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La Storia della Guerra civile completa nel sito: http://xoomer.virgilio.it/fratricidio Capitolo dal libro "Guerra civile nel modenese" L'adesione
alla R.S.I.
Il primo periodo dei seicento giorni della Repubblica Sociale Italiana,
si presenta, per Modena e la sua Provincia, abbastanza tranquillo; moltissimi
giovani, volontari e di leva si schierano con la nuova formula del fascismo
Repubblicano, sia nel modenese sia in tutto il resto del territorio italiano non
occupato dagli angloamericani e contrariamente a quanto, sino ad oggi, ha fatto
credere la pubblicistica antifascista.
Moltissimi nomi diventati noti nel dopoguerra, quali l'ex Sindaco di
Modena poi deputato comunista, Rubens Triva,(1) l'ex Sindaco di Bologna ed ex
Presidente della Regione Emilia Romagna, Guido Fanti,(2) oltre a uomini divenuti
famosi nel mondo dello spettacolo quali, Dario Fò,(3) Ugo Tognazzi,(4) Raimondo
Vianello(5), Giorgio Albertazzi,(6) Enrico Maria Salerno,(7) e tantissimi altri,
entrano nelle file dell'esercito repubblicano.
Altri personaggi famosi del mondo dello spettacolo, quali gli attori
cinematografici, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida faranno parte della RSI, sino
alla tragica conclusione della loro vita; nonostante la loro comprovata
innocenza saranno barbaramente trucidati a Milano nei giorni della
"liberazione"(10).
Nelle file partigiane, al contrario, rilevando i dati ufficiali del CLN.
saranno ben pochi i giovani che, sino all’avanzata primavera del 1944,
entreranno a far parte di quello schieramento.(11)
A Roma, agli inizi di Ottobre del 1943, il Maresciallo Rodolfo Graziani,
tenne un memorabile discorso, ad un grande raduno di Ufficiali al Teatro
Adriano, che mobilitò moltissimi giovani ufficiali e militari del disciolto
esercito. Soldati, graduati, sbandati in quel tragico periodo dopo l'8 settembre
e in seguito alla presa di posizione del nuovo fascismo repubblicano, che
cercava di salvare l'Italia dalle prepotenze dell'ex alleato tedesco, dopo il
tradimento badogliano di Cassibile, affluirono via via, nelle caserme del
ricostituito esercito repubblicano.(12)
Nel mese di Ottobre del 1943, assente quasi completamente la componente
antifascista, la RSI poté operare in modo graduale la sua autonomia dalla
pressante tutela germanica, operando in tutti i settori della vita pubblica
cercando di ricucire e di rinnovare i rapporti tra le varie classi sociali in
tutti i settori della società italiana.(13)
In quei giorni vi fù il richiamo delle classi 1923-24-25 e non tutti,
negli ambienti fascisti, videro bene questa mossa di Mussolini. I più
intransigenti volevano un esercito di partito composto solamente da volontari;
anzi il loro motto era questo: "Chi non sente la necessità morale e
spirituale di impugnare le armi in difesa della Patria tradita deve restarsene a
casa".
Mussolini fu però irremovibile; egli sapeva molto bene che la relativa
autonomia che godeva in quel periodo iniziale il governo della RSI, non derivava
dalla forza specifica che era nelle sue mani, ma dalla stima che il Capo tedesco
aveva nei suoi confronti. Per fare della RSI un soggetto attivo di storia in
quel quadro di immensa tragedia che stava sconvolgendo l'Europa, era necessario
costruire un esercito efficiente e perfettamente disciplinato, anche per
fronteggiare gli interessi egoistici dei tedeschi ai quali, in quel frangente,
interessava più avere un’Italia occupata in condizioni di assoluta
dipendenza.(14)
All'appello, fatto dal Governo Repubblicano ai giovani di leva, risposero
pertanto in numero altissimo i giovani e la risposta andò, in quel momento,
oltre le più rosee previsioni.
Alla data del 30 Novembre 1943, ultimo giorno per presentarsi nelle
caserme, l'83% dei richiamati aveva risposto all'appello.(15)
Questa vasta partecipazione delle nuove reclute ai richiami della
Repubblica Sociale Italiana, non è mai stata digerita dalla storiografia
antifascista; difatti troviamo notevoli contraddizioni in molte pubblicazioni
agiografiche resistenziali. Nelle storie locali riguardanti espressamente il
nostro territorio viene, ad esempio, riportata come fonte attendibile(16) il
dato sulla situazione regionale al 13 Dicembre 1943 che dava per l'Emilia e
Romagna un totale di 17.248 giovani tra volontari e reclute presentatisi ai
Comandi del nuovo esercito repubblicano. Contemporaneamente nello stesso testo
è tacciato di falso l'autore della grandiosa opera pubblicata su quel periodo:
"Storia della guerra civile", Giorgio Pisanò il quale sottolinea
l'alta percentuale di iscritti al PFR in tutte le Provincie emiliane.(17)
"In mezzo alle menzogne ed ai
falsi...il neo fascista Pisanò avanza per Modena una notizia esatta, in altre
parole la partecipazione del fascismo giovanile alla Rsi e l'assenteismo di
molti vecchi fascisti."(17bis)
Lo stesso autore resistenziale cita inoltre molti altri storici
partigiani locali, i quali affermano che quella chiamata non aveva dato
risultati disastrosi per la RSI.
Si cerca poi, di fare un distinguo tra coloro che si presentarono nelle
file della Milizia e dell'esercito repubblicano e quelli reclutati dai tedeschi
"per amore o per forza", precisando che certamente 70-80 mila uomini
furono quelli che si presentarono spontaneamente, mentre altri 40-50 mila erano
appunto stati reclutati forzatamente.
Su 180.000 chiamati nel Nord Italia, se ne presentarono 120-130 mila, ma
non può essere presa completamente, per buona, la percentuale riportata
dall'autore resistenziale, in quanto, a quel 13 Dicembre 1943, mancavano i dati
di molte provincie quali: Como, Mantova, Arezzo, Pisa e Livorno. Sempre nel
testo dal quale sono stati desunti i dati che andiamo citando, per quanto
riguarda la Provincia di Modena si confessa di non aver nessun dato organico per
il territorio modenese; in compenso si dà per scontata la completa risposta
delle reclute in quel di Mirandola e San Felice mentre si precisa che nel
carpigiano ci sarebbero stati 130 renitenti e 65 tra Monfestino e Serramazzoni.(18)
Si può dunque dire, in tutta certezza, ed è un dato ormai storicamente
provato, che fu la maggioranza dei giovani a aderire al nuovo esercito
repubblicano, mentre è altrettanto storicamente provato che furono ben pochi
quelli che si diedero alla macchia per iniziare la carriera di partigiani.
Moltissimi tra coloro che in quel periodo si nascosero e non si presentarono
alle varie chiamate non risposero, né alle sirene fasciste né a quelle
antifasciste, cercando semplicemente di far trascorrere il tempo nella speranza
che gli avvenimenti precipitassero rapidamente, per poi uscire allo scoperto al
momento in cui si poteva giocare la carta vincente.
Resta inoltre sempre da stabilire, con obbiettività, il numero di coloro
che in quel periodo iniziale si diedero all'attività partigiana: come è
sottolineato nel testo resistenziale dal quale abbiamo avuto questi dati, la
legge partigiana prevedeva, per il riconoscimento di quella qualifica, la
partecipazione ad almeno tre azioni armate.
Nella Provincia di Modena al 31 Dicembre 1943 i partigiani sarebbero
stati 1299 (precisamente 1169 partigiani più 130 patrioti).(19)
E' abbastanza semplice rilevare che se queste milletrecento persone
avessero tutte partecipato ad almeno tre azioni armate, la lotta partigiana in
provincia di Modena, avrebbe assunto, in quel primo periodo, ben altra
dimensione. Tutto questo in netto contrasto rispetto a quello che è possibile
rilevare dalle fonti antifasciste che, tutte, concordano nel limitare l'attività
clandestina a pochissime azioni.
Sempre a questo proposito e tenendo conto che il PC era pur sempre il
Partito meglio organizzato e più impegnato di tutto il CLN, lo stesso autore
del testo sopracitato, non si può nascondere, in contraddizione con certe
valutazioni apologetiche che si trovano nella maggioranza dei testi che trattano
della resistenza, la difficoltà di penetrazione di tale attività nei vari
strati della popolazione sia in città sia nelle campagne. Non può inoltre
trascurare, quanto gran parte della pubblicistica e della saggistica,
specialmente quella relativa alle nostre zone, abbondi di iperboliche
narrazioni, di retorica e di autoesaltazione.
"E' anzi necessario
sottolineare immediatamente che il processo di militarizzazione del partito
comunista fù estremamente rapido, quello di utilizzazione delle strutture
armate in azioni contro uomini fù lento, controverso e diede adito ad uno
scontro generazionale, in un primo tempo a successivi cambiamenti dei quadri
dirigenti, militari e politici, poi fino a giungere, negli ultimi giorni del
Dicembre '43 alla sostituzione dello stesso segretario di federazione."(20)
Viene inoltre così commentato questo passo, in una nota in proposito:
"La leggenda di grosse azioni
a Modena sin dall'autunno 1943 che trovò largo spazio nelle prime pubblicazioni
della resistenza, continuano purtroppo ad inficiare anche recenti (e del resto
ottime) pubblicazioni come: "La lotta armata" di L. Bergonzini."
Ancora: in un rapporto al "centro del partito" (comunista) un
capo partigiano, citato dallo stesso autore, rilevava che al 16 Dicembre 1943,
la situazione era la seguente:
"pur
essendo nelle quattro Provincie ( Modena, Parma, Reggio, Piacenza )
l'organizzazione ancora in via di sviluppo ne risultava comunque un
"partito poco legato alle masse" nei confronti delle quali a volte vie
era "debole fiducia".
Questo era certamente uno degli elementi che causava "una notevole
pesantezza nel prendere tempestivamente certe iniziative" altro elemento di
freno era l'attesismo che annebbia ancora il cervello di molti" forse anche
per la paura di lasciarci la pelle".(21)
LE FORZE ARMATE DELLA RSI NEL
MODENESE
Come abbiamo potuto vedere, subito dopo l'8 Settembre, i fascisti
modenesi riprendono velocemente i loro posti; si organizzano in modo da
tamponare la tracotanza tedesca e, man mano che l'apparato governativo della
nuova repubblica comincia a funzionare, un sempre maggior numero di uomini si
arruola nel nuovo esercito e nelle strutture parallele.
Il fascismo repubblicano modenese è uno dei primi del Nord Italia a
rinascere dalle ceneri dell'incredibile periodo badogliano e, a farne parte
saranno, nella maggioranza, giovani ed idealisti che vedevano nel nuovo
Mussolini riscoprirsi quegli ideali che durante il ventennio si erano in parte
affievoliti o che, per cause contingenti e per il bene supremo della Nazione, si
erano dovuti momentaneamente accantonare.
I corpi militari a Modena, durante il periodo della Repubblica Sociale
Italiana, erano organizzati nelle varie strutture che, sinteticamente, andremo
ad esaminare una per una:
COMANDO MILITARE PROVINCIALE.
Il 3 Novembre 1943 si costituisce a Modena il 42°
Comando Militare Provinciale; era alle dirette dipendenze del 202°
Comando Militare Regionale e portava il n. 797 di posta da campo. Il Comando fu
tenuto, inizialmente, dal Colonnello Costantino Rossi, sostituito in seguito dal
Colonnello Antonio Petti.
Il 47°
Distretto Militare, che aveva sede nella Caserma "Fanti" in Via
Saragozza, sopravvisse, senza soluzione di continuità ai fatti dell'8
Settembre.(22)
SCUOLA ALLIEVI UFFICIALI DELLA
GNR
Nel mese di Febbraio del 1944 è costituita la Scuola Allievi Ufficiali,
presso la Caserma: "Ciro Menotti". I giovani allievi ufficiali, che
provenivano dai Comandi Provinciali delle GNR della Lombardia, della Toscana e
del Veneto, raggiunsero il numero di 550 effettivi: al comando di questa Scuola
venne posto inizialmente il Colonnello, Ignazio Battaglia sino al 25 Agosto 1944
e, successivamente il Tenente Colonnello, Chiavellato.(23
Ebbe varie dislocazioni: iniziale a Modena, poi a Mirandola, Velo d'Astico
(Vi) e Bellano.(Como) Il 4 Novembre 1944 venne sciolta.
Oltre ai Comandanti citati, la Scuola Allievi Ufficiali di Modena aveva
la seguente struttura:
Vice Comandante: Ten. Col. Sbrozzi Dino; Aiutante maggiore: Maggiore Alberto Perfetti, nato
a Rovito (Cs) il 20.8.1901,
Ufficiale Cappellano: Don Gino Marchesini.
Ufficiale dei materiali: Capitano Conti;
Ufficiale medico: Ten. Capizzi;
Ufficiale pagatore: S. Ten. Carra Francesco;
Ufficiale al vettovagliamento: Capitano Carta e Capitano Borelli Tommaso;
L'Ufficio Studi della Scuola era così composto:
Maggiore Cova Orazio, Capo Ufficio;
addetto ai regolamenti, Capitano Anglana;
Logistica: Cap. Conti:
addetto ai collegamenti: Capitano, Orsolini;
Ufficio Topografia: S. Tenente Garibotti;
Ufficio Educazione Fisica: Ten. Laschi Dario;
plotone esploratori: Ten. Licita Bruno;
il battaglione allievi ha avuto come comandanti il Maggiore, Cova Orazio
ed il Maggiore Ciaramidaro.
Alle quattro compagnie allievi erano addetti i seguenti Ufficiali:
1°
Compagnia: Maggiore Ciaramidaro poi Capitano Lauro Anglana;
2°
Compagnia: Capitano Langella Alfio; Ufficiali, Ten. Della Longa, Scacchiotti
Giuseppe e Di Nunno Vincenzo;
3°
Compagnia: Ufficiali: Langella Alfio, poi Romiti Romeo, S. Ten: Cianetti e
Lorenzi;
4°
Compagnia: Ufficiali: Orsolini Carlo e S. Ten. Romiti Romeo.(24)
Gli allievi della Scuola di Modena, presero parte a parecchi scontri con
i partigiani, dalla Primavera 1944, sia sul nostro Appennino sia nella zona del
Comasco, dove, a Bellano, era stata trasferita.
Subirono parecchie perdite nel 2°
bombardamento aereo sulla città di Modena, in quanto alcune bombe colpirono la
caserma Ciro Menotti. Molti Allievi ufficiali vennero uccisi in molte imboscate
ed agguati tesi loro dai partigiani.
GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA
A Modena ebbe sede il 633°
Comando Provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana, già 72°
Legione "Farini". Comandante fu il Colonnello Antonio Petti, che venne
fucilato al termine della guerra.(25)
L'organico del 633°
Comando della Gnr era così composto:
Vice Comandante: Ten. Col. Sartorelli Arturo;
aiutante maggiore: Niccolai;
Dirigente del Servizio sanitario: Ten. Col. medico: Giunta Dott. G;
Il battaglione territoriale era al Comando del Maggiore Arturo Mori.
I distaccamenti della GNR nella Provincia di Modena erano dislocati nelle
seguenti località:
Carpi, Castelfranco Emilia, Cavezzo, Lama Mocogno, Maranello, Mirandola,
Pavullo, Sassuolo, Spilamberto e Vignola.
Al Comando della 633°
compagnia OP,(26) era il Capitano Piva Bruno che aveva come sottufficiali il S.
Ten. Legitimo Marcello e il S. Ten. Virgili.
Moltissimi furono i militi e gli Ufficiali della GNR che vennero uccisi
dai partigiani in agguati ed imboscate, oltre a tantissimi trucidati al termine
della guerra.
BRIGATE NERE
Nel Giugno 1944, in seguito alla deteriorata situazione sul fronte
interno e in seguito all'entrata in Roma delle truppe angloamericane, oltre
all'intensificarsi dell'attività partigiana, con i continui agguati ed
uccisioni di tedeschi e fascisti, Mussolini, con decreto legislativo, promulgò
la trasformazione politico-militare del Partito Fascista Repubblicano, in
organismo di tipo militare, costituendo il Corpo Ausiliario delle Squadre
d'Azione delle Camicie Nere, chiamate in un secondo tempo, "Brigate
Nere".
A Modena si costituì il XXVI°
Reparto della Brigata Nera al quale venne imposto il nome di uno squadrista
modenese ucciso a Zocca pochi giorni prima dai partigiani: "M.
