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Attualita

GIORNO DEL RICORDO

“La vita è esplorazione, nel ricordo di Ambrogio Fogar”

Il 10 febbraio, "Giorno del ricordo", al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati.
Notizie, appuntamenti, comunicati e ogni altra informazione
Cosa sono le Foibe?
Le foibe sono delle cavità naturali, dei pozzi, presenti sul Carso (altipiano alle spalle di Trieste e dell'Istria). Alla fine della Seconda guerra mondiale i partigiani comunisti di Tito vi gettarono (infoibarono) migliaia di persone, alcune dopo averle fucilate, alcune ancora vive, colpevoli di essere italiane o contrarie al regime comunista.

Quanti furono gli infoibati?
Purtroppo è impossibile dire quanti furono gettati nelle foibe: circa 1.000 sono state le salme esumate, ma molte cavità sono irraggiungibili, altre se ne scoprono solo adesso (60 anni dopo) rendendo impossibile un calcolo esatto dei morti. Approssimativamente si può parlare di 6.000 - 7.000 persone uccise nelle Foibe, alla quali vanno aggiunte più di 3.000 persone scomparse nei gulag (campi di concentramento) di Tito.

Chi erano gli infoibati?
Gli infoibati erano prevalentemente italiani. In generale tutti coloro che si opponevano al regime comunista titino: vi erano quindi anche sloveni e croati. Tra gli italiani vi erano ex fascisti, ma sopratutto gente comune colpevole solo di essere italiana e contro il regime comunista.

La Foiba di Basovizza
La cosiddetta "Foiba di Basovizza" è in origine un pozzo minerario: esso divenne però nel maggio del 1945 un luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti e civili, da parte dei partigiani comunisti di Tito, dapprima destinati ai campi d'internamento allestiti in Slovenia e successivamente giustiziati a Basovizza.
Le vittime destinate ad essere precipitate nella voragine di Basovizza, venivano prelevate nelle case di Trieste, durante i 40 giorni di occupazione jugoslava della città (dal 1 maggio 1945). A Basovizza arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate.
Ma quante furono le persone gettate nella Foiba di Basovizza? Per quanto riguarda specificamente le persone fatte precipitare nella foiba di Basovizza, è stato fatto un calcolo inusuale e impressionante. Tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage, fu rilevata la differenza di una trentina di metri. Lo spazio volumetrico conterrebbe le salme degli infoibati: oltre duemila vittime. Una cifra agghiacciante. Ma anche se fossero la metà, questa rappresenterebbe pur sempre una strage immane... e a guerra finita!

Il monumento della Foiba di Basovizza
Nel 1980, in seguito all'intervento delle associazioni combattentistiche, patriottiche e dei profughi istriani-fiumani-dalmati, il pozzo di Basovizza e la Foiba n.149 vennero riconosciute quali monumenti d'interesse nazionale. Il sito di Basovizza, sistemato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi del 1943 e 1945, ma anche il fulcro di polemiche per il prolungato silenzio e il mancato omaggio delle più alte cariche dello stato. Tale omaggio giunse nel 1991, anno cruciale per la dissoluzione jugoslava e dell'Unione Sovietica, quando a Basovizza si recò l'allora presidente della repubblica Francesco Cossiga, seguito due anni più tardi dal successore Oscar Luigi Scalfaro, che nel 1992 aveva dichiarato la Foiba di Basovizza "monumento nazionale".

Per maggiori informazioni vai al sito:   www.lefoibe.it

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Apre a Modena la Mostra sulle Foibe 


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Ferrovie: il caso è serio!

Se basta un'avaria a un carrello dell'Intercity Lecce-Milano a bloccare per ore il traffico ferroviario lungo l'intera linea adriatica, come è avvenuto ieri mattina, vuol dire che queste sono davvero settimane nere per le Ferrovie dello Stato dove la realtà viene svelata agli occhi degli utenti dopo le recenti pompose e costosissime celebrazioni del loro centenario.

