San Carlo. La stessa Catellani veniva quindi uccisa con un colpo di rivoltella alla nuca ed infine seppellita perché indiziata di appartenere al Fascio Repubblicano. Sul luogo del ritrovamento dei pietosi resti si sono recati i Carabinieri della Stazione di Villa Freto ed il sostituto procuratore. Quest’ultimo al termine della constatazione di legge ha ordinato la rimozione del cadavere ed il definitivo seppellimento in luogo consacrato.”(26)

    VENERDI 6 APRILE 1945

    A Fiumalbo resta ucciso in questo giorno il marò della Divisione San Marco di ventuno anni: BAVAIERA ALFONSO.(27)  A Modena, una bella e giovane ragazza, la laureanda in medicina di ventisei anni:  BACCHI ANNA MARIA(28),  viene avvicinata da tre individui che la informano che il fratello Gianfranco, Ufficiale della G.N.R. è rimasto gravemente ferito in uno scontro con i partigiani e, degente all'Ospedale di Modena avrebbe voluto parlarle. Era una trappola ma la ragazza non dubitò un attimo e seguì i tre. Da quel momento scomparve. Da notare che la ragazza non aveva mai avuto particolari interessi per la politica. Il suo cadavere venne trovato solamente due anni dopo in un campo di Villa Freto. Le indagini svolte nel dopoguerra portarono alla scoperta degli assassini: si trattava di partigiani comunisti che al processo si difesero dicendo di aver ricevuto l'ordine dal loro Comandante, il partigiano "Luigi", il quale si scagionò sostenendo anch'esso di aver ricevuto l'ordine da altri suoi capi.

    SABATO 7 APRILE 1945

    Nella zona di Pievepelago viene sistemato un reparto di artiglieria da montagna, con pezzi da 75mm., che avrebbero dovuto sparare contro i paesi della Valle del Dolo e servire a rintuzzare gli attacchi dei partigiani.(30) Questi si stavano preparando all'azione, in previsione dello sfondamento del fronte da parte delle truppe angloamericane e di conseguenza concentravano i loro sforzi nelle zone della montagna per attaccare i presidi germanici lungo la Via Giardini, ma i loro attacchi, come vedremo al giorno 10, non sortiranno alcun effetto.

    DOMENICA 8 APRILE 1945

    A Casotto di Val D'Astico, (Vicenza) viene ucciso da elementi partigiani, con un colpo alla nuca, il modenese di ventitré anni:  GASPARINI CASARI ARRIGO.(31)  Era nato a Covington (Usa) e mentre il padre prestava servizio militare come maggiore di artiglieria, poi nella G.N.R., si arruolava nel Corso Allievi Ufficiali dell’Aeronautica. Venne deportato in Germania dopo l'armistizio. Come tanti altri giovani in quel periodo, che intercorre alla costituzione della RSI, si adatta a rivestire una divisa che è straniera, ma che non rinnega il sangue versato dagli italiani in tre anni di guerra. Si arruola nella Divisione SS Italiane, e nelle sue lettere vi è la testimonianza di quella situazione così tragica che legittimava la scelta fatta in buona fede e senza secondi fini. Ecco come scriveva ai suoi familiari, questo italiano oggi criminalizzato:

    "4 Agosto 1943 - Babbo carissimo, non ho ancora messo il naso fuori dall’Aeroporto. Saprai che la libera uscita è stata soppressa. Speriamo che ci sia ridata presto, perché sento il bisogno di svagarmi un poco: il mio stato d'animo non è molto allegro a causa degli avvenimenti; tu sai quanto male mi possa fare il vedere il nostro paese ridotto in una situazione simile. Fuori i giornali ed il popolo inneggiano alla libertà riconquistata; e pensare che abbiamo il nemico in casa! Chi sa mai che cosa essi intendono per libertà. Io però, per la mia dignità personale, sono pronto a fare qualsiasi cosa per il mio paese. Arrigo"(32)