Pistoni".(27)
Alla Brigata Nera modenese è stata addossata, dalla propaganda
antifascista, ogni tipo d'infamia. Con il gioco delle parole e della
deformazione dei fatti, oltre al martellante ed asfissiante lavaggio del
cervello, nell'opinione pubblica è stata creata l'equazione: Brigata Nera =
criminali.
E' ora di sfatare anche questa leggenda e per far questo sarebbe
sufficiente ricordare le innumerevoli vittime che, sia durante i 600 giorni, sia
al termine della guerra, sono state immolate dal moloc comunista nella ricerca,
assurda, di eliminare ogni traccia di fascismo con i metodi più abbietti e
crudeli.
I militi della Brigata Nera, sorta con il compito di proteggere le
popolazioni civili dalle "bande" partigiane, si trovarono
continuamente esposte a innumerevoli attentati tesi loro con la ben nota tecnica
comunista del "colpire e fuggire", che tanti lutti ha provocato tra le
truppe tedesche e fasciste oltre che sulla popolazione civile, coinvolta in
molti casi nelle rappresaglie e in molti casi innocente.
Militi delle "brigate nere" erano tutti coloro che, dai 18 ai
60 anni, alla data del 1°
Luglio 1944, erano iscritti al Partito Fascista Repubblicano. Tra loro vi erano
vecchi squadristi e giovanissimi idealisti, entrambi ebbero il coraggio di
arrivare sino all'olocausto, indossando quella camicia nera nella quale avevano
fortemente creduto, come tanti altri prima, ma che però furbescamente, al
momento del crollo ebbero la faccia tosta di "saltare il fosso" con
estrema disinvoltura, salvando la pelle o evitando tutte le conseguenze, quali
campi di concentramento, epurazioni e vessazioni di ogni genere alle quali
furono sottoposti i sopravvissuti.
Ma questi combattenti, che erano regolarmente inquadrati e che si sono
sempre esposti ad ogni sorta di pericolo, erano i primi ad accorrere in soccorso
delle popolazioni quando queste ne avevano necessità, vessate come erano dai
continui bombardamenti e dai micidiali mitragliamenti degli anglo-americani,
oltre che dalle scorribande ed ai "prelevamenti" dei partigiani. La
brigata nera non ha più colpe, se di colpe in alcuni casi si può parlare, di
quante ne abbiano potute avere le altre formazioni dell'esercito repubblicano.
I militi della brigata nera erano i più esposti alla rappresaglia dei
partigiani, e da questi i più odiati, in quanto rappresentavano la parte più
intransigente, ma anche più schiettamente popolare, del nuovo fascismo
repubblicano. In tutta la Provincia di Modena furono continuamente bersagliati
dagli attentati dei "ribelli" ed ebbero il maggior numero di trucidati
nel periodo successivo al 25 Aprile.
La Brigata Nera "M. Pistoni", era costituita dal 1°
e dal 2°
Battaglione; ogni battaglione era a sua volta suddiviso in tre compagnie. Ne
furono comandanti: sino all'Ottobre 1944, Solmi Gian Paolo, poi, sino alla fine,
Tarabini Giovanni.(28)
COMANDO RECLUTAMENTO "SS
ITALIANE"
Il Comando dell'Ufficio reclutamento delle SS italiane era situato a
Modena, in un primo tempo presso la Caserma Garibaldi, poi venne trasferito in
Via Gaetano Tavoni 40.
Comandante era il Capitano Giacomo Sacchi, coadiutori il caporal maggiore
Aldo Vandelli ed il soldato Gualtiero Demenego.(29)
LE FORZE ARMATE DELLA
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA RIFERITE A TUTTO IL TERRITORIO
Il totale delle forze che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana, su
tutto il territorio Nazionale fu di oltre 800.000 unità. Erano così suddivisi:
ESERCITO
- Stato Maggiore dell'Esercito.
- 1°
Divisione: Bersaglieri, "Italia".
- 2°
Divisione: Fanteria, "Littorio".
- 3°
Divisione: Fanteria di Marina: "San Marco"
- 4°
Divisione: Alpina: "Monterosa".
Unità’NON INDIVISIONATE:
- Raggruppamento, "Cacciatori degli Appennini".
- Raggruppamento, "Reparti antipartigiani"
- Reparti autonomi bersaglieri : - 3°
Regg. Bersaglieri Volontari.
- Regg. to Bersag. Volontari, "L. Manara"
TOTALE 405.000 uomini
GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA
- Comando
- Ispettorati Regionali e Provinciali
- Reparti Operativi:
- Guardia del Duce.
- Granatieri.
- Reparti d'assalto, reparti carro, reparti paracadutisti
reparti controcarro, reparti autonomi.
- G.N.R. : Confinaria, Costiera, Ferroviaria, Postelegrafonica,
Forestale, Portuale, Stradale.
- Scuole Allievi Ufficiali.
TOTALE 150.000 uomini
DECIMA MAS
- Comando
- Attività navali, terrestri, servizio ausiliario.
- Reparti operativi:
- Fanteria di marina, reparti speciali, reparti artiglieria,
genio, guastatori, bersaglieri.
TOTALE 25.000 uomini
MARINA REPUBBLICANA
- Stato Maggiore
- Fanteria di Marina
- Flotta da guerra: tonnellate complessive. 469.082.
Hanno effettuato azioni di guerra:
- 2 Incrociatori - 8 Cacciatorpediniere - 28 Torpediniere - 31
Sommergibili - 26 Corvette - 7 Mas - 4 Vedette antisommergibili - 2
Motosiluranti - 3 Posamine - 12 Dragamine - 11 navi ausiliarie - 9 Trasporti -
46 Rimorchiatori - 12 Cisterne
TOTALE 26.000 uomini
AEREONAUTICA REPUBBLICANA
- Stato Maggiore
- Officine, magazzini.
Reparti operativi:
- Caccia - Bombardamento (non operanti) - Aerosiluranti - Trasporti -
Artiglieria contraerea - reparti arditi paracadutisti, battaglioni anti
paracadutisti.
TOTALE 79.000 uomini
BRIGATE NERE
- Comando
- BB.NN. mobili
- 39 Raggruppamenti di Brigate Nere territoriali.
TOTALE 110.000 uomini
LEGIONE AUTONOMA "E.
MUTI"
- Comando
- Reparti vari
TOTALE 3.500 uomini
SERVIZIO AUSILIARIO FEMMINILE
- Comando
- Comandi Provinciali
- Scuole e corsi speciali in numero di 6.
TOTALE 5.500 donne
FIAMME BIANCHE
- Reparti giovanissimi per l'assistenza alla popolazione
TOTALE
5.000 ragazzi
Totale generale, tra Ufficiali e soldati :
809.000(30)
NOTE
1 cfr. G. Pisanò:
"Gli Ultimi in grigioverde"
2 a 9 ibidem pagg. 1821, 1815, 1748, Vol. 3°;
pag. 1189 Vol. 2°.
10 cfr. Aldo
Lualdi: "Morire a Salò" . La storia della uccisione dei due attori:
cosi riferisce questo autore in merito alla responsabilità di Sandro Pertini,
ex Presidente della Repubblica, e capo partigiano, in merito alla fucilazione
dei due famosi attori:
"...Nò niente indagini: Valenti è un Ufficiale della Decima Mas,
la famigerata formazione messa in piedi dal principe "nero" Junio
Valerio Borghese. Ne sono stati massacrati dei partigiani dai marò della
Decima. La popolarità dei due attori è stata messa al servizio degli aguzzini:
tutto il resto è dettaglio che perde d'importanza; in definitiva: fucilazione.
Sandro Pertini non vuole neanche più discutere il caso.."
11 cfr. svariate
pubblicazione della storiografia antifascista nel modenese, in particolare: L.
Casali: "La resistenza a Modena".
12 cfr. i dati
riportati in questo stesso capitolo.
13 Il 25 Ottobre 1943,
il Governo del Reich ordinò il ritiro dei marchi di occupazione che erano stati
messi in circolazione in Italia dopo l'8 Settembre, prima che venisse liberato
Mussolini e prima della costituzione della RSI.
14 cfr. Numerose
pubblicazioni, con riferimento alla bibliografia al termine del volume.
15 cfr. W. Deakin:
"I seicento giorni di Salò". L'autore, nel sottolineare la vasta
partecipazione dei giovani alla chiamata del nuovo esercito repubblicano dice
testualmente che: "i giovani risposero quasi al completo in Emilia".
16 cfr. L. Casali, op.
cit. pag. 188
17 cfr. G. Pisanò:
"Storia della guerra civile"
17bis cfr. L. Casali, op. cit. pag. 182
18 ibidem
19 ibidem pag. 330
20 ibidem pag. 294
21 ibidem pag. 308
22 cfr. G. Pisanò op.
cit.
23 ibidem
24 ibidem
25 ibidem
26 ibidem
27 Il milite Mirko Pistoni venne ucciso dai partigiani a Zocca, il 21
Giugno 1944, (vedi nella cronaca) assieme ad altri cinque fascisti.
28 cfr. vari numeri
della Gazzetta dell'Emilia di quel periodo.
29 cfr. R. Lazzero:
"Le SS Italiane" pag. 60
30 cfr. G. Pisanò:
"Gli ultimi in grigioverde". Dal sito: www.italia-rsi.org
Il Mese di Marzo del 1944 in Provincia di Modena La Storia della Guerra civile completa nel sito: http://xoomer.virgilio.it/fratricidio MERCOLEDI 1 MARZO 1944 Alla riunione del Direttorio del Partito Fascista Repubblicano, il
Segretario Alessandro Pavolini, illustra la relazione sull'attività svolta dal
Partito dalla sua costituzione sino a questo giorno; sono iscritti al PFR,
487.000 persone. GIOVEDI 2 MARZO 1944 Si fanno sempre più numerose le azioni delle formazioni
partigiane nei riguardi dei civili nelle zone dell’Appennino modenese; a
Rocchetta Sandri, frazione di Sestola, una banda armata composta da parecchie
persone, fa irruzione nell'abitazione di certa Mariangela Capra che è obbligata
a versare oggetti preziosi, indumenti, generi alimentari e utensili da cucina
per un valore complessivo di circa centomila lire; si fecero consegnare anche
tremila lire in contanti. Imponevano poi alla derubata il silenzio sull'avvenuto
furto.(1) A Montese, rimaneva vittima della violenza il ventunenne: CASOLARI
BRUNO.(2) VENERDI 3 MARZO 1944 A Carpi, in un agguato tesogli da un ciclista, era ucciso a colpi
di rivoltella, mentre rientrava alla sua abitazione, il brigadiere della GNR di
trentasette anni: TERNELLI
ALDO.(3) Così il quotidiano locale dava la notizia di questa imboscata
partigiana: "Venerdì
sera, circa le 21,30 a Carpi, il brigadiere dei Carabinieri di quella sezione
della GNR, Aldo Ternelli di Clelio di anni 37 nel recarsi in bicicletta dal suo
domicilio in caserma veniva ucciso con tre colpi di pistola sparatigli da uno
sconosciuto. Nei pressi del
cadavere si rinveniva un ordigno inesploso. Si ritiene, con ragione che il
sottufficiale incontrato l'individuo avente seco l'ordigno abbia a lui intimato
il fermo, ma mentre frenava la bicicletta veniva ucciso nel momento in cui stava
per estrarre la rivoltella. Il sottufficiale lascia la moglie ed un figlio di 4
anni."(4) Con decreto del Capo della Provincia, si pongono le premesse per
l'attuazione della socializzazione anche nel mondo dell'agricoltura; viene
pertanto posto fine alla terzeria, che rimaneva una forma antiquata nella
conduzione del lavoro agricolo. In montagna le formazioni partigiane comandate da G. Barbolini,
attaccano la Casa del Fascio di Piandelagotti,(5) ma ne vengono respinti dai
pochi uomini in borghese che vi si erano asserragliati. SABATO 4 MARZO 1944 All'Ospedale Militare di Modena muore, in seguito alle ferite
riportate in un attentato partigiano dei giorni scorsi, l'allievo ufficiale
della GNR: BUREI
RICCARDO(6) A Fiumalbo viene nominato il nuovo Commissario Prefettizio nella persona
di Valentino Giambi che sostituiva il Podestà Mario Morelli. DOMENICA 5 MARZO 1944 Un ordigno esplosivo viene fatto esplodere alla base dell’arcata
destra della porta d'ingresso della cabina elettrica delle Aziende
Municipalizzate in Via Cesare Costa. Non si dovettero lamentare nè vittime nè
feriti, tantomeno interruzioni di energia elettrica.(7) LUNEDI 6 MARZO 1944 Elementi partigiani effettuano un attentato contro il Colonnello
Raffaele Gasperi nella sua abitazione di San Donnino della Nizzola; un potente
ordigno esplosivo venne posto sul davanzale della finestra della camera da
letto, il Colonnello e la moglie rimasero seriamente feriti.(8) MARTEDI 7 MARZO 1944 Gli interventi innovativi della RSI cominciano a diventare
operativi nei vari settori del mondo del lavoro. In questa data, con un
comunicato dell'Ufficio stampa della Prefettura Repubblicana, veniva comunicata
la notizia del passaggio all’organizzazione dei lavoratori dell'Industria,
delle aziende industriali dello Stato. Questo il comunicato: "Il
Capo della Provincia, in attesa dell'entrata in vigore del nuovo ordinamento
sindacale ha disposto che la rappresentanza delle maestranze dipendenti dalle
aziende industriali di stato sia senz'altro assunta dall' Unione Provinciale dei
lavoratori dell'industria."(9) MERCOLEDI 8 MARZO I944 La situazione nella Valle del Secchia, che da ormai troppo tempo
era diventata insostenibile a causa delle continue aggressioni a militari e
civili, i continui furti ad abitazioni private ed ammassi del grano, gli
innumerevoli attacchi ai piccoli presidi fascisti e della GNR, da parte dei
partigiani che si erano raggruppati in queste zone (causa principale le armi
abbandonate dai cadetti dell'Accademia Militare allo sbando dell'8 Settembre),
destava serie preoccupazioni nei Comandi fascisti locali e in quello
Provinciale. La prima mossa, per cercare di attenuare e di rintuzzare questa continua
pressione partigiana fu quella di rinforzare i presidi locali, per poi
indirizzare, le forze colà dislocate, in una vasta azione di rastrellamento per
cercare di eliminare il fenomeno del ribellismo concentratosi in quella vallata. Vennero inoltre istituiti nuovi presidi a Gombola e a Palagano. In quest'ultima località, arrivò un reparto della GNR di circa un
centinaio di uomini al Comando del Capitano Mori e del S. Ten. Antonio Izzo. In
un primo rastrellamento di quel centro vi fu uno scambio di fucileria con i
partigiani nascosti nelle montagne circostanti e due di questi, scoperti mentre
tentavano di fuggire, vennero immediatamente passati per le armi.(10) "I
due risultavano renitenti e per di più furono trovati in possesso di alcune
bombe a mano. Vennero perciò immediatamente condannati alla fucilazione, sulla
base dell' art. 1 del decreto mussoliniano del 18 Febbraio."(11) GIOVEDI 9 MARZO 1944 Un piccolo reparto di militi della GNR, comandato dal S. Ten. Izzo,
mentre si stava spostando da Lama a Palagano, viene attaccato da reparti
partigiani che, bloccato l'autocarro ed incendiatolo, eliminarono i militi
fascisti dandosi immediatamente alla macchia. Vennero uccisi: il sergente della GNR di ventuno anni: ABBORRETTI
MASSIMILIANO;(12) i
militi della GNR: GAIBA
MARIO,(13) PONZONI PAOLO,(14) BARBIERI
FEDERICO,(15) TOSATTI
FEDERICO(16), CORONA
EMANUELE(17, e
l'allievo Ufficiale dei Bersaglieri: GERLI
GIAN BATTISTA(18). In un successivo attacco portato dai partigiani ad un autocarro dove
assieme ai militi fascisti erano dei civili e dei prigionieri partigiani, tra i
quali Don Sante Bartolai, venne ucciso l'ufficiale postale di Palagano, padre di
quattro figli: RIOLI
GIUSEPPE.(18bis) Sempre nella zona, a Polinago resta ucciso il soldato del 47° DMP: SECCHI CORRADO(18tris) Molte pubblicazioni della storiografia resistenziale descrivono questo
fatto e portano parecchie testimonianze(19); da parte fascista resta questo
documento, che riportiamo integralmente, a firma del S. Tenente, Izzo: "Relazione
sul fatto d'arme in cui trovarono la morte il Serg. Abborretti e i suoi
compagni. Il
mattino del 9 Marzo 1944, verso le ore 8, giungeva a Palagano il Centurione
Penso con una sessantina di legionari, montati su due corriere, per proseguire
poi, alle 8,30 per Boccasuolo, dove dovevano compiere un azione contro un forte
nucleo di sbandati. Alle
ore 14, provenienti da Boccasuolo, arrivarono le due corriere suddette che, con
la scorta di un solo legionario armato di moschetto e montato sulla prima
corriera, recavano a Montefiorino gli zaini dei legionari impegnati nell'azione. Verso
le 14,45 una telefonata dal Comando del Presidio di Montefiorino, mi avvertiva
che, a 4Km circa da Palagano, sulla strada che porta a Savoniero, si vedevano
due macchine in fiamme. Dato
che il telefonare al mio Comandante diretto, Ten. Soriani, distaccato a Lama
Mocogno, avrebbe richiesto troppo tempo e non ero sicuro che il fonogramma
arrivasse a destinazione, chiesi ordini in proposito a Montefiorino. Alle
ore 15, Montefiorino mi ripetè che sulla strada di Savoniero si vedevano due
automezzi bruciare e mi disse di inviare, al più presto, qualcuno sul posto per
constatare l'accaduto. Non
avevo alcun mezzo a disposizione per arrivare al più presto possibile sul luogo
indicato. Per
cui, quando alle 15,08, giunse da Lama Mocogno l'autocarro della GNR che recava
gli zaini dei mitraglieri aggregati al mio plotone, autocarro scortato dal serg.