Un'avaria può sempre verificarsi, un incidente anche (vivo è il ricordo di Roccasecca), ma quello che nella normalità e onestà amministrativa sarebbe inammissibile è lo stillicidio di guasti ai locomotori, al segnalamento, agli scambi, l'inagibilità delle porte di intercomunicazione, toilettes e impianti di riscaldamento su cui è meglio stendere un pietosissimo velo.

Tutte queste inefficienze sono il pane quotidiano di chi è costretto ad usare il treno (poi ti ringraziano per aver scelto FS, come se ci fosse la possibilità di fare diversamente) e gli ultimi gravissimi disagi sono compagni di viaggio non occasionali dei viaggiatori paganti. Come i ritardi continui e, perfida usanza di recente adozione, addirittura le soppressioni di convogli.

Sgomenta constatare la stratosferica distanza tra le ambizioni di un'azienda proiettata su progetti di alta velocità europea e la completa incuria della quotidianità, all'ordinarietà feriale del trasporto su treno. Un paese che non sa tenere le ferrovie di oggi neanche in sommarie condizioni di efficienza sicuramente non avrà domani un'alta velocità efficiente né sicura.

Qui stà il punto: efficienza, razionalità, tempestività degli interventi sono men che chimere. Per non dire di quella elementare forma di buona creanza traducibile nell'informazione corretta ai viaggiatori che continuamente incappano in contrattempi che si traducono in ore di attesa in mezzo al nulla nel vuoto di spiegazioni: nessuna comunicazione, nessuna assistenza, nessuna certezza tranne quella del rimpallo continuo delle responsabilità e competenze.

Colpa di un sistema al cui interno un responsabile non esiste mai, sicchè ogni imprevisto è addebitabile a qualcun altro (a chi? ai macellai? agli imbianchini?). Ovvio che così nessuno paga, nessuna testa salta, nessuno viene fatto sloggiare dalla sua poltrona.

A cento anni dalla nazionalizzazione le ferrovie scontano un deficit culturale che è il più grave dei loro guai. Difettano pesantemente la cultura della precisione e quella della puntualità, e nessuno rimpiange “gli anni in cui c'era Lui”: durante il Ventennio i ritardi non c'erano; oggi, invece, con le innovazioni della tecnica sì.

Manca, poi, la cultura civile dell'attenzione alle esigenze della comunità, altrimenti non si spiegherebbero orari demenziali e misure fatte apposta per penalizzare gli utenti.

Manca -carenza più rilevante e imperdonabile- la cultura del servizio al cittadino, che si traduce nell'orgoglio di svolgere un servizio di pubblica utilità. Durante il ventennio questa consapevolezza esisteva ed era molto forte. Oggi è andata completamente persa. Un altro danno della falsa democrazia!

Forza Nuova

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“Vergognosa equiparazione tra partigiani e repubblichini di Salò”

I Radicali di sinistra: “Approda in Senato questa inaccettabile proposta. L’ultimo oltraggio neofascista alla storia italiana. Un ordine del giorno aberrante. Un’altra legge vergogna”.

 
(www.dilloadalice.it n.87 del 11/01/2006)

 

Resta solo un mese a questa legislatura. Troppo poco per fare molte cose utili. Quanto basta per temere di veder approvata un'altra legge vergogna.

Non sono in gioco gli interessi del premier, questa volta, ma quella smania di riscrivere la storia d'Italia che anima troppo spesso lui stesso e i suoi alleati. Nonostante mesi di polemiche, l'11 gennaio approderà in aula al Senato il provvedimento che riconosce ai repubblichini di Salò lo status di militari belligeranti. Equiparandoli, per legge, a quanti combatterono per la libertà.

Il voto finale è già previsto per il 16 gennaio, in tempo per regalare una nota di revanchismo storico alla campagna elettorale. Non in tempo, fortunatamente, per arrivare all'approvazione finale della Camera.