 In un altra lettera scritta qualche mese più avanti, questo giovane così esprimeva al fratello i suoi purissimi sentimenti:

    "11 Gennaio 1944 - Caro fratello Benito, sono di ritorno in camerata dopo aver assistito ad una lezione di tedesco e prima di coricarmi ti voglio scrivere perché il 26 di questo mese è il giorno del tuo compleanno.....Come vi ho già scritto, mi sono arruolato nelle SS. Tu avrai conoscenza intorno a questo Corpo specialistico delle Forze Armate Germaniche. L'istruzione militare in Germania, specialmente in questo corpo, è molto curata e quindi capirai che è abbastanza dura, ma a me piace. Sappiate che sono contento di essermi arruolato nelle SS e che non vedo l'ora di potere dare il mio contributo tangibile alla causa della Nuova Europa: l'unica speranza che può avere l'Europa di vita e di benessere domani. Caro Benito, in occasione del tuo compleanno ti faccio i miei più sentiti auguri. Che la provvidenza divina ti protegga assieme al babbo e alla mamma.Arrigo"(33)

    A Cavezzo, zona dove si sono verificate una serie di atrocità incredibili, vengono uccise due donne, madre e figlia; di trentotto anni la prima, di diciotto anni la seconda:  CATTABRIGA STEFANINI PRIMA,(34)  CATTABRIGA PAOLINA.(35)

  Presumibilmente è la stessa banda di partigiani che due giorni dopo uccideranno i fratelli Morselli. Si recarono dunque a Motta di Cavezzo per prelevare la giovane ragazza, ma la madre si mise ad urlare e ad implorare perchè non le portassero via la figlia; prelevarono anche la madre. Furono entrambe trascinate sull'argine del Secchia, spogliate completamente e, una accanto all'altra, violentate, poi uccise e sepolte in un qualche modo. Le vittime erano di umili condizioni e non si erano mai interessate di politica.(36)

A Pievepelago restava vittima della violenza la levatrice STEFANINI IRMA(36bis)

     LUNEDI 9 APRILE 1945

    A Marano sul Panaro viene ucciso lo squadrista della Brigata Nera di anni settanta:  BELVERDI FRANCESCO(37),  era reggente del Fascio Repubblicano di quella località e faceva l'agricoltore. Venne prelevato dalla propria abitazione dai partigiani ed il suo cadavere venne scoperto solamente dopo una ventina di giorni.

    MARTEDI 10 APRILE 1945

   Siamo a Motta di Cavezzo, dove il giorno otto erano già state uccise due donne. Otto persone, sette uomini ed una donna, penetrano nottetempo nella casa di due fratelli possidenti e la svaligiano di tutto quello che capita loro tra le mani. Compiuta la razzia, il gruppo di individui ordinarono alla donna:  MORSELLI LATINA,(38)  di quarantadue anni, di uscire con loro. Il fratello:  MORSELLI ALBERTO(39),  di quarantotto anni si oppose ed anch'esso venne prelevato. Vennero portati in un campo a circa due chilometri da casa, gli uomini usarono violenza alla Morselli davanti al fratello. Al termine, uno di questi domandò: "c'è più nessuno?", quindi portò la canna del mitra contro il grembo della povera donna e sparò una raffica. Subito dopo fu ucciso il fratello ed i due cadaveri vennero sepolti in  un unica fossa. Dopo molti anni venne trovata la tomba dei fratelli Morselli: i cadaveri affioravano dagli arenili del fiume Secchia. Lo scheletro della donna intatto, di sopra a quello del fratello, ma questi aveva il teschio tra i femori, segno evidente che il disgraziato venne gettato là dentro con la testa spiccata dal tronco.(40)

  A Spilamberto viene ucciso il milite della Guardia Nazionale Repubblicana:  BRAGGIO GIACOMO.(41)