Abborretti con 9 suoi mitraglieri. armati di una mitragliatrice Breda 37, un
mitra, moschetti e bombe a mano, ordinai di scaricare in fretta gli zaini e di
proseguire sulla strada per Savoniero, per accertarsi dei motivi che potevano
aver provocato l'incendio dei due automezzi. Raccomandai inoltre al Serg.
Abborretti di usare molta attenzione perché a mio giudizio, si trattava
certamente delle due corriere incendiate da qualche gruppo di ribelli che
probabilmente si trovavano ancora sul posto. Il Serg. Abborretti ed i suoi
uomini dimostrarono di aver compreso il compito loro assegnato. Dopo
dieci minuti circa dalla partenza dell'autocarro da Palagano, echeggiarono delle
raffiche di mitragliatrice provenienti da Savoniero. Ero
all'oscuro di quello che effettivamente poteva essere accaduto, quando alle ore
15,35, mi telefonarono che si vedeva in fiamme un terzo automezzo. Pensai subito
che fosse quello che trasportava Abborretti ed i suoi uomini. Provvidi ad
inviare altri 7 uomini, con un fucile mitragliatore servendomi di un camioncino,
requisito nel frattempo in paese, ma detto camioncino, a due chilometri circa da
Palagano, si fermò per mancanza di benzina. Gli uomini, al comando del Sergente
Silingardi, rientrarono a piedi. Decisi di partire io personalmente con detti
uomini, ma a due chilometri circa da Palagano, incontrai il granatiere Longari,
che ritornava da Montefiorino dove si era recato al mattino, autorizzato da mè
per prendere i suoi indumenti civili. Costui mi disse che le forze dei ribelli
erano preponderanti, per cui ritenni opportuno ritornare indietro e chiedere
rinforzi. Intanto mi accorsi che il bersagliere Gerli e gli alpini Grosoli e
Ferrari, a mia insaputa, avevano raggiunto il luogo dell'imboscata
sull'autocarro del Sergente Abborretti. I
rinforzi arrivarono alle ore 20,30, cinque minuti dopo che i ribelli avevano
iniziato il loro attacco contro il Presidio di Palagano, attacco che fu in breve
respinto. I
rinforzi costituiti da una parte del Plotone Armi di accompagnamento con due
mortai e da quindici agenti della questura col Cap. Mori e il S.Ten. Corradini,
non poterono recarsi sul posto, sia per l'attacco in corso sia per le tenebre
sopraggiunte da un pezzo e per l'ignoranza circa la conformazione del terreno.
Al mattino seguente 10 Marzo, il mio plotone rinforzato dal plotone del S.Ten.
Finucci, arrivato alle ore 10 e dai quindici agenti della questura con il Cap.
Mori, si recò sul posto. Rinvenimmo colà le salme del Serg. Abboretti, del
Bersagliere Gerli, del granatiere Gaiba e del legionario Ponzoni Paolo autista
dell'autocarro. I particolari sullo svolgimento dell'imboscata possono fornirli
il granatiere Murino, il granatiere Raimondi, o il cap. magg. Simonini, scampati
all'eccidio o qualcuno dei feriti degenti all'ospedale.
F.to s.Ten. Antonio Izzo(20) VENERDI 10 MARZO 1944 Per un incidente stradale, non meglio precisato, muore il milite
della GNR di San Prospero: MONTANARI MANFREDO.(21) Sulla mancata manifestazione di forza e di preparazione all'insurrezione
antifascista, organizzata dal CLN clandestino attraverso una serie di scioperi
nell'Italia del Nord, così scrisse Mussolini nella "Corrispondenza
Repubblicana " n.41, pubblicata in questo giorno sul quotidiano locale, dal
titolo: "Un metodo uno stile": “I
Biografi attribuiscono al Principe Ottone
di Bismark una frase di questo genere: -" Non si dicono mai tante bugie
come prima di un elezione, come durante la guerra, come dopo la caccia." -
Non vi è uomo che, nel cerchio stesso delle sue personali esperienze, non possa
confermare l'opinione del grande prussiano il quale dimostrava di possedere, fra
le molte altre virtù anche una precisa conoscenza dei suoi contemporanei. Il
candidato che nell'epoca malfamata dei ludi cartacei si presentava al
"colto e all'inclita" era costretto a mentire poichè doveva
promettere mari e monti onde carpire i suffragi dell'ingenuo armento elettorale.
Dopo una caccia, il fedele di S. Uberto, racconta strabilianti avventure, specie
se torna col carniere vuoto. Durante
una guerra poi, le bugie anche sotto la forma attenuata della reticenza sono un
fatto che accompagna le operazioni belliche, come le "impedimenta".
Deve essere stato sempre così. Un proverbio milanese dice infatti: - Tempo di
guerra più balle che terra. - Nella conflagrazione attuale, l'esercizio della
bugia ha raggiunto vette sino ad oggi impensabili, giovandosi per la
propagazione, degli strumenti che la scienza moderna ha messo a disposizione dei
mentitori, i quali per coprire il loro inverecondo rossore, chiamano tutto ciò
propaganda e guerra dei nervi. Nessun uomo raziocinante può sollevare dubbi
quando si afferma che in fatto di bugia gli anglosassoni hanno perduto anche
quell'ultimo residuo di pudore che autentici criminali di razza conservano
ancora. Londra
ha battuto qualsiasi primato passato e, forse futuro. Parafrasando Giordano
Bruno con una leggera modificazione si può dire che quello di Londra è
"lo spaccio della menzogna trionfante". Cioè è la menzogna che
trionfa, apertamente, su tutte le altre considerazioni, ma non sulla verità
perchè, la verità è invincibile e finisce, alla lunga, per illuminare gli
uomini e il mondo. Qualcuno
potrebbe a questo punto domandarsi senza ironia: che gli angloamericani siano
dei mentitori ammettiamo; ma - posti in riga gli uni e gli altri - chi è in
grado di scagliare la prima pietra? Rispondono
i fatti. E' cronaca di ieri. I gruppi e gruppetti clandestini italiani al soldo
delle centrali nemiche e manovrati dai bolscevichi hanno nei giorni scorsi
cercato di provocare uno sciopero generale, che da "bianco" doveva
diventare "rosso", da "pacifico" "insurrezzionale"
e doveva impegnare tutto il cosidetto proletariato italiano. Le
cose sono andate in modo completamente diverso. Le radio nemiche hanno diffuso
bugie su bugie, invenzioni su invenzioni, ma stà di fatto che lo sciopero
stesso è stato un fiasco solennissimo e, potrebbe dirsi decisivo. Un comunicato
del Ministero dell'Interno ha ristabilito la realtà della situazione, con una
precisione di dati che non può non avere favorevolmente impressionato il
pubblico italiano, mentre ha sgonfiato le vesciche della propaganda nemica. Si
poteva tacere. No. Si doveva edulcorare la verità? Nemmeno. Questo è il nostro
stile. Ne consegue che non sei milioni di operai hanno scioperato, ma appena
208.000 il chè prova che le masse se ne sono infischiate degli ordini ricevuti,
ed hanno dimostrato di possedere la coscienza dei doveri dell'ora: che lo
sciopero, soltanto a Milano, è durato quattro giorni e solo in alcuni
stabilimenti mentre in altre località è durato poche ore o addirittura pochi
minuti: che dove i cosidetti scioperanti furono 500, tale cifra fù data, e del
pari non fù nascosto dove furono 100mila. Le
radio nemiche hanno parlato di battaglie, di scontri con carri armati, di
sabotaggio, mentre il comunicato ha detto la verità affermando che nulla di
tutto ciò è avvenuto. Milioni
di cittadini delle diverse città italiane, gli stessi scioperanti ed i loro
capi nel loro intimo, hanno dovuto riconoscere che il comunicato ministeriale
non inventava, ma fotografava gli eventi. No. L'esercizio della bugia sembra, ma
non è redditizio anche se si vuole - e ci ripugna - spostare un problema nel
terreno puramente morale a quello della semplice utilità. Se gli uomini della
Repubblica Sociale Italiana vogliono realizzare una profonda e duratura riforma
del costume e del carattere, devono dire la verità; farne la formula
orientatrice a tutta la vita sindacale e collettiva. Se
voi dite la verità quando è penosa voi sarete creduti quando la verità sarà
lieta. Se voi avete il coraggio di annunciare una disfatta, nessuno solleverà
dubbi quando annunciate una vittoria. La menzogna è uno strumento di
corruzione, la verità un arma per l'educazione dei popoli alla virilità dei
pensieri e delle opere. Qualcuno
potrà infine obbiettare che la "verità" detta in ogni caso può
fornire argomenti alla speculazione nemica. Non lo si esclude. Ma di gran lunga
superiore sarà la speculazione del nemico sulla menzogna. Da qualunque lato si
esamini la questione, anche in rapporto alla contingenza, la nostra tesi è
inevitabile. E' in conseguenza di queste premesse che il Ministero dell' Interno
ha diramato il suo comunicato contenente notizie esatte sul recente tentativo,
con cui i bolscevichi si ripromettevano di porgere un aiuto sostanziale al
nemico. Il quale, ora, sà attraverso inconfutabili dati che tale aiuto è
completamente mancato. Si
può aggiungere che un eventuale ripetizione condurrebbe immancabilmente allo
stesso risultato."(22) SABATO 11 MARZO 1944 A Gaiato di Pavullo, i partigiani, pare componenti delle
"bande" di Armando(23), uccidono il bracciante di ventiquattro anni: LUCCHI
FRANCESCO(24), la
sua salma venne ritrovata sulla strada comunale, in località Borra Niviano. Con
molte probabilità, questo fatto, potrebbe essere collocato al 26 Marzo,
relativamente all'imboscata dove vennero uccisi sei militi fascisti ed un
civile.(vedi) Presso l'Istituto di Cultura fascista di Modena, viene ricordata,
nell'anniversario della morte del grande pensatore del Risorgimento, la figura
di Giuseppe Mazzini. DOMENICA 12 MARZO 1944 Nella zona di Guiglia e precisamente in località Pieve di
Trebbio, reparti tedeschi e fascisti si scontrano con formazioni partigiane
guidate da Leonida Patrignani(25) il quale aveva l'incarico di organizzare i
gruppi ribelli in quelle contrade. Al termine della messa domenicale, il gruppo di partigiani bloccò il
paese impedendo alla gente di rientrare alle proprie case.(26) Dopo poco,
pattuglie di militi della GNR e di tedeschi provenienti da Guiglia, vennero a
contatto con i "ribelli" nei pressi di Casa Fontanazzi, all'inizio del
paese ed ebbe inizio una fitta sparatoria. Due militi: IGNOTI (27), della
GNR di Bologna, rimasero sul terreno, altri due vennero feriti gravemente e
cinque lievemente. I partigiani, in quello scontro, dovettero lamentare otto
caduti.(28) Sull'altro versante dell’Appennino modenese altre bande di
"ribelli" commettono una serie di "prelievi" ( o furti ? ):
a Gubellino di Polinago venivano asportati generi alimentari dall'abitazione di
tale Egidio Turrini, mentre a Ranocchio di Montese veniva svuotata la privativa
di Ada Andreoli.(29) Nella vicina frazione reggiana di Villa Minozzo, Morsiano, un gruppo di
circa trenta partigiani asporta, dall'ammasso granario di quel piccolo centro,
11 q.li di grano e 80 Kg. di scandella, caricando il tutto su 7 muli.(30) Nel centro Italia, la battaglia tra gli schieramenti anglo-americani e
italo-tedeschi infuria sulla testa di ponte di Anzio, mentre perdura una
relativa calma sul fronte di Cassino. LUNEDI 13 MARZO 1944 In seguito a ferite riportate in un incidente mentre era in
servizio di perlustrazione, colpo partito accidentalmente dal fucile del capo
pattuglia, muore l'agente di PS, dipendente della Scuola di Polizia di Sassuolo:
GIULIANI
RODOLFO(31). Sempre all'Ospedale di Sassuolo, muore il milite della GNR di Correggio,
che era rimasto gravemente ferito la notte dell'11 Marzo in uno scontro con i
partigiani all'altezza di Ponte Dolo: VEZZALINI
ALBERTO.(32) Nel capoluogo si sono svolte, in questa giornata, all'interno della
Cattedrale e con grande partecipazione di folla, con la presenza di tutte le
autorità cittadine, le esequie solenni delle vittime fasciste cadute
nell'imboscata di Palagano; ha celebrato la funzione l'Arcivescovo di Modena,
Mons. Cesare Boccoleri. MARTEDI 14 MARZO 1944 I gruppi partigiani delle formazioni "Barbolini", sono
in movimento nella zona della valle del Secchiello e mentre reparti tedeschi e
fascisti sono in perlustrazione sulla strada che porta da Villa Minozzo in Val
d'Asta, una pattuglia si scontra con i primi; non si dovettero lamentare grosse
perdite da entrambe le parti.(33) Nella zona di Palagano, nel frattempo, formazioni partigiane attaccano
una corriera che si recava a Savoniero, con a bordo alcuni operai, per tentare
di recuperare gli automezzi incendiati il giorno 9 e dove rimasero uccisi i
militi della GNR del Sergente Abborretti, nell'imboscata partigiana. Mentre gli
operai stavano lavorando per il recupero dei mezzi, furono investiti da un
lancio di bombe a mano, che li costrinse a fuggire e a mettersi in salvo, mentre
anche il loro mezzo di trasporto, una corriera, veniva incendiata.(34) MERCOLEDI 15 MARZO 1944 I partigiani delle formazioni comandate da Barbolini, dopo le
scorribande nelle valli del Dragone e del Secchiello, si trasferiscono nella
zona di Ligonchio, nel vicino reggiano. In seguito alla serie di attacchi e di
imboscate a pattuglie repubblicane, intervengono anche reparti tedeschi per
cercare di porre un freno alle continue incursioni partigiane. In una piccola frazione, Cerrè Sologno, a metà strada tra Ligonchio e
la Valle del Secchiello, si scontrano, all'improvviso, i ribelli di Barbolini,
con un reparto misto italo-tedesco, composto da militi della 79° Legione della
GNR di Reggio Emilia e soldati tedeschi del Comando militare di Rubiera. Otto
soldati tedeschi e due militi fascisti di Reggio Emilia, caddero in quello
scontro. Anche i partigiani ebbero a subire sette morti.(35) GIOVEDI 16 MARZO 1944 Sul fronte di Nettuno, dove si coprono di gloria i battaglioni della RSI,
Nembo e Barbarigo, muore l'Allievo Ufficiale della GNR, volontario del
Battaglione Barbarigo della X° Flottiglia MAS, nativo di Pievepelego, di
ventitré anni: CORTESI
ENZO(36). I suoi conterranei, negli stessi giorni, si combattevano tra fratelli
sul fronte interno. I partigiani della formazione di Nello, che tanti lutti ha
provocato nella zona di Montefiorino, attaccano una corriera che trasportava una
decina di militi che dalla Santona andavano in soccorso del presidio
repubblicano di Palagano, all'altezza di Molino del Grillo. Di fronte all'improvvisa imboscata partigiana, i militi, anche in
rapporto alle preponderanti forze avversarie, dovettero arrendersi. Vennero
immediatamente uccisi, con un colpo alla nuca(37), il Tenente: FINUCCI
GIUSEPPE(38), e
il caporal maggiore: MASI
GIUSEPPE(39). Uguale sorte toccò al soldato: MUZZARELLI
GEREMIA(40), la corriera, e fu la terza nel giro di pochi giorni, venne data alle
fiamme. Tutta la zona è sotto pressione per le continue imboscate partigiane.