I Radicali di sinistra trovano aberrante che la maggioranza abbia voluto iscrivere all'ordine del giorno la proposta vergognosa di equiparare i reduci di Salò ai partigiani che contribuirono a liberare l'Italia dall'occupazione tedesca e dalla dittatura fascista.

Si tratta dell'ultimo oltraggio alla storia italiana, nel voler marchiare questa legislatura con l'infamia di un provvedimento del genere.

Massimo Giordano
Radicali di sinistra.Responsabile democrazia, laicità, cittadinanza
 

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Manifestazioni nel mondo contro le vignette

Mentre in occidente la discussione verge sul dibattito tra chi sostiene la pubblicazione di tali vignette invocando la libertà di stampa e chi invece ritenendole blasfeme o quanto meno offensive condanna l'atto del giornale danese, in diversi stati dove la maggior parte della popolazione è musulmana si sono verificati numerose manifestazioni violente. I sostenitori della protesta vogliono le scuse dei governi danese e norvegese, responsabili secondo loro dell'accaduto.

In particolare molte di queste manifestazioni sono sfociate in atti di odio verso la Danimarca, l'Europa in generale e il Cristianesimo. I manifestanti hanno assaltato le ambasciate danesi in diversi stati, lanciando poi pietre e perpetrando cariche contro il cordone di polizia impegnato nel tenere a bada la folla. Questi scontri hanno portato inoltre alla morte di alcune persone. Lo sheikh Youssef Qaradawi ha emesso una fatwa sui disegnatori dicendo pubblicamente che è lecito ucciderli, in diretta tv ha invitato tutti i fedeli a colpire il nemico. La stessa cosa ha fatto sayyid Hassan Khomeini, nipote del fondatore della Repubblica Islamica in Iran, e dal segretario dell’Hezbollah libanese Hassan Nasrallah.

Contro la Danimarca alcuni stati arabi hanno promulgato l'embargo contro i suoi prodotti, e alcuni cittadini Danesi ed europei son stati perseguitati nei paesi arabi perchè ritenuti colpevoli e "conniventi" con i vignettisti ed editori.

Alcune manifestazioni sono state organizzate anche in diverse capitali europee, come ad esempio a Londra. Qui non si sono verificati episodi di violenza, anche se diverse persone hanno utilizzato questo genere di manifestazioni per esprimere il proprio odio nei confronti della società occidentale, esponendo cartelli contro l'intera Europa [1].

Il 5 febbraio 2006, il sacerdote don Andrea Santoro è stato ucciso mentre pregava nella chiesa di Santa Maria di Trebisonda, in Turchia. L'8 febbraio la polizia turca ha arrestato l'assassino, reo confesso, Ouzan Akdil, di sedici anni. Il ragazzo pare sia rimasto scioccato dalla vicenda delle caricature del profeta islamico, anche se non sono ancora chiare le reali motivazioni che lo hanno portato ad assassinare con due colpi di pistola don Santoro. Secondo la polizia il movente "religioso" addotto dal ragazzo potrebbe essere una scappatoia per evitare 20 anni di carcere qualora si confermasse l'ipotesi di una vendetta di mafia; secondo questa ipotesi, il ragazzo sarebbe stato "pilotato" ad uccidere il missionario (che si occupava di recuperare prostitute cristiane provenienti dai paesi dell'ex URSS). Si tratterebbe, dunque, di un uso strumentale della crepa diplomatica creatasi a causa della vicenda delle vignette "blasfeme".

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“La vita è esplorazione, nel ricordo di Ambrogio Fogar”

Emilia Caronna, da tempo impegnata nelle iniziative per studenti universitari disabili e fasce deboli, incontra la figlia dell’esploratore.