  In montagna i partigiani, sull'onda delle avvisaglie degli attacchi anglo-americani sulla linea gotica e che prevedono a breve scadenza lo sfondamento della stessa, cercano in un qualche modo, di contribuire, attraverso combattimenti diretti, e non più con il solito sistema delle imboscate e degli agguati, alla lotta contro il nemico nazi-fascista. In uno di questi scontri perderà la vita il Comandante partigiano , Mario Allegretti, decorato poi di medaglia d'oro.(42)

    "Le operazioni del 10 Aprile, che costituirono l'attacco di più vaste proporzioni sferrato simultaneamente da tutte le formazioni partigiane, non diede i risultati sperati: nessuno dei presidi nemici lungo la Via Giardini venne eliminato. La ragione fondamentale sta’ nel fatto che la mancata offensiva alleata fra il Monte Cimone e l' Abetone non fu effettuata. Perciò le truppe germaniche del settore furono libere di fronteggiare l'azione dei partigiani; non solo; ma in diverse zone l'attacco di questi ultimi si scontrò con analoghe iniziative dei tedeschi. Sicché si accesero ovunque aspri combattimenti che ottennero il risultato di impegnare rilevanti forze nemiche senza per altro sloggiarle dalle loro posizioni."(43)

    Se ne deduce che senza l'intervento delle truppe anglo-americane non sarebbe stato possibile liberare la Provincia di Modena dall'odiato tedesco. Ma tutto questo contrasta in modo inequivocabile con la maggioranza delle pubblicazioni della storiografia apologetica resistenziale e con tutte le celebrazioni ufficiali ad essa connesse, dove si dà per certa la "liberazione" della Provincia di Modena da parte delle formazioni partigiane e che, quando arrivarono le truppe "alleate", trovarono le zone sgombre per il fattivo lavoro compiuto da queste formazioni.

  Ma non sarebbe più serio e anche storiograficamente più veritiero, ammettere che le formazioni partigiane entrarono nei paesi e nelle città dopo che queste vennero abbandonate dalle truppe tedesche e fasciste in seguito al decisivo attacco sferrato dall'ormai incontenibile macchina bellica americana?

  Un altro episodio, non ben definito nei suoi margini è quello avvenuto a Vignola, dove, secondo le narrazioni partigiane, un gruppo di fascisti della B.N. "Mirko Pistoni", si arrese ai partigiani della brigata "Italia", non comunista e sarebbe partita con loro con parte delle armi in dotazione.

    "Ciò che poi accadde, ossia il fatto che dalla montagna il gruppo di fascisti non fece più ritorno, è cosa difficilmente indagabile. Tuttora oggetto di diverse supposizioni."(44)

    Vennero dunque eliminati dai partigiani democristiani oppure si aggregarono al  loro gruppo suscitando le ire comuniste che forse avrebbero voluto usare la "loro" giustizia e non vi riuscirono? Da parte fascista non sono apparse testimonianze tali da poter eliminare questo punto interrogativo.

    MERCOLEDI 11 APRILE 1945

    Gli anglo-americani intensificano la loro pressione su tutto il fronte e martellano le retrovie italo-tedesche con furibondi bombardamenti. Quotidianamente, in questi giorni, tutto l’Appennino modenese venne sottoposto a massicci bombardamenti aerei, il solo centro di Vignola subì, dall'11 al 20 Aprile, ben nove incursioni aeree che causarono parecchie vittime e gravissime distruzioni.

  Intanto, in tutta la Provincia si continuava ad uccidere. A Nonantola viene soppresso il civile di quarantanove anni:  SERAFINI VALENTINO.(45)

  A Medolla i partigiani uccidono il giovane milite della RSI di diciotto anni:  BELLONI GISBERTO.(46)

  In varie località della Provincia, a Torre Maina, a Modena e a Carpi, fascisti e tedeschi fucilano cinque partigiani.(49)

    GIOVEDI 12 APRILE 1945

    A Sassuolo viene ucciso il trentenne:  GIORDANI CARLO,(50)   era guardia di P.S. della questura di quel centro.