Un ulteriore attacco contro un reparto di soldati tedeschi e di militi della GNR
venne portato sulla strada di Monchio alle 11. "Verso
le ore 11 del 16 Marzo si spinsero sulla strada di Monchio alcuni autocarri
militari, che giunti a circa un chilometro dall'abitato di Lama di Monchio, in
località chiamata Croce di Cappello, dovettero fermarsi.......Dagli automezzi
furono scaricate armi e munizioni e una lunga fila di soldati germanici e
italiani, preceduti da un sidecar che avanzava a fatica, si avviò in direzione
di Monchio. A Lama gli ufficiali che comandavano i soldati dell'esercito
repubblicano, giunti forse da Palagano, ebbero brevi colloqui con gli abitanti.
Davano l'impressione di affrontare molto a malincuore i rischi e le fatiche di
quel rastrellamento e sui loro volti erano evidenti i segni di una grande
inquietudine. Dissero di dover salire al Santuario di S. Giulia per recuperare
armi e munizioni e che speravano, per il bene di tutti ( e calcarono su queste
ultime parole ), che i partigiani che sapevano presenti nella zona, non li
avrebbero disturbati.(41)" Ma dopo poco tempo i partigiani delle formazioni di "Minghin",
cominciarono a sparare sui tedeschi con un fuoco rabbioso di mitragliatrice ;
questi risposero con una mitragliatrice da 20mm., mentre reparti fascisti
sparavano con un mortaio da Lama. Altre formazioni partigiane, guidate da Leo
Dignatici, intervennero in aiuto dei primi; vennero uccisi in quello scontro, un
Ufficiale e quattro militari tedeschi.(42) VENERDI 17 MARZO 1944 La situazione nella zona di Montefiorino si fa sempre più
drammatica. I tedeschi, in seguito alle imboscate ed agli agguati dove persero
una ventina di uomini(43), richiamano in quella zona dell’Appennino modenese,
altre forze per cercare di contrastare la pressante guerriglia delle bande
partigiane che di giorno in giorno assumevano sempre più virulenza. Anche
esponenti del Partito Comunista arrivano nella zona, da Modena, per cercare di
fomentare ancor più la guerriglia.(44) Intanto nella zona di Savoniero i tedeschi iniziano un rastrellamento,
arrestando tre uomini; ma improvvisamente i partigiani aprono il fuoco da una
posizione situata attorno alle case della borgata Fontana, uccidendo un
Ufficiale tedesco e ferendo altri tre soldati,(45) Dopo un ripiegamento i tedeschi passano al controattacco, ma verso sera,
i "ribelli", "riuscirono a sganciarsi, riguadagnando le alture che sovrastano la
borgata di Susano.(46)" Iniziano così le drammatiche ore dei martoriati paesi, Monchio,
Susano e Costrignano, che verranno brutalmente rasi al suolo dalle formazioni
della Divisione SS, Herman Goering, reduci dal fronte di Cassino, e che si
trovavano in quel periodo, nei dintorni di Bologna, per un periodo di riposo. SABATO 18 MARZO 1944 Ulteriori truppe tedesche affluiscono nella zona della Valle del
Dragone. Si ha subito la sensazione che vogliano fare un’operazione a vasto
raggio e che siano pronti ad usare la mano pesante. Subito all'alba, da tre cannoni posti nel Piazzale della Rocca di
Montefiorino, inizia il cannoneggiamento sulle frazioni di Monchio, Susano e
Costrignano.(47) "Nessuna
reazione da parte dei partigiani, allontanatisi nella notte o nascosti lontano
nei boschi. Del resto, anche se fossero rimasti in zona, sarebbe stata
impossibile qualsiasi resistenza."(48) La popolazione era estremamente preoccupata per quello che era successo
nei giorni precedenti e per il grosso movimento di truppe tedesche che si andava
verificando in quelle ore: "In fondo, si pensava, i
tedeschi si sarebbero comportati più o meno come i fascisti che, nelle numerose
e già ricordate puntate nelle borgate della valle, si erano limitati a
ricercare i veri ribelli o, tutt'al più, a far man bassa delle provviste
alimentari e a rastrellare degli uomini che poi venivano messi regolarmente in
libertà."(49) Molte case furono colpite dal bombardamento e parecchie furono le
vittime civili che rimasero sotto le macerie. Ma la parte più tragica ed il più
alto numero di morti lo si ebbe dopo che le truppe tedesche, comandate dal
Capitano Hartwig della Terza Divisione paracadutisti, iniziarono il
rastrellamento, uccidendo e saccheggiando con estrema ferocia. Le varie frazioni
della zona vennero messe sistematicamente a ferro e fuoco e numerosi episodi di
un’efferatezza incredibile si verificarono nel giro di poche ore.(50) La furia tedesca si abbatté su tutto e tutti compresi fascisti del
luogo(51); uomini, donne e bambini vennero falciati in modo disumano. Le vittime
di quella tremenda rappresaglia ammontarono a 130.(52) Fu quello il più feroce
massacro effettuato dai tedeschi in Italia, sino a quel giorno, e che anticipava
di pochi giorni quello delle Fosse Ardeatine a Roma. DOMENICA 19 MARZO 1944 In tutta la Valle, dopo lo spaventoso eccidio, regna lo
sbigottimento e il terrore. I superstiti, inebetiti dal dolore e sconvolti per
quanto era loro accaduto si aggiravano tra le macerie delle case alla ricerca
dei parenti e delle povere cose distrutte. Il recupero delle vittime fu
particolarmente penoso e difficile e le salme dopo due giorni vennero inumate in
fosse comuni.(53) LUNEDI 20 MARZO 1944 Anche le autorità fasciste , che si sono recate sul posto,
rimangono sconvolte per l'inutile massacro compiuto dalle truppe tedesche; in
una sua relazione, al Capo della Provincia, Pier Luigi Pansera, così scriveva
il Segretario fascista di Montefiorino, Francesco Bocchi: "Nella
visita effettuata il 20 corrente ho potuto personalmente accertare che le
popolazioni colpite si presentano in un quadro della più completa
impressionante desolazione. Le case distrutte sono ridotte nella più grande
maggioranza in un cumulo di macerie sotto le quali è rimasto bruciato tutto il
mobilio, scorte di viveri, masserizie, risparmi in contanti, attrezzi agricoli,
bestiame bovino ecc. Molte altre famiglie, poi, pur non avendo avuta la casa
distrutta, hanno avuto invece asportati tutti i viveri dai reparti operanti o
transitanti. L'accertamento di queste ultime è ancora in corso. (Molto
probabilmente questa frase è riferita alle vittime N.d.R.) Alcune persone sono
impazzite e molte altre fuggite da casa senza più dar notizie. Un numero
imprecisato di persone è stato condotto via dai tedeschi con autocarri. Quasi
tutte le mamme, per lo spavento provato, sono rimaste senza latte per i loro
bimbi poppanti. Tutti
i cadaveri fino ad ora accertati ed identificati risultano del posto ad
eccezione di due maestri elementari di Modena che insegnavano a Costrignano, e
sono stati trasportati nei cimiteri delle singole frazioni in attesa degli
adempimenti di competenza dell'autorità giudiziaria. Essi verranno sepolti in
fosse comuni per insufficienza di area disponibile nei cimiteri. La popolazione
è rimasta inebetita dalla terrificante distruzione. I danni ammontano a
parecchie decine di milioni. L'ordine pubblico è completo e
nessuna traccia si è avuta di residui di ribelli. Il grosso di essi
risulta fuggito dal Monte S. Giulia la sera precedente le operazioni."(54)" MARTEDI 21 MARZO 1944 Nei giorni successivi all'orrendo massacro, le parti in lotta si
scagliano invettive reciproche; mentre da parte fascista si sosteneva che
l'azione era stata portata contro i ribelli e si addossava loro la responsabilità
della spietata ritorsione tedesca, il CLN diffondeva un volantino, che era stato
stilato dal Presidente Alessandro Coppi, del seguente tenore: "Operai,
contadini, intellettuali di Modena e Provincia! I fascisti cercano di far
credere che la montagna modenese è infestata da banditi prezzolati. Menzogna!
In montagna agiscono i Patrioti che si comportano da Patrioti. Gente valorosa
che si batte con indomito coraggio per liberare la Patria dalla schiavitù del
fascismo che si illude di rivivere grazie alle baionette tedesche. Gente che
dimostra coi fatti che il popolo italiano non vuole saperne nè di fascisti nè
di tedeschi. Gente disciplinata che, pur professando diverse idee politiche, si
trova unita e concorde per combattere per la libertà. Gente che chiede e paga
ciò che occorre per vivere, comportandosi correttamente con la popolazione con
la quale vive ed opera. Le ricevute che essi rilasciano, quando non è loro
possibile pagare in contanti, sono pienamente garantite dal Comitato di
Liberazione Nazionale. I patrioti dunque nulla hanno a che vedere con gli atti
di banditismo compiuti da malviventi durante questi ultimi mesi; anzi il noto
bandito Fini è stato da essi passato per le armi. Nessuno quindi si lasci
impressionare dalla mendace propaganda fascista che svisa i fatti e si guarda
bene dal rendere note le sconfitte che i Patrioti hanno fin qui inflitto alle
cosiddette forze repubblicane. Popolo modenese! i Patrioti che si battono con
ammirevole valore, hanno diritto di contare sull'appoggio affettivo, positivo,
concreto di tutti gli italiani amanti della libertà. Non sono essi, non siamo
noi i responsabili della guerra civile. Sono i fascisti che l'hanno voluta
scatenare nel tentativo pazzo, criminale e disperato di evitare la fine che
meritano. Ed essi sono tanto vili da mandare spesso a combattere contro i
patrioti dei giovani che sono anima della nostra anima, sangue del nostro
sangue. Sono tanto impotenti da sollecitare l'aiuto dei tedeschi, i quali, non
essendo riusciti ad aver ragione dei patrioti, col cannone e col fuoco hanno
distrutto alcuni villaggi nella zona di Montefiorino, seminando freddamente la
strage fra quelle inermi popolazioni che contano decine e decine gli
assassinati, compresi fra questi donne e bambini trucidati con spietata ferocia.
Ecco chi sono i "300 ribelli caduti in combattimento" secondo
l'impudente propaganda fascista! chi sono dunque i banditi? Chi i terroristi?
Chi i senza legge? Chi i nemici della Patria? Modenesi! Stringiamo le file,
aiutiamo chi combatte, chi sanguina, chi soffre. Questo
è il dovere di tutti gli italiani. I patrioti combattono oggi per abbreviare la
durata della guerra, che ormai i tedeschi hanno perduta; e saranno coloro che
libereranno la popolazione dalle angherie e dalle violenze tedesche. Il Comitato
di Liberazione Nazionale."(55) La Federazione Fascista modenese, rispondeva con un altro manifesto
intitolato "Risposta ai Patrioti", dove, tra l'altro, si diceva: "I
villaggi della zona di Montefiorino che i "patrioti" nel loro
manifestino affermano siano stati distrutti a cannonate e con i lanciafiamme, si
limitano invece a quei gruppi di case nelle quali i ribelli si erano
asserragliati e fortificati. Precisiamo che le donne e i bambini che dicono
"trucidati con spietata ferocia" ammontano a 4 donne e a due bimbi
trovati sotto le macerie di una casa diroccata dal bombardamento nella quale un
gruppo di ribelli si era fortificato sparando con le mitragliatrici dalle
finestre. Gli altri morti sono realmente i ribelli caduti in combattimento o
passati per le armi perché sorpresi in possesso di fucili o mitragliatrici, e
questi elementi maschili delle popolazioni
locali che con essi avevano fatto causa comune. Questi, nella pur
dolorosa verità i fatti; al di fuori di essi non vi è speculazione faziosa e
menzogna senza nome."(56) MERCOLEDI 22 MARZO 1944 Continuano, intanto, nella zona della valle del Panaro, gli
"approvvigionamenti" delle formazioni partigiane ai danni delle
popolazioni di quelle contrade. A Castagneto di Pavullo viene
"visitato" tale Alfredo Casini; a Selva di Serramazzoni è la volta di
Umberto Zanoli; a Roncoscaglia di Sestola provvede agli "aiuti",
l'agricoltore Pietro Bernardini; a Monzone di Pavullo venne prelevata merce di
proprietà del Dott. Luigi Emiliani; a Olina di Pavullo le bande partigiane
andarono a cercare "collaborazione", presso l'agricoltore Carlo
Grandi, nella rivendita di tabacchi di Bruno Barattini e dal Parroco, Don
Agostino Giannelli.(57) GIOVEDI 23 MARZO 1944 Sulla Via Giardini, all'altezza del Mulino della Rosta, ove
attualmente sorge il complesso Direzionale Zeta, una pattuglia partigiana compie
un attentato contro il Colonnello Costantino Rossi, Comandante Militare
Provinciale della GNR, che transitava in auto diretto verso la sua
abitazione. L'attentato fallisce e nello scontro che seguì rimase ucciso il
partigiano Walter Tabacchi al quale venne poi intitolata una brigata dei Gap.(58) In questa storia della guerra civile in Provincia di Modena potrebbe
sembrare fuori posto parlare di un avvenimento accaduto a Roma: Ma il fatto ha
assunto tale forza emblematica, per tutta la storia della resistenza in Italia,
che un riferimento seppur breve e limitato è doveroso, se non essenziale, e per
il collegamento con i fatti del modenese di Monchio, Susano e Costrignano e
anche perché, di tale episodio si conosce solamente la parte conclusiva e più
tragica, cioè la fucilazione, da parte dei tedeschi, di 335 ostaggi italiani,
alle Fosse Ardeatine.(59) Di rado si parla dell'antefatto e di quello che
attorno ad esso si è verificato. Nella zona di Roma, già dai primi di Gennaio, si erano verificati
parecchi attentati gappisti a truppe tedesche e ad isolati militari fascisti,
molti furono gli uccisi. Da parte della polizia tedesca e fascista vi fu
un’immediata risposta con l'arresto di esponenti antifascisti, in maggioranza
del partito d'azione, Da queste retate riuscirono a sfuggire molti marxisti ed
altri antifascisti di varia estrazione politica che, subito dopo l'8 Settembre,
riuscirono a rifugiarsi nella città del Vaticano. Lo stillicidio di attentati
continuò, per culminare in quello di Via Rasella. Questo era stato
particolarmente studiato e venne eseguito, se così si può dire, alla
perfezione, da dieci partigiani tra i quali, Carlo Salinari, Alfio Marchini,
Franco Calamandrei e dai due decorati, in seguito, al valor militare, Carla
Capponi e Rosario Bentivegna. L'ordine venne dato da Giorgio Amendola, eletto,
per varie legislature al Parlamento, per il Partito Comunista Italiano.(60) Obbiettivo dell'attentato fu una colonna di anziani soldati altoatesini
(già appartenenti all'esercito italiano e incorporati nell'esercito tedesco
all'8 Settembre ) che facevano parte della "Sudtiroler polizei" ed
erano normalmente disposti alla guardia dei Comandi germanici e in altri uffici
pubblici. Non avevano mai svolto azioni di guerra e tantomeno di
controguerriglia e passavano abitudinariamente per quella strada, nel centro di
Roma, tutti i giorni. I gappisti, appostati in attesa del loro transito, spinsero un carretto
della spazzatura, carico di esplosivo, giù per la discesa di Via Rasella,
indirizzandolo contro la colonna che risaliva la strada; vi fu un tremendo boato
e trentatre di quei militi altoatesini vi lasciarono la vita assieme a due
civili italiani, uno era un bambino, che transitavano per la via. I tedeschi, inferociti, pretendevano che si presentassero gli autori di
quel massacro; ma nessuno cercò di evitare la terribile rappresaglia che i
nazisti promettevano e che, in breve tempo attuarono, svuotando le carceri di
Regina Coeli, in una località vicina a Roma chiamata Fosse Ardeatine. Trecento
trentacinque furono gli italiani massacrati dalla rabbiosa reazione tedesca(61).