(www.dilloadalice.it n.91 del 08/02/2006)

Francesca: Ambrogio aveva due sorelle ed un fratello, e con la mia nonna d'estate raggiungeva Val Bagnanco. Era una famiglia povera e mia nonna si dedicava a fare scuola lì, nasce così la condivisione del sapere, e la comunicazione con altri viene trasmessa ai figli. Acquista valore e Ambrogio la riversa nei suoi giri nel mondo, i suoi ritorni, la gioia, la condivisione, è "La festa, la vita è un dono", ripeteva Ambrogio, e me lo ricordava ogni volta che avevo da lamentarmi del vivere, dell'esistenza, quando mi ponevo domande a cui non sapevo rispondere.

Emilia: Ambrogio era credente?

Francesca: Mi diceva: "La vita porta la vita, la vita non è tua, rispettala, dedicale poesia, la vita appartiene alla vita, tenendoci per mano", questa è la condivisione, così come siamo, questa è la diversità, deve esserci, è la non-omologazione...

Emilia: Questa diversità mi sta bene. Recita l'unicità di ognuno, porta poesia e bellezza, il valore sta nell'uso della diversità. Detesto la frase 'diversamente abile', 'diversamente sportivi', 'diversamente qualsiasi altra cosa': m'irrita, perché è ovvia, non può essere riferita solo ai disabili. Ambrogio non è stato compreso come uomo, il suo essere esploratore, il suo essere non controllabile, ne ha fatto un chiacchierato. Non era omologabile a nessuno, ad una norma, ad una media di individui, ecco che viene scoperto quando entra nella dimensione del 'disabile'...

Francesca: Nel corso dei 13 anni Ambrogio è immobilizzato, solo nel corpo però. L'opinione pubblica cambia indirizzo: povero Ambrogio! Ma lui non se ne curava, non ne soffriva, io sì, m'intristiva vedere che lui non poteva più portarsi in giro, e per me è complicato portare il suo messaggio di positività, lui comunque non ci aveva mai rinunciato, nonostante tutto. Giovedì avrebbe avuto piacere ad esserci, sarebbe stato contento, a me dispiace che non ci fosse...

Emilia: Guarda che io non vivo di nostalgie, mai. Ti trovi in situazioni, in contesti indipendenti da te, scegli e li vivi, ma senza ripensamenti o nostalgie. Lo troverei inutile.

Francesca: Ma il periodo più bello della mia vita è stato quando lui c'era, comunque fosse... Le immagini di giovedì: i filmati, la ballerina senza braccia, lo sciatore senza una gamba, la loro determinazione, emozioni senza respiro...

Emilia: Una volta sono stata invitata al teatro Lenz con Mino, ad una restituzione (così chiamano lo spettacolo), dopo un corso di teatro con attori disabili e non. In un quadro tre ragazzi vestiti uguali, due che al centro tenevano, abbracciandolo, un attore distrofico, ondeggiavano, danzavano, sincronia e comunanza, ad un certo punto erano solo tre attori, senza distinzione alcuna... All'inizio io ero angosciata e Mino un po' disorientato e alla fine? Io desideravo spogliarmi e rotolare fra loro sul palcoscenico, Mino esaltava l'estetica dei corpi. Così era la ballerina, lo sciatore, stessi sentimenti...

Francesca: Ti faccio una domanda, pensi, agisci e fai in una totalità completa, è una scelta rara, come ci sei arrivata? Quando hai cominciato?

Emilia: Non c'è inizio, forse è la consapevolezza che fissa una data... io vivo questa dimensione, la mia attenzione ad afferrare velocemente chi e cosa mi passa accanto, casualmente. La curiosità, il provarmi, entrare con il mio corpo e il pensiero in situazioni limite, è esplorare, io ho esplorato l'altro, l'effetto dei farmaci in gravidanza, le malformazioni, il sapere scientifico che ha valore solo se ti coinvolge nelle emozioni, come l'altro si presenta a me anche con corpi altri, ma amore e sentimento. Anche rabbie, passioni, ci appartengono. E' l'esplorare: Ambrogio per il mondo, io nella vita qui, esplorare con stupore l'altro da me.