  Tra Bastiglia e Ravarino i partigiani uccidono due fascisti: si trattava dello squadrista della B.N. "Eugenio Facchini" di quarantuno anni:  GOVONI GIUSEPPE,(51)  che venne prelevato ed ucciso assieme al ravarinese di trentasette anni:  GARDOSI GIULIO.(52)

  Le salme di questi sventurati saranno recuperate il 28 Giugno 1945, in seguito ad una lettera anonima che stabiliva il punto esatto del seppellimento in una località nei pressi di Bomporto.

  A Nonantola trova la morte il civile di cinquantadue anni:  SERAFINI GIUSTO.(53)

    VENERDI 13 APRILE 1945

 A Modena, il Tribunale straordinario fascista, costituito presso il 42° Comando Provinciale, condanna a morte il milite della B.N. Morselli Oreste, che si era macchiato di delitti comuni. La fucilazione viene effettuata alle ore 19 nei pressi dello Stadio Comunale.

  A Spilamberto rimane ucciso, in uno scontro con i partigiani il giovane milite della GNR, di diciannove anni:  PALTRINIERI ORAZIO.(54)

  A Vignola viene ucciso il giovane elettricista di venti anni:  MORA CARLO.(55)

  Nella tormentata zona di Monchio viene assassinato da elementi partigiani il giovanissimo seminarista, quattordicenne: RIVI ROLANDO(56).

    SABATO 14 APRILE 1945

    Modena: due fascisti vengono uccisi dai partigiani e le loro salme non verranno mai recuperate; si trattava del milite della GNR di ventiquattro anni  BARBIERI NINO(57)  e del milite della Brigata Nera:  PADOVANI AMEDEO(58).

  Sempre in Comune di Modena, a San Pancrazio, viene soppresso l'Agente di P.S. di quarantaquattro anni:  ALBONI FRANCESCO.(59)

  In un mitragliamento aereo, perde la vita la camicia nera, di venti anni:  PAPA EDOARDO,(60)  era nativo di Pautin Saine (Francia) e faceva parte della Milizia contraerea.

  Militi della Brigata Nera fucilano, a Modena, un partigiano.(61)

    DOMENICA 15 APRILE 1945

    Violente incursioni aeree su tutto il territorio della Provincia modenese; vengono particolarmente presi di mira dai bombardieri anglo-americani i centri di: Guiglia, Spilamberto, San Vito, Formigine, Casinalbo, Baggiovara, Sassuolo e Vignola. A Festà, mentre la gente usciva dalla Chiesa al termine della messa, arrivarono all'improvviso alcuni aerei in picchiata sganciando bombe e mitragliando. Provocarono una vera strage. I morti furono 42 e la Chiesa venne completamente distrutta.

  Mentre la morte arrivava dal cielo su tanti paesi, i partigiani continuavano la loro opera con agguati, attentati e prelievi nei confronti dei fascisti o dei presunti tali, che ormai sentivano che il crollo finale era imminente e non riuscivano più a contrastare la mattanza organizzata dalle bande partigiane comuniste.

  A Spilamberto, in uno di questi attentati rimangono vittime due militi della GNR:  ZANARINI ALVARO,(62) e  MARINO ANDREA.(63)

  A Marano sul Panaro, vengono brutalmente assassinati tre fascisti: con il classico colpo alla nuca dei partigiani comunisti, viene ucciso il fuochista di trentasette anni: VECCHI BRUNO,(64)  mentre in un castagneto viene ucciso l'impiegato, di trentuno anni:  CAVALLINI CORRADO,(65)  ed ancora con un colpo alla nuca viene assassinato il milite della  Brigata Nera di venti anni:  MARTINELLI ETTORE.(66)