Molto è stato scritto su questa spietata rappresaglia, ma di questa immensa
tragedia, come per altre analoghe, si dovrebbero delimitare meglio i contorni (e
non per cercare di dare una giustificazione a quelle che sono state certamente
rappresaglie feroci e addirittura controproducenti per i fascisti e per l'Italia
tutta e di cui i tedeschi ne porteranno la tragica responsabilità per sempre)
cercando di evidenziare le gravissime responsabilità dei comunisti, autori
dell'attentato, che ben sapevano di scatenare una tremenda rappresaglia, anzi,
ricercavano in realtà proprio questa, onde scavare il fossato di odio tra
italiani e tedeschi. Nel 1981, per iniziativa della Sudtirolen Wolkspartei, in una
commemorazione delle vittime dell'attentato partigiano, l'ex senatore di quel
partito, Fried Volger, così si espresse: "Per i folli fanatici che nella città eterna, senza
alcuna necessità, hanno provocato un bagno di sangue in una compagnia di
innocui poliziotti ci sono state medaglie d'oro e posti in parlamento"; il senatore così proseguiva in un’intervista apparsa su di un
quotidiano italiano: "Dopo
via Rasella i partigiani, almeno uno degli autori dell'attentato, dovevano
consegnarsi per evitare una strage certa.....In altre analoghe circostanze,
anche in Italia, è quanto hanno fatto carabinieri e sacerdoti per evitare
stragi... l'attentato di Via Rasella è stato fatto senza necessità strategica
perchè non cambiava nulla in quella situazione. E' stato un attentato
folle." Ma la strategia comunista era appunto quella di scatenare la
rappresaglia, ben sapendo che questa, oltre a sollevare l'indignazione degli
italiani e ad aumentare di conseguenza l'odio nei confronti del tedesco e del
suo alleato fascista, avrebbe anche colpito molti antifascisti detenuti che
erano in netto contrasto con le formazioni comuniste sul modo di condurre la
lotta, sulla collocazione ideologica e sulle alleanze da privilegiare.(62)
Questa tattica, attuata durante tutto il periodo della guerra civile, ma che era
già stata sperimentata e collaudata durante la rivoluzione bolscevica in
Russia, nella guerra civile spagnola e in tante altre parti del mondo dove la
penetrazione dell'internazionale rossa ha creato sanguinose guerriglie, in
conclusione non ha portato a quei risultati programmati di conquista del potere,
ma è servita solamente a creare una sequela interminabile di lutti e di rovine
morali e materiali ed una spirale di odio dalla quale, anche a distanza di
quarantacinque anni, non ne siamo ancora usciti. Va inoltre sottolineata, in questa circostanza, l'ipocrisia di chi
condanna la ferocia e la violenza quando vengono usate dagli altri, mentre la
predicava o la predica ancor oggi, la esalta, la esercita e la giustifica quando
la usa per se. Altro elemento da non tralasciare, nell'analisi di quella tremenda
rappresaglia, è la valutazione data dagli ambienti Vaticani(63): l'iniziativa
dei gap romani è sempre stata criticata e quell'attentato venne definito un
"colpo serio" alla strategia di Pio XII° per tenere Roma lontana
dalle atrocità del conflitto, avendo dichiarato la capitale "città
aperta".(64) L'attentato, tra l'altro, venne effettuato all'insaputa del
comando del Comitato di Liberazione Nazionale, il quale conveniva, come Pio XII°,
che non serviva a nulla gettare Roma nella mischia. A Modena, in questa giornata, a Palazzo Littorio in Corso E. Muti, in
occasione della cerimonia per il XXVle della fondazione dei Fasci di
combattimento, vi fu una grande manifestazione a cui presero parte tutte le
autorità fasciste modenesi; l'ex Direttore della Gazzetta dell'Emilia, Cacciari,
tenne un applaudito discorso. VENERDI 24 MARZO 1944 Siamo ancora nei primi mesi della guerra civile, ma i partigiani
comunisti delle formazioni Garibaldi sono ben determinati nel condurre una lotta
spietata, inesorabile e senza esclusione di colpi contro l'odiato nemico
fascista, tanto da formulare un progetto di decreto che sarebbe dovuto essere
presentato al "Governo di Liberazione Nazionale" e che venne stampato
in un manifesto, di cui riportiamo per intero il testo: "Contro
i traditori fascisti, contro chi collabora con i tedeschi e con i fascisti. I
Distaccamenti e le brigate d'assalto Garibaldi, che conducono una lotta a morte
contro gli occupanti tedeschi e i suoi alleati fascisti, per assicurare
all'Italia la libertà e l'indipendenza nazionale, che si costituirà tra breve,
come segno della volontà del popolo di scacciare dall'Italia ogni residuo
nazista e fascista, il seguente progetto di DECRETO Articolo
1 - tutti gli appartenenti al Partito Fascista Repubblicano, alla Milizia
Volontaria Sicurezza Nazionale del cosidetto Governo fascista repubblicano o a
qualsiasi altra organizzazione fascista, per il semplice fatto di questa
appartenenza, come anche tutti quelli che, dopo la dichiarazione di guerra
dell'Italia alla Germania, abbiano collaborato nel campo militare, economico,
amministrativo col nemico nazista e fascista, SONO DICHIARATI TRADITORI E NEMICI
DELLA PATRIA. Essi sono perciò privi di diritti civili, dichiarati decaduti da
ogni diritto a pensioni e sussidi licenziati da ogni impiego nelle
amministrazioni pubbliche e statali ed esclusi per sempre dalla possibilità di
concorrere a detti impieghi. Articolo
2 - tutti gli indicati nell'art. precedente che nelle organizzazioni del Partito
Fascista Repubblicano o nell'opera di collaborazione con i tedeschi abbiano
dimostrato particolare iniziativa, o comunque abbiano svolto opera di direzione,
sono condannati a morte e tutti i loro beni mobili ed immobili sono confiscati a
favore dei caduti e dei combattenti per la liberazione e l'indipendenza
nazionale. Articolo
3 - Una deroga all'applicazione degli articoli precedenti è ammessa solo a
favore di chi, trovandosi per cause di forza maggiore in enti costretti alla
collaborazione col nemico (forze armate, polizia, amministrazioni pubbliche e
private, imprese ecc.) possa provare, con dati concreti, non solo di non essersi
macchiato mai di atti di tradimento a danno di patrioti e della causa di
liberazione nazionale, ma di aver condotto dal posto occupato, un attiva opera
di sabotaggio dei piani e delle forze del nemico nazista e fascista e aiutato,
secondo le possibilità, la lotta partigiana in seno allo stesso esercito
fascista e, in particolare, provvedendo alla soppressione di dirigenti e di
ufficiali fascisti; avvertendo, se poliziotto, i patrioti minacciati d'arresto,
aiutando a fuggire gli arrestati e sopprimendo commissari e agenti fascisti;
sabotando la produzione bellica tedesca, le requisizioni, la riscossione delle
tasse, delle imposte ecc. Articolo
4 - Tutti i criminali contemplati in questo decreto sono di competenza dei
tribunali del popolo da nominarsi nei territori liberati dall'occupazione
tedesca. Nei territori ancora sotto il tallone nazista e fascista, le forze
armate patriottiche e i partigiani, in primo luogo, sono incaricati
dell'applicazione, senza nessuna formalità, dell'art.2 del seguente decreto,
provvedendo alla soppressione del nemico della patria, alla distruzione dei loro
beni che non si possono sequestrare e mettere a disposizione della lotta
partigiana. E'
evidente che fin d'oggi i distaccamenti e le brigate d'assalto Garibaldi
prendono a base della lotta contro i tedeschi e contro i fascisti le
disposizioni contenute nel proposto decreto."(65) A prescindere dalla forma e dal contenuto di questo scomposto invito
alla delazione, all'omicidio, al sequestro indiscriminato di beni, resta da
sottolineare come le formazioni comuniste abbiano eseguito perfettamente gli
ordini, sia durante la fase della
guerra, sia al termine della stessa, andando anche oltre, attraverso le
esecuzioni sommarie, con le farse dei processi dei cosiddetti tribunali del
popolo, con le epurazioni indiscriminate, in conclusione con una persecuzione
programmata sino alla eliminazione completa dell'avversario e delle sue
famiglie. A Albareto vicino a Modena veniva ucciso l'agricoltore MALAGOLI
UMBERTO (65bis) SABATO 25 MARZO 1944 L'avvio della guerra civile nella bassa modenese, malgrado buona
parte della storiografia partigiana cerchi di datarlo in periodi antecedenti,
viene collocato realisticamente con l'assassinio del vice reggente del Fascio
Repubblicano di Carpi, al giorno 26 Marzo. Difatti: "E'
da escludere, che nell'inverno 1943-44 si siano verificati degli atti di
sabotaggio nella "Bassa" modenese: prima di tutto perché nessuna
notizia di essi troviamo nella stampa fascista, che pure, proprio in quel
periodo, si diffondeva ampiamente nel riferire le più semplici operazioni di
approvvigionamento compiute dai partigiani in montagna; in secondo luogo, perché
i tedeschi, che sarebbero stati gravemente danneggiati dagli atti di sabotaggio,
avrebbero certamente reagito con rappresaglie."(66) DOMENICA 26 MARZO 1944 Le nuove formule del Fascismo Repubblicano stanno facendo presa su
larghi strati della popolazione anche nel modenese; i comunisti malsopportano
che la RSI abbia una impostazione così avanzata verso la classe lavoratrice,
pertanto si scagliano con rabbia contro gli uomini che si sono messi in
evidenza, incrementando gli attentati terroristici contro fascisti isolati e
facili bersaglio per gli agguati, spostando così la lotta su di un piano fatto
di assassinii e di rappresaglie che, in breve tempo, porterà il confronto tra
le due fazioni, anche nella pianura modenese a limiti incredibili di uccisioni,
da entrambe le parti. A Carpi, dopo l'assassinio del brigadiere della GNR, Ternelli, avvenuto
il 3 Marzo, viene messo a segno dai partigiani un altro attentato. Mentre stava
vendendo dei biglietti all'ingresso del Cinema Lux, viene ucciso, da una serie
di centrati colpi di pistola, il vice reggente del Fascio carpigiano, padre di
tre figli: LEONARDI
VINCENZO.(67) In questo modo la storiografia partigiana inquadra l' omicidio: "Questo
nuovo fascismo ha qualche pretesa demagogica "sociale" e, quà e là i
nuovi dirigenti vorrebbero distinguersi (più che altro per non condividere con
loro il potere) dai vecchi gerarchi, ma la sostanziale continuità (se e quando
un cambiamento c'è, è in peggio) è data dagli interessi che servono, dalle
caste di cui sono esponenti.... A Carpi quelle caste hanno affidato la reggenza
del fascio al vice direttore della Marelli, Carlo Alberto Ferraris, vice
reggente l'ex carabiniere (augusto) Leonardi....Diventa perciò uno dei doveri
del movimento di liberazione, quello di giustiziare questi oppressori e
persecutori in quanto tali e in quanto sono i più fanatici collaboratori
dell'occupazione, colonne del sistema terroristico e depredatorio di
occupazione. La serie sarà lunga. A Carpi comincia nel Marzo 1944."(68) Se nella pianura modenese la guerra civile sta avviandosi con attentati
del tipo che abbiamo preso in esame, in montagna ha già raggiunto l'apice con
la lunga serie di attentati a tedeschi, fascisti e civili. Le formazioni
partigiane riprendono i loro agguati in altre zone, spostandosi dalle valli del
Secchia a quelle del Panaro. In questa prima Domenica di primavera, una
pattuglia di militi fascisti viene attirata in una imboscata, da una formazione
di "ribelli" guidata dal capo partigiano "Armando". Vengono
uccisi: il Tenente della GNR nativo di Sestola: BOLDRINI
OTELLO,(70) il medico di Pavullo di trentadue anni: ROMANI
ANTONIO,(71) e
CINQUE IGNOTI MILITI(72), giovanissimi volontari dai sedici ai diciotto anni, nativi di Tripoli.
Rimase seriamente ferito anche il maresciallo della GNR, Bonanno, ed un altro
milite perdette un occhio. Sulla stampa dell'epoca venne data questa versione dei fatti: "La
mattina del 26 corrente numerosi delinquenti si portavano in vicinanza di
Sassoguidano, frazione del Comune di Pavullo e armati di fucili, moschetti,
mitragliatrici e bombe a mano, aggredivano un autocarro militare nel quale si
trovavano un sottotenente e cinque militi, tutti distaccati per servizio a
Pavullo. Erano pure con essi un maresciallo maggiore dei carabinieri e un
carabiniere, appartenenti al distaccamento della GNR di Pavullo e il Dott.
Antonio Romani fu Sante di anni 32 da Pavullo. L'autocarro era diretto in
località Gaianello per accertamenti giudiziari inerenti ad un cadavere
rinvenuto nel mattino sulla strada comunale identificato poi per un milite
appartenente al Centro di addestramento distaccato a Montecenere di Lama Mocogno.
Fatti segno ad improvviso tiro di mitraglia e lancio di bombe a mano rimanevano
uccisi il sottotenente e quattro militi. Il maresciallo, il carabiniere e il
Dott. Romani venivano trasportati all'Ospedale Civile di Pavullo. Un altro
milite rimaneva leggermente ferito."(73) L'imboscata era stata ben preordinata da "Armando", il quale,
la notte precedente, aveva inviato un gruppo di suoi partigiani in una cascina
dove abitavano due belle ragazze, amiche di due ragazzi fascisti che di solito
si recavano a trovarle. Il gruppo di partigiani catturò i due, uno venne
ucciso, l'altro lasciato libero dopo una notte d'interrogatorio. Il suo cadavere
venne poi abbandonato sul ciglio della strada, per preparare l'imboscata a chi
doveva andare a fare il sopralluogo.(74) "Era
giorno di fiera a Pavullo ed eravamo certi che di lì a poco qualcuno avrebbe
dato l'allarme e i brigatisti neri sarebbero venuti sul posto. Avvenne appunto
così ; ci appostammo nelle vicinanze del bosco, nascosti dietro un cumulo di
pietre e quando scorgemmo il polverone sollevato dal camion che soppragiungeva,
ci preparammo ad accoglierlo."(75) Seguirono il lancio di bombe a mano che bloccarono l'autocarro ed un
nutrito fuoco di mitragliatori che fecero scempio dei militi a bordo del mezzo. In un altra testimonianza partigiana si racconta che i fascisti, per
vendicarsi, arrestarono i genitori di Armando: "Ma
anche in questa circostanza i rapporti stabiliti precedentemente tra i
partigiani e i carabinieri si rivelarono assai proficui e, dopo un pò di tempo
la cosa si risolse nel migliore dei modi."(76) LUNEDI 27 MARZO 1944 Gli Ufficiali ed i graduati dei reparti dell'Esercito Repubblicano
di stanza nel modenese avevano grosse responsabilità in momenti così delicati;
difficile era il compito di trattenere la rabbia dei militari in divisa che
erano sempre più, facile bersaglio degli agguati partigiani. Spesso si
verificarono ribellioni non facili da domarsi, anche perché, molti giovani
vedevano massacrare amici e parenti nelle imboscate tese dai ribelli e non negli
scontri diretti o in aperte battaglie campali che raramente si verificarono nel
nostro territorio. MARTEDI 28 MARZO 1944 Si svolgono a Carpi i funerali del vice reggente del PFR, Leonardi,
ucciso il giorno 26; vennero tenuti chiusi tutti i locali pubblici e venne
promessa una grossa somma a chi avesse fornito indicazioni sugli autori dell'omicidio.(71) MERCOLEDI 29 MARZO 1944 L'Arcivescovo di Modena si reca in Prefettura per una visita
ufficiale al Capo della Provincia; il giorno successivo verrà diramato un
comunicato che così si esprimeva: "S.E.
l'Arcivescovo di Modena e Abate di Nonantola si è recato ieri mattina al
Palazzo del Governo accompagnato dal Vicario generale della Curia in visita
ufficiale al Capo della Provincia. Mons. Boccoleri si è a lungo e molto
cordialmente intrattenuto con il Console Pier Luigi Pansera, al quale ha portato
l'espressione dei nobili sentimenti di italianità che animano il clero della
nostra Diocesi. Durante il corso del colloquio il Capo della Provincia e l'alto
Prelato hanno serenamente esaminato con largo spirito di mutua comprensione i
vari problemi che interessano le gerarchie politiche e religiose della
provincia, auspicando infine quella vittoria delle nostre armi che è la sola
garanzia di salvezza anche per la religione, insostituibile nutrimento
spirituale del nostro popolo profondamente patriottico e cattolico."(78) GIOVEDI 30 MARZO 1944 A Castelfranco Emilia, per rappresaglia agli agguati ed alle
imboscate contro le truppe tedesche e fasciste, vengono fucilati dieci
giovanissimi partigiani di Renno di Pavullo che erano trattenuti in quelle
carceri.(79) VENERDI 31 MARZO 1944 Nelle zone dell’Appennino modenese della Valle del Secchia, si
concludono le operazioni di rastrellamento contro le formazioni ribelli ed il
grosso delle forze che vi avevano partecipato rientra alle proprie basi,
lasciando nei piccoli paesi solamente piccoli nuclei a presidiare quelle zone
che, di lì a breve tempo si torneranno a popolare dei vecchi e nuovi partigiani
che verso la fine della primavera aumenteranno di numero sull'onda dei successi
ottenuti dalle truppe anglo-americane sul territorio italiano. NOTE 1 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 4.3.44 2 cfr. ESGC.Mo 3 cfr. E. Gorrieri: "La Repubblica di
Montefiorino" pag. 139; 4 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 5 Marzo 44 5 cfr. P. Alberghi: "Attila sull'appennino"
pag. 96 6 cfr. G. Pisanò: "Gli ultimi in
grigioverde" Vol. 3° pag. 1815, elenco caduti della GNR. 7 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44. 8 cfr. F. Borghi: "L'an n'era menga giosta"
pag. 263 e Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44 9 ibidem 10 si trattava dei due partigiani, Amelio Aravecchia e
Dante Schiavoni; cfr. anche testimonianza di Don Sante Bartolai in ISR n. 5 pag.