Francesca: Sconvolge l'ineluttabilità degli eventi...

Emilia: Ma gli eventi sono casuali, è che diventano necessità, ti afferrano, sono il tuo respiro, il tuo pane per il cuore, e ti spendi, vuoi spenderti e vai a vedere.

Francesca: Devo trovare la mia direzione. Voglio portare avanti la strada di Ambrogio, passare le informazioni che possiedo, devo trasferirle dal razionale al cuore, e poi...

Emilia: E poi, Francesca, ad un certo punto è l'ineluttabilità della morte. La vita cambia la propria immagine. Quando? Per me quando hai speso (o non li hai spesi vigliaccamente) i tuoi talenti. Il segno rimane solo se li hai donati, devi raccogliere testimoni. Fra cento anni qualcuno leggerà, in un'enciclopedia, di un esploratore che si chiamava Ambrogio Fogar, è la banalizzazione di una vita, ma se tu e i tuoi figli ed io ed altri ancora ne narriamo al mondo, allora sì che fra cento anni ci sarà ancora la persona Ambrogio Fogar. Ciao Francesca...

Francesca: Ciao Emilia...

Emilia Caronna, Francesca Fogar      (da dillo ad alice)

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Il monaco di Monza

 

di Beppe Grillo

L’Espresso di questa settimana scrive, a proposito di Telecom, che “Grillo aveva avvertito tutti”, che “Grillo ha anticipato il motivo con cui gli analisti finanziari hanno spiegato l’ondata di vendite del settore delle telecom”.
Belin, e io che lo dicevo solo per scherzo!

Ieri, a Milano, nella sede di Banca Intesa, si discuteva di un tema centrale per noi cittadini: “Sviluppo o declino: il ruolo delle istituzioni”. Erano presenti i dipendenti Rutelli, Fassino e Follini. E con loro il tronchetto dell’infelicità che ha rilasciato queste appassionanti dichiarazioni:

“Vorrei che si evitasse di confondere e accostare tra loro persone che non hanno né storie, né valori, né responsabilità in comune”

La sottile allusione era rivolta a Gnutti che era consigliere, insieme a lui, in Olimpia, e a Consorte, consigliere, insieme a lui, in Telecom e che, quindi, condividevano, almeno in queste società, una responsabilità in comune. O non lo sapeva?

“Chiariamo una volta per tutte: c’è stata una Telecom pre-acquisizione da parte della Pirelli e una post-Pirelli”

Su questo non si può che essere d’accordo. Infatti, sempre secondo l’Espresso, il debito della società è arrivato oggi a 42 miliardi di euro. Questo dopo aver venduto Seat PG, Telespazio, Finsiel, gli immobili, eccetera, eccetera.
Di quanto è salita l’occupazione nel gruppo da quando c’è il tronchetto? Quanti erano invece gli occupati sotto la gestione di Colaninno?

“Appena ci siamo messi al lavoro per risanare abbiamo trovato anche spiacevolissime sorprese”
“Immaginavamo che certe minusvalenze fossero solo errori gestionali”

Minusvalenze? Sorprese? E noi che pensavamo che avesse fatto un'approfondita analisi prima di comprare la Telecom, invece no. Che sorpresa!

“Di questi compagni di viaggio che mi! sono trovato ad avere, e certo non ho cercato, intanto si occuperanno gli avvocati”

Ma il compagno di viaggio Gnutti chi lo ha cercato e ricercato? Che irriconoscente! E’ proprio vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno.

Il tronchetto furioso ha poi concluso:
“E’ il momento che chi, in politica, si è sempre regolato con onestà si separi in modo netto dai disonesti”.

E qui, come la Monaca di Monza con lo sciagurato Egidio, Fassino sorrise e, sventurato, lo applaudì.

Prima applaudiva Consorte…

 

 

 

 
 
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Aggiornato il: 23-04-06.