  La violenza, la cattiveria e la rabbia, da entrambe le parti in lotta, regnano ormai sovrane; la guerra civile raggiunge limiti parossistici, i fratelli si scannano vicendevolmente, impera la legge dell'occhio per occhio, dente per dente. A Modena i militi della Brigata Nera fucilano un giovane partigiano.(66bis)

    LUNEDI 16 APRILE 1945

    In Comune di Modena, a San Matteo, viene ucciso sulla pubblica via il milite della G.N.R., di ventitré anni:  FORGHIERI GIORGIO.(67)

  A Torre Maina resta ucciso l'impiegato di trentacinque anni:  TRENTI GIOVANNI RENATO.(68)

    MARTEDI 17 APRILE 1945

    VIII° Armata Americana, travolge, appoggiata da un massiccio intervento dell'aviazione, la disperata resistenza tedesca nella zona di Argenta, avvicinandosi così a Ferrara, creando la minaccia di un aggiramento di Bologna, che era già particolarmente pressata da sud da altre forze americane e da est dalle divisioni britanniche. La ritirata tedesca, da questo momento, andrà assumendo sempre più l'aspetto di una fuga precipitosa e disordinata.

  In Provincia di Modena, in località imprecisata, perde la vita il milite della GNR:  BIONDI ORLANDO.(69)

    MERCOLEDI' 18 APRILE 1945

    Formazioni aeree anglo-americane continuano, attraverso micidiali, quanto inutili bombardamenti, a seminare lutti in tutta la Provincia di Modena.

  Vengono particolarmente presi di mira i centri di: Monteorsello, Pavullo, Formigine e Modena.

  Gravissime distruzioni vengono inferte al centro più importante del Frignano; il paese di Formigine venne quasi completamente distrutto e venti civili rimasero sotto le macerie, tra essi il noto scienziato, conte Prof. Tito Bentivoglio.

  Modena, nel primo pomeriggio, venne centrata dai bombardieri per la sesta volta. Venne particolarmente presa di mira la zona di Rua Muro ove era , a Palazzo Margherita la Caserma della Brigata Nera, rimasta, sino a pochi anni fa’, l'unica testimonianza visibile di quel tragico periodo.

  La caserma venne centrata in pieno e parecchi militi rimasero sotto le macerie; il comandante della Brigata Nera mobile, Franz Pagliani, in quei giorni ancora a Modena per  organizzare la ritirata delle truppe fasciste al di là del Po, rimase fortunatamente illeso essendosi venuto a trovare nell'ala non crollata del fabbricato. Persero la vita in quella incursione: il maggiore della GNR di cinquantatré anni:  MALAGUTI ETTORE,(70)  il milite della GNR di diciannove anni:  ESPOSITO ALBERTO,(71)  il milite della Brigata Nera di sedici anni:  SANTONI ARMANDO,(72)  e tre militi della Brigata nera modenese, estratti dai rottami e non riconosciuti e pertanto rimasti:  IGNOTI.(73)

  Anche Soliera venne colpita da un bombardamento aereo e nell'opificio, centrato in pieno, persero la vita una donna e due bambini.

A Mirandola, in un’imboscata, perde la vita il Capitano della GNR: MILLESIMI ARNALDO.(74)

 Il Capitano Arnaldo Millesimi era nato a Rieti il 13 febbraio 1908 da Silvio Millesimi e Antonia Pitoni  e si era sposato il 4 febbraio 1929 con Anna Irma Romanelli.

Millesimi morì il 18 aprile 1945 in un assalto ad un cascinale nelle campagne di Mirandola. Era partito con pochi uomini sotto l'impulso emotivo per la cattura del caro amico Tavoni. Voleva trovarlo se ancora vivo, vendicarlo se morto, ma fu ucciso da un partigiano, lo stesso che Millesimi aveva liberato qualche giorno prima.

Venne raccolto morente da un suo soldato, il Milite Mario Camilli. Il giovane Camilli piangeva nel vedere il suo Comandante ferito a morte, al che lo stesso Millesimi, con l'ultimo fiato che aveva in gola, gli disse: «Che piangi! I morti non si piangono: si vendicano nel nome d'Italia!».