79. 11 cfr. P. Alberghi op. cit. pag. 101. 12 cfr. Lettera del Comune di Medolla del 16.1.1956, alla
Ass. Cad.Rsi. 13 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944 14 ibidem e in elenco caduti RSI, inumati nell'ossario di
San Cataldo. 15 ibidem 16 ibidem 17 ibidem 18 ibidem. 18bis
Questo nominativo trovasi inserito in un elenco dei caduti della resistenza
modenese in rassegna ISR n. 3 pag. 7. 18tris
cfr. "Martirologio" pag. 89 19 cfr. E. Gorrieri, P. Alberghi, op.cit 20 dattiloscritto in Archivio Caduti RSI. 21 cfr. Elenco caduti RSI n. 507. 22 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 11 Marzo 1944. 23 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 151. 24 cfr. lettera del Comune di Pavullo in data 16.2.1956
prot. 1261; elenco caduti RSI n. 431. 25 Comandante partigiano, azionista. 26 cfr. E. Gorrieri,
op. cit. pag. 153. 27 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944. 28 I caduti partigiani in quel combattimento furono: Bruno
Belloi, Alcide Borsari, Enrico Brandoli, Ottavio Ferrari, Carlo Fiandri, Dino
Lugli, Bruno Parmeggiani e Sovente Sabbatini. In E. Gorrieri, op. cit. pag. 153. 29 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 30 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98. 31 cfr. lettera del Dott. Comini, accertante le cause
della morte, in Arch. Ass. Cad. RSI. 32 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98. 33 ibidem 34 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944. 35 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 111. 36 cfr. elenco caduti RSI n. 243. 37 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 112. 38 ibidem 39 ibidem 40 ibidem; per questi caduti anche in elenco caduti RSI. 41 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 113. 42 ibidem 43 ibidem pag.120 44 ibidem pag. 118; dichiarazione di Leo Dignatici. 45 ibidem pag. 119 46 ibidem 47 cfr. G. Silingardi: "I giorni del fascismo e
dell'antifascismo" pag. 168. 48 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 170 49 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 129. 50 ibidem 51 ibidem pag. 184. 52 I caduti nelle frazioni colpite dalla furia tedesca: Frazione
di Susano: Gualmini
Celso, Aschieri Clerice, Aschieri Massimiliano, Gualmini Raffaele, Baschieri
Maria, Gualmini Lavinia, Gualmini Celso di Raffaele, Gualmini Viterbo, Gualmini
Aurelio, Albicini Delia, Marastoni Ursilia, Marastoni Orfeo, Carlo di NN,
Gherardo Filippo, Garzoni Francesca, Baldelli Camillo, Casacci Dovindo, Casini
Battista, Casolari Florigi, Pagliai Domenico, Pagliai Tonino, Peli Giuseppe,
Peli Andrea, Zenchi Dante. Frazione
di Costrignano: Barbati
Ersidio, Barbati Ignazio, Barbati Luigi, Barbati Pasquino, Baschieri Mario,
Beneventi Pellegrino, Beneventi Giacomo, Beneventi Giuseppe, Caminati Adelmo,
Casinieri Luigi, Ceccherelli GianBattista, Chiesi Sante, Compagni Tolmino,
Ferrari Secondo, Ferrari Nino, Ghiddi Lorenzo, Lami Alcide, Lami Silvio, Lami
Ennio, Lami Mario, Lorenzini Marcellina, Maestri Massimo, Pancani Giuseppe,
Pigoni Luigi, Pigoni Lino, Rioli Ernesto, Rioli Claudio, Rioli Pellegrino, Rosi
Dante, Sassatelli Lodovico, Severi Enrico. Frazione
di Monchio: Abbati
Callisto, Abbati Cristoforo, Abbati Giuseppe, Abbati Milziade, Abbati Raffaele,
Abbati Remo, Abbati Tommaso, Albicini Ermenegildo, Barozzi Augusto, Barozzi
Adelmo, Barozzi Mario, Bedostri Giuseppe, Bedostri Luigi, Bucciarelli Livio,
Braglia Ambrogio, Cornetti Adele, Corenetti Luigi, Caminati Giovanni, Caselli
Alberto, Carani Ernesto, Carani Geminiano, Compagni Ernesto, Debbia Enrico,
Debbia Franco, Debbia Valerio, Debbia Roberto, Facchini Sisto, Ferrari Egidio,
Ferrari Remo, Ferrari Teobaldo, Fiorentini Giuseppe, Fontanini Teodoro, Giberti
Attilio, Giberti Eleuterio, Giusti Giuseppe, Guglielmi Aurelio, Guglielmi
Emilio, Guglielmini Luigi, Guglielmini Renato, Guglielmini Giuseppe, Sajelli
Pia, Magnani Amilcare, Marchi Ivo, Martelli Giuseppe, Martelli Alvino, Massari
Gino, Mesini Celso, Mesini Alessandro, Mussi Remo, Ori Attilio, Ori Ernesto,
Pancani Claudio, Pancani Ernesto, Pancani Marco, Pancani Tonino, Pistoni
Leonildo, Pistoni Michele, Pistoni Luigi, Ricchi Ernesto, Ricchi Viterbo, Rioli
Antonio, Rioli Pellegrino, Rioli Mauro, Silvestri Agostino, Tincani Ennio,
Tincani Geminiano, Venturelli Dante, Silvestri Ines, Venturelli Gioacchino,
Venturelli Florindo e Sassatelli Adelmo. 53 cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 169. 53bis
Francesco Bocchi, Segretario del PFR di Montefiorino, che venne ucciso il 16
marzo 1945 a Modena dai partigiani, venne accusato dal CLN, come uno dei
responsabili dell'eccidio per aver messo sull'avviso i comandi fascisti e
germanici ad intervenire nella zona. In una testimonianza, l'Arciprete di Serra,
Don Marino Donini a quei tempi capellano a Vitriola, sul Resto del Carlino del
14 marzo 1984, così parlò del Dott. Bocchi: "Trovai
il Dott. Bocchi, seduto in poltrona, in uno stato di profondo sconforto. Mi
disse testualmente: " E' un disastro! Si dice che di là dal fiume ci siano
un centinaio di morti. Le SS avevano in programma di distruggere anche Savoniero
e Vitriola ma io ho supplicato i comandanti di cessare il rastrellamento e la
rappresaglia." 54 cfr. P. Alberghi , op. cit. pag. 214. 55 cfr. E Gorrieri, op. cit. pag. 174. 56 ibidem pag. 175 57 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 17 e 22 Marzo 1944. 58 cfr. ISR Rassegna 59 Esiste un ampia letteratura sull'episodio di Via
Rasella e del successivo eccidio delle Fosse Ardeatine, che riteniamo non
elencare. 60 cfr. G. Pisanò op. cit. 61 ibidem 62 tra i fucilati alle Fosse Ardeatine vi fù anche un
modenese: certo Luigi Gavioli ( da ISR rassegna n. 7 pag. 28) 63 cfr. Atti e documenti della Santa Sede, Vol. X° 64 ibidem 65 cfr. ISR Rassegna n. 8 pag. 67. 65bis
cfr. "Martirologio" pag. 138 66 cfr. F. Gorrieri : "La resistenza nella bassa
modenese", pag. 93. 67 cfr. lettera del Comune di Carpi in data 30.5.1956 prot.
7033. 68 cfr. Pacor-Casali: "Lotte sociali e guerriglia in
pianura" pag. 89. 69 Al secolo, Armando Ricci, che fu successivamente, al
termine della guerra, Sindaco di Pavullo. 70 In una agenda, dove il Ten. Boldrini, teneva notati
pensieri ed appunti venne trovata questa sua affermazione: " Questo mio
vivere è proprio un vivere pericolosamente. La morte mi circonda da ogni parte;
eppure non mi fa paura. Morire per la Patria! Morire per l'idea in fondo è una
fortuna! Speriamo bene! Morire amando è vivere. W il Duce" 72 cfr. E. Gorrieri, op. cit. 73 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 29 Marzo 1944 74 ibidem 75 cfr. Ada Tommasi De Micheli: "Armando
racconta" pag. 122 e segg.; per il Dott. Romani cfr. anche A. Galli in
"Pievepelago durante la seconda guerra mondiale" pag. 29 e in E.
Gorrieri, op. cit. ; in questa versione si precisa che il fatto non avvenne a
Gaianello, bensì in località Fontanella di Sassoguidano. 76 cfr. S. Prati - G. Rinaldi in: "Quando eravamo i
ribelli", pag. 64-65. 77 cfr. F. Gorrieri.: op. cit. pag. 92. 78 cfr. Gazzetta dell' Emilia del 30 Marzo 1944. 79 I giovani partigiani fucilati nelle carceri di
Castelfranco Emilia furono: Badiali Bruno, Adani Faustino, Pattarozzi Massimo,
Gherardini Ubaldo, Vandelli Romano, Maletti Gervasio, Manfredini Teodorico,
Montecchi Egidio, Camatti Renato e Walter Martelli. Guerra Civile nel modenese - i giorni di Aprile 1945 dal 1 al 19 DOMENICA
1 APRILE 1945
E’ il giorno di Pasqua: ma
la resurrezione di Cristo non porta pace agli uomini che, in questa giornata,
continuano a scannarsi con inaudita ferocia.
A Vignola i partigiani
prelevano dalla sua abitazione, il nativo di Guiglia:
BRAGLIA GIACOMO(1),
per poi ucciderlo in località imprecisata. A Castelnuovo Rangone, i
partigiani prelevano il giovane milite della Brigata Nera:
LEVONI ORLANDO(2), della sua
sorte, nulla si è più saputo per lungo tempo poi, dopo molti mesi, attraverso
indicazioni, la sua salma fu ritrovata.
A Farneta di Montefiorino,
in località Giunzione, sono uccisi dai partigiani tre persone, mentre erano
accompagnate a Civago per passare le linee.(3) Si trattava di
RIVASI UMBERTO,
EGIDIO REA, e TAZZIOLI ETTORE,
Quest'ultimo, prelevato dalla sua abitazione in Barigazzo aveva
ventisette anni.(4)
Un partigiano democristiano
svolse un’inchiesta ed appurò che i tre uccisi non avevano per niente cercato
di fuggire, contrariamente a quanto disse l'esecutore materiale, ma furono
"eliminati" per ordine di un certo "Patrizio", comunista,
dopo essere stati bastonati a sangue. La dichiarazione del responsabile
materiale non lascia alcun dubbio:
"Son
partito da Farneta con l'ordine verbale, datomi da Patrizio di fucilare i tre
prigionieri lungo la via, adducendo a motivo di giustificazione che si trattava
di spie pericolose. Dissi che i tre prigionieri erano da riportare al Comando
per non impressionare i civili e gli altri prigionieri. Feci legare le mani ai
prigionieri appunto perché rimanevo solo a giustiziarli. Io non percossi i
prigionieri. Furono invece percossi a sangue dal gruppo di partigiani, forse
reggiani, nel quale ci imbattemmo. Non ho altro da aggiungere sul Comando
centrale di Polizia. L'ordine mi fù dato da Patrizio non presente Rino. Ho
seppellito i cadaveri dei fucilati unitamente ad un contadino del posto al quale
avevo richiesto aiuto per la bisogna. A detta del contadino la buca era fonda a
sufficienza: io stimo sia stata fonda un metro e cinquanta cm. Ho seppellito i
morti uno sopra l'altro. Ritornai
a Farneta il mattino dopo, dopo aver dormito a Giunzione. F.to
William a.d.r. "I prigionieri non avevano tentato di fuggire, fui io a
fermarli in seguito all'ordine ricevuto da Patrizio" F.to William".(5)
Intanto, nella zona di Prignano, a Santa Giulia, reparti
tedeschi conducono uno degli ultimi rastrellamenti della zona, di una certa
consistenza: dopo breve scaramuccia con i partigiani, si ritirano senza aver
avuto un contatto violento.(6)
LUNEDI 2 APRILE 1945
Bombardamento aereo su Faidello e nei pressi di Fiumalbo ad opera di
quattro cacciabombardieri angloamericani, che provoca parecchi danni e due morti
tra la popolazione civile.
A Modena
"scompare" il milite della GNR, di ventidue anni: CAMPARI
CARLO(8):
di lui nulla più si seppe.
Ad Albareto, in Comune di
Modena, i partigiani assalgono nella loro casa e li crivellano di colpi di
mitragliatore, zio e nipote: il primo, squadrista della Brigata Nera, impiegato
alla Federazione Provinciale dei Fasci Repubblicani aveva quarantasei anni, il
nipote ne aveva ventidue: CARBONI
FAUSTO(9), e CARBONI IVO.(10)
A San Prospero è
barbaramente ucciso il super-invalido di guerra di ventiquattro anni:
MARCHI WAINER.(11)
Così viene ricordato in una testimonianza dell'immediato dopoguerra:
"Il
giovane Wainer Marchi, super invalido di guerra (era un povero tronco senza
gambe) è scomparso. Il suo accompagnatore, pagato dallo stato, fu quello che lo
tradì portandolo al macello, comunica alla madre che il figlio era stato fatto
prigioniero e che stava benissimo.....Crivellato di colpi era già stato
sotterrato in poca terra. Venne rovesciato dalla sua carrozzella dentro ad un
porcile di una casa colonica e lì lasciato dalle 12 alle 22, venne poi portato
in campagna e trucidato. Venne sepolto con i moncherini affioranti. Tempo dopo,
la madre, visto l'assassino, da lei ben conosciuto, ma naturalmente a piede
libero, gli gettava addosso l'acqua del secchio che stava portando; il
vigliacco, fermatosi, la schiaffeggiò."(12)
MARTEDI 3 APRILE 1945
A Querciagrossa di Pavullo viene ucciso, dopo essere stato prelevato dai
partigiani dalla sua abitazione di Maranello, l'iscritto al PFR:
VANDELLI MARIO.(13)
Un attacco tedesco a
formazioni partigiane nella zona di Torre Maina, riesce a scompaginarle al punto
tale che si sbandarono sino a perdere per strada o a seppellire le armi, tanto
da far dire, in una relazione di un partigiano, che:
"sarebbe
necessario eliminare tutti coloro che sono indegni di appartenere alle
organizzazioni patriottiche, cioè tutti coloro che al momento decisivo
sotterrano le armi e fuggono vigliaccamente abbandonando i loro compagni.”(14)
Ma parte della storiografia
partigiana, contrariamente a quanto di reale è stato appurato e senza
preoccuparsi della verità storica, insiste a rappresentare ogni piccolo fatto
d'armi, come un grande successo della partigianeria. Difatti anche in questa
occasione possiamo leggere:
"Altro
grande combattimento al quale parteciparono questi (si riferisce ai partigiani
prima citati.n.d.r.), fù quello di Torre Maina,
ove fu respinto il più pesante attacco nazifascista alla riconquistata zona
libera di Montefiorino"(15)
A Concordia, in vari punti
del paese vengono fucilati nove partigiani.(16)
MERCOLEDI 4 APRILE 1945
A Soliera viene ucciso dai
partigiani il fascista: RAPPA
GIROLAMO(17).
A Campogalliano viene ucciso
tale: ROSSI RIZIERO.(18)
Continuano ancora gli
attacchi tedeschi ai partigiani, che cercano di proteggersi per la prossima
ritirata verso il nord: nella zona di Boccasuolo, prende parte al
rastrellamento, la 5°
compagnia Alpenjager di stanza a S. Anna Pelago che, secondo i bollettini della
Divisione partigiana "Modena", perse parecchi uomini ma, in realtà,
visto e considerato i tremendi abbagli presi da questi bollettini, non possono
essere presi in considerazione con assoluta certezza.