Venne trasportato all'Ospedale Militare di Modena, dove un medico certificò il suo decesso. Fu sepolto nel Cimitero di S. Cataldo di Modena il 20 aprile 1945, alla fila 18, n. 255 del campo sinistrati.

  A Maranello, i partigiani fucilano il giovanissimo operaio di diciassette anni:  PORTA LODOVICO(75);  il padre di questo ragazzo era stato assassinato, sempre dai partigiani, un mese prima, a Spilamberto.

  A San Martino in Spino, in uno scontro con i partigiani restano uccisi tre giovani sottufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana:  MORETTI CARLO LEO,(76)   TAVONI WALTER,(77) e  MUGNAINI FERNANDO.(78)

  Quest'ultimo aveva diciannove anni. Proponiamo una sua lettera, scritta alla mamma ed emblematica del pensiero dei giovani fascisti, che in quegli ultimi giorni, continuarono a battersi con tutte le loro forze, pur sapendo che il crollo era ormai certo:

    " Cara mamma, ho ricevuto ieri la tua lettera del 9...L'epicentro della tempesta si approssima. Tutto il mondo, col peso del suo marcio sta’ per rovinarci addosso. Irrigidiamoci! Disumaniamoci! Dimentichiamo affetti, sentimenti, tutto ciò che riguarda noi stessi. Facciamoci un cuore di sasso; imponiamoci una coscienza spartana. Induriamoci nella rinuncia. Le mascelle serrate, tiriamo diritto sino in fondo, a qualunque costo. Tutto, tutto perisca! Uomini, cose, città di ieri e di oggi. Muoia tutto un passato e tutto un presente. L'idea sola resti grande per la vittoria e nella vittoria. Tutto perdiamo! Amici, parenti. congiunti, gioie. Restiamo nudi! L'anima sola di noi resti! Ma che il nemico scavalcando i nostri cadaveri, senta su di sè la condanna del sangue che lo schiaccia; l'alito invincibile di una fede che ha smosso le montagne e sconvolto cieli e oceani. Non sò perché ti scriva così. Sono un carattere difficile, lo sai; non amo confessare a nessuno e tanto meno a tè quello che ho dentro; ma dal momento che lo vuoi, oggi faccio un eccezione, anche sapendo di esprimermi, come al solito, con una crudezza che non ti farà bene.....Adesso per la prima e forse ultima volta, ho una fede che mi fa’ sentire la bellezza della vita e della lotta che la giustifica, che rende degni di amarla e di viverla. Questa parentesi di vita e di luce che una immane tragedia di popoli mi offre come un imperativo nel rischio della disperata missione, finalmente mi fa’ pensare con serenità e spirito di coscienza. Adesso capirai

perché in questa parentesi, per me inestimabile, io getti affetti, speranze, energie, l'anima intera a consumarsi; vivendo nel tumulto tutta la sua giovinezza. A Dio chiedo solo che io possa al momento del collaudo restare coerente a mè stesso, ch'io non retroceda, nè esiti, nè mi smarrisca, quando apocalittica infurierà la lotta sui campi d'Europa e la vittoria vorrà significare credere fino ai limiti dell'assurdo e oltre.

  Fernando Mugnaini."(79)

    In questo giorno le prime truppe "alleate" entrano nella Provincia di Modena e precisamente in territorio di Monteombraro nei pressi di Zocca.(80)

    GIOVEDI 19 APRILE 1945

    La resistenza italo-tedesca, su tutto il fronte italiano, comincia vistosamente a cedere e sulle strade della nostra Provincia interminabili colonne di militari, su ogni mezzo disponibile sono in ritirata per cercare di raggiungere i guadi del Po,  in maniera tale da non trovarsi imbottigliati dall'azione a tenaglia delle forze alleate che ormai irrompono ovunque su di un fronte in completo sfaldamento, anche se, in molte zone la resistenza tedesca è accanita. Le formazioni partigiane si limitano a seguire alla distanza questa ritirata e solamente in rarissimi casi si scontrano con il grosso delle truppe; più frequenti saranno invece gli attacchi a militari isolati, tedeschi o fascisti e alle piccole pattuglie che, o per mancanza di informazioni, o perché lontane dalle grandi vie di comunicazione, troveranno notevole difficoltà a congiungersi con il grosso dei reparti.