"Particolare
degno di rilievo: mentre si svolgeva l'attacco si celebrava nella Chiesa di
Boccasuolo, il matrimonio di una signorina di Pievepelago, Gianna Biondi, con un
militare tedesco, il dentista Pietro Kahlhammer, fuggito fra i partigiani nel
gennaio scorso. La sposa dopo il rito si rifuggiva a Frassinoro in mezzo a un
fitto grandinare di proiettili."(19)
Nella storiografia
partigiana si accenna, per questo giorno, ad un attacco ad un presidio fascista
della Brigata Nera nella zona di Spilamberto, con l'uccisione di "sei
criminali".(20) Non ci sono notizie più particolareggiate di questo
episodio, né da parte fascista e tanto meno nelle altre storie della
resistenza, pertanto anche questa appartiene a quei fatti o inventati od
esageratamente ampliati della storiografia resistenziale.
DOMENICA 5 APRILE 1945
Si stanno avvicinando i
giorni conclusivi della spietata lotta civile nel nostro territorio e i
partigiani si dimostrano sempre più attivi nelle loro imboscate e nei loro
prelevamenti dei "feroci" fascisti. A Modena viene ucciso il
Brigadiere della GNR, di trentasette anni:
NASUTO RENATO.(21)
A Marzaglia viene brutalmente assassinato il giovane di diciannove anni: OTTANI
FILIPPO.(22) A Dogana di Fiumalbo rimane vittima della violenza il milite
della Divisione San Marco: WALLINI BRUNO.(23)
A Ravarino viene uccisa tale: MONTANARI
ADA.(24) A Villa Freto, un altra donna, presunta fascista, viene fatta
scomparire: CATELLANI GINA(25)
Le cronache dell'immediato
dopoguerra così descrivevano il rinvenimento del cadavere di questa poveretta:
"In
un fondo denominato San Carlo. sito nella zona di San Geminiano durante lavori
di sterro sono venuti alla luce resti di un cadavere, successivamente
identificato per quello della quarantasettenne Gina Catellani già residente a
Modena in Via Emilia Ovest 529. La Catellani nella prima decade dell'aprile del
1945 era stata prelevata nottetempo da alcuni partigiani e trasportata con un
automezzo nel podere San Carlo. La stessa Catellani veniva quindi uccisa con un
colpo di rivoltella alla nuca ed infine seppellita perché indiziata di
appartenere al Fascio Repubblicano. Sul luogo del ritrovamento dei pietosi resti
si sono recati i Carabinieri della Stazione di Villa Freto ed il sostituto
procuratore. Quest’ultimo al termine della constatazione di legge ha ordinato
la rimozione del cadavere ed il definitivo seppellimento in luogo consacrato.”(26)
VENERDI 6 APRILE 1945
A Fiumalbo resta ucciso in
questo giorno il marò della Divisione San Marco di ventuno anni: BAVAIERA
ALFONSO.(27) A Modena, una
bella e giovane ragazza, la laureanda in medicina di ventisei anni:
BACCHI ANNA MARIA(28),
viene avvicinata da tre individui che la informano che il fratello
Gianfranco, Ufficiale della G.N.R. è rimasto gravemente ferito in uno scontro
con i partigiani e, degente all'Ospedale di Modena avrebbe voluto parlarle. Era
una trappola ma la ragazza non dubitò un attimo e seguì i tre. Da quel momento
scomparve. Da notare che la ragazza non aveva mai avuto particolari interessi
per la politica. Il suo cadavere venne trovato solamente due anni dopo in un
campo di Villa Freto. Le indagini svolte nel dopoguerra portarono alla scoperta
degli assassini: si trattava di partigiani comunisti che al processo si difesero
dicendo di aver ricevuto l'ordine dal loro Comandante, il partigiano
"Luigi", il quale si scagionò sostenendo anch'esso di aver ricevuto
l'ordine da altri suoi capi.
SABATO 7 APRILE 1945
Nella zona di Pievepelago
viene sistemato un reparto di artiglieria da montagna, con pezzi da 75mm., che
avrebbero dovuto sparare contro i paesi della Valle del Dolo e servire a
rintuzzare gli attacchi dei partigiani.(30) Questi si stavano preparando
all'azione, in previsione dello sfondamento del fronte da parte delle truppe
angloamericane e di conseguenza concentravano i loro sforzi nelle zone della
montagna per attaccare i presidi germanici lungo la Via Giardini, ma i loro
attacchi, come vedremo al giorno 10, non sortiranno alcun effetto.
DOMENICA 8 APRILE 1945
A Casotto di Val D'Astico,
(Vicenza) viene ucciso da elementi partigiani, con un colpo alla nuca, il
modenese di ventitré anni: GASPARINI
CASARI ARRIGO.(31) Era nato a
Covington (Usa) e mentre il padre prestava servizio militare come maggiore di
artiglieria, poi nella G.N.R., si arruolava nel Corso Allievi Ufficiali
dell’Aeronautica. Venne deportato in Germania dopo l'armistizio. Come tanti
altri giovani in quel periodo, che intercorre alla costituzione della RSI, si
adatta a rivestire una divisa che è straniera, ma che non rinnega il sangue
versato dagli italiani in tre anni di guerra. Si arruola nella Divisione SS
Italiane, e nelle sue lettere vi è la testimonianza di quella situazione così
tragica che legittimava la scelta fatta in buona fede e senza secondi fini. Ecco
come scriveva ai suoi familiari, questo italiano oggi criminalizzato:
"4
Agosto 1943 - Babbo carissimo, non ho ancora messo il naso fuori
dall’Aeroporto. Saprai che la libera uscita è stata soppressa. Speriamo che
ci sia ridata presto, perché sento il bisogno di svagarmi un poco: il mio stato
d'animo non è molto allegro a causa degli avvenimenti; tu sai quanto male mi
possa fare il vedere il nostro paese ridotto in una situazione simile. Fuori i
giornali ed il popolo inneggiano alla libertà riconquistata; e pensare che
abbiamo il nemico in casa! Chi sa mai che cosa essi intendono per libertà. Io
però, per la mia dignità personale, sono pronto a fare qualsiasi cosa per il
mio paese. Arrigo"(32) In
un altra lettera scritta qualche mese più avanti, questo giovane così
esprimeva al fratello i suoi purissimi sentimenti:
"11
Gennaio 1944 - Caro fratello Benito, sono di ritorno in camerata dopo aver
assistito ad una lezione di tedesco e prima di coricarmi ti voglio scrivere
perché il 26 di questo mese è il giorno del tuo compleanno.....Come vi ho già
scritto, mi sono arruolato nelle SS. Tu avrai conoscenza intorno a questo Corpo
specialistico delle Forze Armate Germaniche. L'istruzione militare in Germania,
specialmente in questo corpo, è molto curata e quindi capirai che è abbastanza
dura, ma a me piace. Sappiate che sono contento di essermi arruolato nelle SS e
che non vedo l'ora di potere dare il mio contributo tangibile alla causa della
Nuova Europa: l'unica speranza che può avere l'Europa di vita e di benessere
domani. Caro Benito, in occasione del tuo compleanno ti faccio i miei più
sentiti auguri. Che la provvidenza divina ti protegga assieme al babbo e alla
mamma.Arrigo"(33)
A Cavezzo, zona dove si sono verificate una serie di
atrocità incredibili, vengono uccise due donne, madre e figlia; di trentotto
anni la prima, di diciotto anni la seconda:
CATTABRIGA STEFANINI PRIMA,(34)
CATTABRIGA PAOLINA.(35)
Presumibilmente è la stessa
banda di partigiani che due giorni dopo uccideranno i fratelli Morselli. Si
recarono dunque a Motta di Cavezzo per prelevare la giovane ragazza, ma la madre
si mise ad urlare e ad implorare perchè non le portassero via la figlia;
prelevarono anche la madre. Furono entrambe trascinate sull'argine del Secchia,
spogliate completamente e, una accanto all'altra, violentate, poi uccise e
sepolte in un qualche modo. Le vittime erano di umili condizioni e non si erano
mai interessate di politica.(36) A
Pievepelago restava vittima della violenza la levatrice STEFANINI
IRMA(36bis)
LUNEDI
9 APRILE 1945
A Marano sul Panaro viene
ucciso lo squadrista della Brigata Nera di anni settanta:
BELVERDI FRANCESCO(37),
era reggente del Fascio Repubblicano di quella località e faceva
l'agricoltore. Venne prelevato dalla propria abitazione dai partigiani ed il suo
cadavere venne scoperto solamente dopo una ventina di giorni.
MARTEDI 10 APRILE 1945
Siamo a Motta di Cavezzo,
dove il giorno otto erano già state uccise due donne. Otto persone, sette
uomini ed una donna, penetrano nottetempo nella casa di due fratelli possidenti
e la svaligiano di tutto quello che capita loro tra le mani. Compiuta la razzia,
il gruppo di individui ordinarono alla donna:
MORSELLI LATINA,(38)
di quarantadue anni, di uscire con loro. Il fratello:
MORSELLI ALBERTO(39),
di quarantotto anni si oppose ed anch'esso venne prelevato. Vennero
portati in un campo a circa due chilometri da casa, gli uomini usarono violenza
alla Morselli davanti al fratello. Al termine, uno di questi domandò: "c'è
più nessuno?", quindi portò la canna del mitra contro il grembo della
povera donna e sparò una raffica. Subito dopo fu ucciso il fratello ed i due
cadaveri vennero sepolti in un
unica fossa. Dopo molti anni venne trovata la tomba dei fratelli Morselli: i
cadaveri affioravano dagli arenili del fiume Secchia. Lo scheletro della donna
intatto, di sopra a quello del fratello, ma questi aveva il teschio tra i
femori, segno evidente che il disgraziato venne gettato là dentro con la testa
spiccata dal tronco.(40)
A Spilamberto viene ucciso
il milite della Guardia Nazionale Repubblicana:
BRAGGIO GIACOMO.(41)
In montagna i partigiani,
sull'onda delle avvisaglie degli attacchi anglo-americani sulla linea gotica e
che prevedono a breve scadenza lo sfondamento della stessa, cercano in un
qualche modo, di contribuire, attraverso combattimenti diretti, e non più con
il solito sistema delle imboscate e degli agguati, alla lotta contro il nemico
nazi-fascista. In uno di questi scontri perderà la vita il Comandante
partigiano , Mario Allegretti, decorato poi di medaglia d'oro.(42)
"Le
operazioni del 10 Aprile, che costituirono l'attacco di più vaste proporzioni
sferrato simultaneamente da tutte le formazioni partigiane, non diede i
risultati sperati: nessuno dei presidi nemici lungo la Via Giardini venne
eliminato. La ragione fondamentale sta’ nel fatto che la mancata offensiva
alleata fra il Monte Cimone e l' Abetone non fu effettuata. Perciò le truppe
germaniche del settore furono libere di fronteggiare l'azione dei partigiani;
non solo; ma in diverse zone l'attacco di questi ultimi si scontrò con analoghe
iniziative dei tedeschi. Sicché si accesero ovunque aspri combattimenti che
ottennero il risultato di impegnare rilevanti forze nemiche senza per altro
sloggiarle dalle loro posizioni."(43)
Se ne deduce che senza
l'intervento delle truppe anglo-americane non sarebbe stato possibile liberare
la Provincia di Modena dall'odiato tedesco. Ma tutto questo contrasta in modo
inequivocabile con la maggioranza delle pubblicazioni della storiografia
apologetica resistenziale e con tutte le celebrazioni ufficiali ad essa
connesse, dove si dà per certa la "liberazione" della Provincia di
Modena da parte delle formazioni partigiane e che, quando arrivarono le truppe
"alleate", trovarono le zone sgombre per il fattivo lavoro compiuto da
queste formazioni.
Ma non sarebbe più serio e
anche storiograficamente più veritiero, ammettere che le formazioni partigiane
entrarono nei paesi e nelle città dopo che queste vennero abbandonate dalle
truppe tedesche e fasciste in seguito al decisivo attacco sferrato dall'ormai
incontenibile macchina bellica americana?
Un altro episodio, non ben
definito nei suoi margini è quello avvenuto a Vignola, dove, secondo le
narrazioni partigiane, un gruppo di fascisti della B.N. "Mirko
Pistoni", si arrese ai partigiani della brigata "Italia", non
comunista e sarebbe partita con loro con parte delle armi in dotazione.
"Ciò
che poi accadde, ossia il fatto che dalla montagna il gruppo di fascisti non
fece più ritorno, è cosa difficilmente indagabile. Tuttora oggetto di diverse
supposizioni."(44)
Vennero dunque eliminati dai partigiani democristiani
oppure si aggregarono al loro
gruppo suscitando le ire comuniste che forse avrebbero voluto usare la
"loro" giustizia e non vi riuscirono? Da parte fascista non sono
apparse testimonianze tali da poter eliminare questo punto interrogativo.
MERCOLEDI 11 APRILE 1945
Gli anglo-americani
intensificano la loro pressione su tutto il fronte e martellano le retrovie
italo-tedesche con furibondi bombardamenti. Quotidianamente, in questi giorni,
tutto l’Appennino modenese venne sottoposto a massicci bombardamenti aerei, il
solo centro di Vignola subì, dall'11 al 20 Aprile, ben nove incursioni aeree
che causarono parecchie vittime e gravissime distruzioni.
Intanto, in tutta la
Provincia si continuava ad uccidere. A Nonantola viene soppresso il civile di
quarantanove anni: SERAFINI
VALENTINO.(45)
A Medolla i partigiani
uccidono il giovane milite della RSI di diciotto anni:
BELLONI GISBERTO.(46)
In varie località della
Provincia, a Torre Maina, a Modena e a Carpi, fascisti e tedeschi fucilano
cinque partigiani.(49)
GIOVEDI 12 APRILE 1945
A Sassuolo viene ucciso il
trentenne: GIORDANI
CARLO,(50) era guardia di
P.S. della questura di quel centro.
Tra Bastiglia e Ravarino i
partigiani uccidono due fascisti: si trattava dello squadrista della B.N.
"Eugenio Facchini" di quarantuno anni: GOVONI GIUSEPPE,(51)
che venne prelevato ed ucciso assieme al ravarinese di trentasette anni:
GARDOSI GIULIO.(52)
Le salme di questi
sventurati saranno recuperate il 28 Giugno 1945, in seguito ad una lettera
anonima che stabiliva il punto esatto del seppellimento in una località nei
pressi di Bomporto.
A Nonantola trova la morte il civile
di cinquantadue anni: SERAFINI
GIUSTO.(53)
VENERDI 13 APRILE 1945 A
Modena, il Tribunale straordinario fascista, costituito presso il 42°
Comando Provinciale, condanna a morte il milite della B.N. Morselli Oreste, che
si era macchiato di delitti comuni. La fucilazione viene effettuata alle ore 19
nei pressi dello Stadio Comunale.
A Spilamberto rimane ucciso,
in uno scontro con i partigiani il giovane milite della GNR, di diciannove anni:
PALTRINIERI ORAZIO.(54)
A Vignola viene ucciso il
giovane elettricista di venti anni: MORA
CARLO.(55)
Nella tormentata zona di Monchio
viene assassinato da elementi partigiani il giovanissimo seminarista,
quattordicenne: RIVI
ROLANDO(56).
SABATO 14 APRILE 1945
Modena: due fascisti vengono
uccisi dai partigiani e le loro salme non verranno mai recuperate; si trattava
del milite della GNR di ventiquattro anni BARBIERI
NINO(57) e del milite della
Brigata Nera: PADOVANI AMEDEO(58).
Sempre in Comune di Modena,
a San Pancrazio, viene soppresso l'Agente di P.S. di quarantaquattro anni:
ALBONI FRANCESCO.(59)
In un mitragliamento aereo,
perde la vita la camicia nera, di venti anni:
PAPA EDOARDO,(60)
era nativo di Pautin Saine (Francia) e faceva parte della Milizia
contraerea.
Militi della Brigata Nera
fucilano, a Modena, un partigiano.(61)
DOMENICA 15 APRILE 1945
Violente incursioni aeree su
tutto il territorio della Provincia modenese; vengono particolarmente presi di
mira dai bombardieri anglo-americani i centri di: Guiglia, Spilamberto, San
Vito, Formigine, Casinalbo, Baggiovara, Sassuolo e Vignola. A Festà, mentre la
gente usciva dalla Chiesa al termine della messa, arrivarono all'improvviso
alcuni aerei in picchiata sganciando bombe e mitragliando. Provocarono una vera
strage. I morti furono 42 e la Chiesa venne completamente distrutta.