  Si prefigura invece l'opera di mattanza nei confronti dei fascisti o presunti tali, da parte delle formazioni partigiane che raggiungerà il vertice massimo nei giorni e nelle settimane immediatamente successive alla "liberazione".

  A Spilamberto cinque fascisti vengono uccisi da reparti partigiani: due fratelli giovanissimi, il primo di quindici anni ed il secondo di ventuno anni:  RICCO' ANGELO(81), e  RICCO' GIUSEPPE(82);  oltre a : PELLI PIETRO,(83) VEZZALI ERNESTO,(84) e  MONTICELLI PIERO.(85)

  Vignola, che in queste ultime giornate di guerra, venne quasi quotidianamente colpita e quasi completamente distrutta, subisce l'ultimo bombardamento. In pieno centro parecchi edifici saltano in aria e centrata venne anche la mensa Ufficiali dell'Artiglieria contraerea.

  Nella zona di Campogalliano rimane vittima della violenza, tale: MARCHI GIUSEPPE.(86)

    NOTE

    1     Elenco caduti della RSI n. 149 in Arch. Ass. Cad.

  2    ibidem n. 413

  3    cfr. E. Gorrieri, in : "La repubblica di Montefiorino" pag. 646.

  4    cfr. lettera del Comune di Lama Mocogno alla Ass. Cad. RSI del 23 Febbraio 1956 prot. 325.

  5    cfr. verbali dell'interrogatorio dell'Archivio CLNM, BG. in : E. Gorrieri, op. cit. pag. 646.

  6    ibidem pag. 654.

  7    cfr. A. Galli, "Pievepelago nella seconda guerra mondiale" pag. 127.

  8   cfr. elenco caduti n. 173.

  9    ibidem n. 182

  10   ibidem n. 183.

  11   lettera del Comune di San Prospero del 10.1.57 prot. n.70

  12   cfr. testimonianza olografa del Dott. Enzo Rebucci, del 1947, e di proprietà dei familiari attualmente viventi.

  13   cfr. elenco caduti n. 782.

  14   cfr. E. Gorrieri op. cit. pag. 657.

  15   cfr. Ventennale della Resistenza del Comune di Nonantola, pag. 55.

  16   cfr. ISR Rassegna n. 3 , pag. 18: i caduti partigiani furono: Dino Bruni, Gastone Dondi, Franco Ferrari, Corrado Malagoli, Giuseppe Martinelli, Guglielmo Paltrinieri, Sergio Pellacani, Uber Rovatti.

  17   cfr. lettera del Comune di Soliera in data 18 Febbraio 1956 prot. 435.

  18   cfr. ESGC.Pi

  19   cfr. A. Galli op. cit. pag. 128.

  20   cfr. F. Borghi: "L'an n'era menga giosta" pag. 319.

  21   cfr. elenco caduti n. 538.

  22   ibidem n. 552.

  23   ibidem n. 778.

  24   cfr. ESGC.Pi

  25   cfr. elenco caduti n. 202.

  26   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 28 Settembre 1947

  27   cfr. elenco caduti n. 66.

  28   ibidem n. 36. Vedi anche nota n. 41 mese di Gennaio 45.ivi.

  29   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 1° febbraio 1949.

  30   cfr. A. Galli, op. cit. pag. 128.

  31   cfr. elenco caduti n. 329. Il padre ed il fratello di questo caduto, morirono in una imboscata tesa loro dai partigiani a Soliera il 15 Settembre 1944.(vedi).

  32    cfr. lettera in Arch. Ass. Cad. Rsi.

  33   cfr. A. Scarpellini: "Lettere dei caduti della Rsi".

  34   cfr. elenco caduti RSI n. 204.

  35   ibidem n. 205.

  36   cfr. testimonianza Dott. Rebucci, citata.

  36bis

  37   cfr. elenco caduti n. 80

  38   ibidem

  39   ibidem

  40   cfr. test. Dott. E. Rebucci, cit.

  41   cfr. lettera del Comune di Guiglia del 23 Febbraio 1956 prot. n. 325.

  42   cfr. ISR Rassegna n. 1 pag. 28-29.

  43   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 662.

  44   cfr. A. Venturi: "Zona 5 - Antifascismo e resistenza nel vignolese" pag. 101.

  45   cfr. lettera del Comune di Nonantola del 23 Gennaio 1957 prot. 186.

  46   cfr. lettera del Comune di Medolla del 16 Gennaio 1956 prot. 42.

  49   A Torre Maina vengono fucilati: Cesare Montanari, Giuseppe Pini e Onelio Pini. A Modena in  località Madonnina viene fucilato: Alfio Ronchetti. A Carpi: Alcide Guidetti. Da ISR n.3

  50   cfr. elenco caduti n. 348.

  51   ibidem n. 333.

  52   ibidem n. 359.

  53   cfr. lettera del Comune di Nonantola cit.

  54   cfr. elenco caduti n. 562.

  55   cfr. lettera Comune di Vignola del 3.2.56 prot. Questo nominativo viene anche citato, si presume erroneamente, nell'elenco dei caduti partigiani in ISR Rassegna n. 3

  56   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 644. cfr. anche in " Martirologio", un ampio resoconto su questo efferato omicidio.

  57   cfr. elenco caduti n. 54; era nipote della sig.ra Pignatti Iolanda uccisa il 27 Aprile 1945.

  58   ibidem n. 553.

  59   cfr. elenco caduti RSI inumati al cimitero di San Cataldo, e in elenco generale al n. 568.

  60   cfr. elenco caduti inumati a San Cataldo.

  61   cfr. R. Lazzero in: "Le Brigate Nere", pag. 283; si trattava del partigiano Sergio Roncaglia.

  62   cfr. cfr. elenco caduti RSI inumati a San Cataldo

  63   cfr. F. Borghi, op. cit. pag. 438.

  64   cfr. lettera Comune di Vignola cit.

  65   ibidem

  66   ibidem

  66bis cfr. R. Lazzero, op. cit. pag. 283; si  trattava del giovane partigiano, Renzo Stancari.

  67   cfr. elenco caduti n. 307.

  68   cfr. lettera Comune di Vignola cit.

  69   cfr. elenco caduti RSI

  70   ibidem n. 447.

  71   ibidem n. 270; deceduto all'Ospedale Militare.

  72   cfr. elenco caduti.

  73   ibidem.

  74   ibidem n. 497.

  75   cfr. lettera Comune di Vignola, cit.

  76   cfr. elenco caduti

  77   ibidem n. 748.

  78   cfr. G. Pisanò: "Gli ultimi in grigioverde" vol. 4° pag. 2099.

  79   cfr. A. Scarpellini, op. cit. pag. 139.

  80   cfr. articolo, "Il passaggio del fronte a Monteombraro" in :ISR Rassegna n. 6 pag. 65.

  81   cfr. elenco caduti n. 650.

  82   ibidem n. 651.

  83   cfr. ESGC.Pi

  84   ibidem e in F. Borghi, op. cit. alla voce:  Perdite della Repubblica Sociale Italiana e della Brigata Nera di Spilamberto: pag. 438.

  85   cfr. elenco caduti RSI n. 511.

  86   ibidem n. 463.      

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