Mentre la morte arrivava dal
cielo su tanti paesi, i partigiani continuavano la loro opera con agguati,
attentati e prelievi nei confronti dei fascisti o dei presunti tali, che ormai
sentivano che il crollo finale era imminente e non riuscivano più a contrastare
la mattanza organizzata dalle bande partigiane comuniste.
A Spilamberto, in uno di
questi attentati rimangono vittime due militi della GNR:
ZANARINI ALVARO,(62) e
MARINO ANDREA.(63)
A Marano sul Panaro, vengono
brutalmente assassinati tre fascisti: con il classico colpo alla nuca dei
partigiani comunisti, viene ucciso il fuochista di trentasette anni: VECCHI
BRUNO,(64) mentre in un
castagneto viene ucciso l'impiegato, di trentuno anni:
CAVALLINI CORRADO,(65)
ed ancora con un colpo alla nuca viene assassinato il milite della
Brigata Nera di venti anni: MARTINELLI
ETTORE.(66)
La violenza, la cattiveria e
la rabbia, da entrambe le parti in lotta, regnano ormai sovrane; la guerra
civile raggiunge limiti parossistici, i fratelli si scannano vicendevolmente,
impera la legge dell'occhio per occhio, dente per dente. A Modena i militi della
Brigata Nera fucilano un giovane partigiano.(66bis)
LUNEDI 16 APRILE 1945
In Comune di
Modena, a San Matteo, viene ucciso sulla pubblica via il milite della G.N.R., di
ventitré anni: FORGHIERI
GIORGIO.(67)
A Torre Maina resta ucciso
l'impiegato di trentacinque anni: TRENTI
GIOVANNI RENATO.(68)
MARTEDI 17 APRILE 1945
VIII°
Armata Americana, travolge, appoggiata da un massiccio intervento
dell'aviazione, la disperata resistenza tedesca nella zona di Argenta,
avvicinandosi così a Ferrara, creando la minaccia di un aggiramento di Bologna,
che era già particolarmente pressata da sud da altre forze americane e da est
dalle divisioni britanniche. La ritirata tedesca, da questo momento, andrà
assumendo sempre più l'aspetto di una fuga precipitosa e disordinata.
In Provincia di Modena, in
località imprecisata, perde la vita il milite della GNR:
BIONDI ORLANDO.(69)
MERCOLEDI' 18 APRILE 1945
Formazioni aeree
anglo-americane continuano, attraverso micidiali, quanto inutili bombardamenti,
a seminare lutti in tutta la Provincia di Modena.
Vengono particolarmente
presi di mira i centri di: Monteorsello, Pavullo, Formigine e Modena.
Gravissime distruzioni
vengono inferte al centro più importante del Frignano; il paese di Formigine
venne quasi completamente distrutto e venti civili rimasero sotto le macerie,
tra essi il noto scienziato, conte Prof. Tito Bentivoglio.
Modena, nel primo
pomeriggio, venne centrata dai bombardieri per la sesta volta. Venne
particolarmente presa di mira la zona di Rua Muro ove era , a Palazzo Margherita
la Caserma della Brigata Nera, rimasta, sino a pochi anni fa’, l'unica
testimonianza visibile di quel tragico periodo.
La caserma venne centrata in
pieno e parecchi militi rimasero sotto le macerie; il comandante della Brigata
Nera mobile, Franz Pagliani, in quei giorni ancora a Modena per
organizzare la ritirata delle truppe fasciste al di là del Po, rimase
fortunatamente illeso essendosi venuto a trovare nell'ala non crollata del
fabbricato. Persero la vita in quella incursione: il maggiore della GNR di
cinquantatré anni: MALAGUTI
ETTORE,(70) il milite della GNR
di diciannove anni: ESPOSITO ALBERTO,(71) il
milite della Brigata Nera di sedici anni: SANTONI
ARMANDO,(72) e tre militi della
Brigata nera modenese, estratti dai rottami e non riconosciuti e pertanto
rimasti: IGNOTI.(73) Anche Soliera venne colpita da un bombardamento aereo e nell'opificio, centrato in pieno, persero la vita una donna e due bambini. A
Mirandola, in un’imboscata, perde la vita il Capitano della GNR: MILLESIMI
ARNALDO.(74) Il
Capitano Arnaldo Millesimi era nato a Rieti il 13 febbraio 1908 da Silvio
Millesimi e Antonia Pitoni e si era
sposato il 4 febbraio 1929 con Anna Irma Romanelli. Millesimi
morì il 18 aprile 1945 in un assalto ad un cascinale nelle campagne di
Mirandola. Era partito con pochi uomini sotto l'impulso emotivo per la cattura
del caro amico Tavoni. Voleva trovarlo se ancora vivo, vendicarlo se morto, ma
fu ucciso da un partigiano, lo stesso che Millesimi aveva liberato qualche
giorno prima. Venne
raccolto morente da un suo soldato, il Milite Mario Camilli. Il giovane Camilli
piangeva nel vedere il suo Comandante ferito a morte, al che lo stesso
Millesimi, con l'ultimo fiato che aveva in gola, gli disse: «Che piangi! I
morti non si piangono: si vendicano nel nome d'Italia!». Venne
trasportato all'Ospedale Militare di Modena, dove un medico certificò il suo
decesso. Fu sepolto nel Cimitero di S. Cataldo di Modena il 20 aprile 1945, alla
fila 18, n. 255 del campo sinistrati.
A Maranello, i partigiani
fucilano il giovanissimo operaio di diciassette anni:
PORTA LODOVICO(75);
il padre di questo ragazzo era stato assassinato, sempre dai partigiani,
un mese prima, a Spilamberto.
A San Martino in Spino, in
uno scontro con i partigiani restano uccisi tre giovani sottufficiali della
Guardia Nazionale Repubblicana: MORETTI
CARLO LEO,(76) TAVONI WALTER,(77)
e MUGNAINI FERNANDO.(78)
Quest'ultimo aveva
diciannove anni. Proponiamo una sua lettera, scritta alla mamma ed emblematica
del pensiero dei giovani fascisti, che in quegli ultimi giorni, continuarono a
battersi con tutte le loro forze, pur sapendo che il crollo era ormai certo:
"
Cara mamma, ho ricevuto ieri la tua lettera del 9...L'epicentro della tempesta
si approssima. Tutto il mondo, col peso del suo marcio sta’ per rovinarci
addosso. Irrigidiamoci! Disumaniamoci! Dimentichiamo affetti, sentimenti, tutto
ciò che riguarda noi stessi. Facciamoci un cuore di sasso; imponiamoci una
coscienza spartana. Induriamoci nella rinuncia. Le mascelle serrate, tiriamo
diritto sino in fondo, a qualunque costo. Tutto, tutto perisca! Uomini, cose,
città di ieri e di oggi. Muoia tutto un passato e tutto un presente. L'idea
sola resti grande per la vittoria e nella vittoria. Tutto perdiamo! Amici,
parenti. congiunti, gioie. Restiamo nudi! L'anima sola di noi resti! Ma che il
nemico scavalcando i nostri cadaveri, senta su di sè la condanna del sangue che
lo schiaccia; l'alito invincibile di una fede che ha smosso le montagne e
sconvolto cieli e oceani. Non sò perché ti scriva così. Sono un carattere
difficile, lo sai; non amo confessare a nessuno e tanto meno a tè quello che ho
dentro; ma dal momento che lo vuoi, oggi faccio un eccezione, anche sapendo di
esprimermi, come al solito, con una crudezza che non ti farà bene.....Adesso
per la prima e forse ultima volta, ho una fede che mi fa’ sentire la bellezza
della vita e della lotta che la giustifica, che rende degni di amarla e di
viverla. Questa parentesi di vita e di luce che una immane tragedia di popoli mi
offre come un imperativo nel rischio della disperata missione, finalmente mi
fa’ pensare con serenità e spirito di coscienza. Adesso capirai perché
in questa parentesi, per me inestimabile, io getti affetti, speranze, energie,
l'anima intera a consumarsi; vivendo nel tumulto tutta la sua giovinezza. A Dio
chiedo solo che io possa al momento del collaudo restare coerente a mè stesso,
ch'io non retroceda, nè esiti, nè mi smarrisca, quando apocalittica infurierà
la lotta sui campi d'Europa e la vittoria vorrà significare credere fino ai
limiti dell'assurdo e oltre. Fernando
Mugnaini."(79)
In questo giorno le prime
truppe "alleate" entrano nella Provincia di Modena e precisamente in
territorio di Monteombraro nei pressi di Zocca.(80)
GIOVEDI 19 APRILE 1945
La resistenza italo-tedesca,
su tutto il fronte italiano, comincia vistosamente a cedere e sulle strade della
nostra Provincia interminabili colonne di militari, su ogni mezzo disponibile
sono in ritirata per cercare di raggiungere i guadi del Po,
in maniera tale da non trovarsi imbottigliati dall'azione a tenaglia
delle forze alleate che ormai irrompono ovunque su di un fronte in completo
sfaldamento, anche se, in molte zone la resistenza tedesca è accanita. Le
formazioni partigiane si limitano a seguire alla distanza questa ritirata e
solamente in rarissimi casi si scontrano con il grosso delle truppe; più
frequenti saranno invece gli attacchi a militari isolati, tedeschi o fascisti e
alle piccole pattuglie che, o per mancanza di informazioni, o perché lontane
dalle grandi vie di comunicazione, troveranno notevole difficoltà a
congiungersi con il grosso dei reparti.
Si prefigura invece l'opera
di mattanza nei confronti dei fascisti o presunti tali, da parte delle
formazioni partigiane che raggiungerà il vertice massimo nei giorni e nelle
settimane immediatamente successive alla "liberazione".
A Spilamberto cinque
fascisti vengono uccisi da reparti partigiani: due fratelli giovanissimi, il
primo di quindici anni ed il secondo di ventuno anni:
RICCO' ANGELO(81), e
RICCO' GIUSEPPE(82); oltre
a : PELLI PIETRO,(83) VEZZALI ERNESTO,(84) e MONTICELLI PIERO.(85)
Vignola, che in queste
ultime giornate di guerra, venne quasi quotidianamente colpita e quasi
completamente distrutta, subisce l'ultimo bombardamento. In pieno centro
parecchi edifici saltano in aria e centrata venne anche la mensa Ufficiali
dell'Artiglieria contraerea.
Nella zona di Campogalliano rimane
vittima della violenza, tale: MARCHI
GIUSEPPE.(86)
NOTE
1 Elenco
caduti della RSI n. 149 in Arch. Ass. Cad. 2 ibidem
n. 413 3 cfr.
E. Gorrieri, in : "La repubblica di Montefiorino" pag. 646. 4 cfr.
lettera del Comune di Lama Mocogno alla Ass. Cad. RSI del 23 Febbraio 1956 prot.
325. 5 cfr.
verbali dell'interrogatorio dell'Archivio CLNM, BG. in : E. Gorrieri, op. cit.
pag. 646. 6 ibidem
pag. 654. 7 cfr.
A. Galli, "Pievepelago nella seconda guerra mondiale" pag. 127. 8 cfr.
elenco caduti n. 173.
9
ibidem n. 182 10 ibidem n. 183.
11 lettera
del Comune di San Prospero del 10.1.57 prot. n.70 12 cfr.
testimonianza olografa del Dott. Enzo Rebucci, del 1947, e di proprietà dei
familiari attualmente viventi. 13 cfr.
elenco caduti n. 782. 14 cfr. E.
Gorrieri op. cit. pag. 657. 15 cfr.
Ventennale della Resistenza del Comune di Nonantola, pag. 55. 16 cfr.
ISR Rassegna n. 3 , pag. 18: i caduti partigiani furono: Dino Bruni, Gastone
Dondi, Franco Ferrari, Corrado Malagoli, Giuseppe Martinelli, Guglielmo
Paltrinieri, Sergio Pellacani, Uber Rovatti. 17 cfr.
lettera del Comune di Soliera in data 18 Febbraio 1956 prot. 435. 18 cfr.
ESGC.Pi 19 cfr. A.
Galli op. cit. pag. 128. 20 cfr. F.
Borghi: "L'an n'era menga giosta" pag. 319. 21 cfr.
elenco caduti n. 538.
22
ibidem n. 552. 23 ibidem n. 778.
24 cfr.
ESGC.Pi 25 cfr.
elenco caduti n. 202. 26 cfr.
Gazzetta dell'Emilia del 28 Settembre 1947 27 cfr.
elenco caduti n. 66. 28 ibidem
n. 36. Vedi anche nota n. 41 mese di Gennaio 45.ivi. 29 cfr.
Gazzetta dell'Emilia del 1° febbraio 1949. 30 cfr. A.
Galli, op. cit. pag. 128. 31 cfr.
elenco caduti n. 329. Il padre ed il fratello di questo caduto, morirono in una
imboscata tesa loro dai partigiani a Soliera il 15 Settembre 1944.(vedi). 32 cfr.
lettera in Arch. Ass. Cad. Rsi. 33 cfr. A.
Scarpellini: "Lettere dei caduti della Rsi". 34 cfr.
elenco caduti RSI n. 204. 35 ibidem
n. 205. 36 cfr.
testimonianza Dott. Rebucci, citata. 36bis 37 cfr.
elenco caduti n. 80
38 ibidem 39 ibidem 40 cfr. test. Dott. E. Rebucci, cit. 41 cfr.
lettera del Comune di Guiglia del 23 Febbraio 1956 prot. n. 325. 42 cfr.
ISR Rassegna n. 1 pag. 28-29. 43 cfr. E.
Gorrieri, op. cit. pag. 662. 44 cfr. A.
Venturi: "Zona 5 - Antifascismo e resistenza nel vignolese" pag. 101. 45 cfr.
lettera del Comune di Nonantola del 23 Gennaio 1957 prot. 186. 46 cfr.
lettera del Comune di Medolla del 16 Gennaio 1956 prot. 42. 49 A Torre
Maina vengono fucilati: Cesare Montanari, Giuseppe Pini e Onelio Pini. A Modena
in località Madonnina viene
fucilato: Alfio Ronchetti. A Carpi: Alcide Guidetti. Da ISR n.3 50 cfr.
elenco caduti n. 348.
51
ibidem n. 333. 52 ibidem n. 359. 53 cfr.
lettera del Comune di Nonantola cit. 54 cfr.
elenco caduti n. 562. 55 cfr.
lettera Comune di Vignola del 3.2.56 prot. Questo nominativo viene anche citato,
si presume erroneamente, nell'elenco dei caduti partigiani in ISR Rassegna n. 3 56 cfr. E.
Gorrieri, op. cit. pag. 644. cfr. anche in " Martirologio", un ampio
resoconto su questo efferato omicidio. 57 cfr.
elenco caduti n. 54; era nipote della sig.ra Pignatti Iolanda uccisa il 27
Aprile 1945. 58 ibidem
n. 553. 59 cfr.
elenco caduti RSI inumati al cimitero di San Cataldo, e in elenco generale al n.
568. 60 cfr.
elenco caduti inumati a San Cataldo. 61 cfr. R.
Lazzero in: "Le Brigate Nere", pag. 283; si trattava del partigiano
Sergio Roncaglia. 62 cfr.
cfr. elenco caduti RSI inumati a San Cataldo 63 cfr. F.
Borghi, op. cit. pag. 438. 64 cfr.
lettera Comune di Vignola cit. 65 ibidem 66 ibidem 66bis cfr. R. Lazzero, op. cit. pag. 283; si
trattava del giovane partigiano, Renzo Stancari. 67 cfr.
elenco caduti n. 307. 68 cfr.
lettera Comune di Vignola cit. 69 cfr.
elenco caduti RSI 70 ibidem
n. 447. 71 ibidem
n. 270; deceduto all'Ospedale Militare. 72 cfr.
elenco caduti.
73
ibidem. 74 ibidem
n. 497. 75 cfr.
lettera Comune di Vignola, cit. 76 cfr.
elenco caduti 77 ibidem
n. 748. 78 cfr. G.
Pisanò: "Gli ultimi in grigioverde" vol. 4° pag. 2099. 79 cfr. A.
Scarpellini, op. cit. pag. 139. 80 cfr.
articolo, "Il passaggio del fronte a Monteombraro" in :ISR Rassegna n.
6 pag. 65. 81 cfr.
elenco caduti n. 650. 82 ibidem
n. 651. 83 cfr.
ESGC.Pi 84 ibidem
e in F. Borghi, op. cit. alla voce: Perdite
della Repubblica Sociale Italiana e della Brigata Nera di Spilamberto: pag. 438. 85 cfr.
elenco caduti RSI n. 511. 86 ibidem
n. 463.
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